Tutti in piazza a Chieri
Tutti in piazza a Chieri Conclusa la rassegna dei giovani Tutti in piazza a Chieri Le autentiche canzoni napoletane e una rievocazione della Resistenza tamburo e flauto, che anima la festa della città ma viene ucciso in un finale orgiastico; ecco la storia d'un fazzoletto, pegno d'amore chiesto ad una lavandaia del Vomero, che diventa simbolo di guerra contro lo strapotere degli Aragonesi; ecco infine la straziata immagine d'una madre che, vittima dei marocchini, dà alla luce un bimbo di colore in Tamburriata negra e gl'impone il napoletanissimo nome di Ciro per meglio inserirlo nella società. Gli antichi strumenti — con la chitarra e il mandolino, anche tamburelli, flauti, tricchebaliacche — danno la dimensione del tempo che passa; le voci si alternano ora frementi ora dolenti, sempre con un intenso sfondo di drammaticità. Anche se i sei giovani artisti fanno largo ricorso alla cultura classica nella loro opera di ricostruzione, lo spettacolo non ne soffre quasi mai. Sta di fatto che i chieresi si sono entusiasmati come per una cosa loro alla celebre rumba degli scugnizzi ideata da Raffaele Viviani per dare un andamento musicale alla travolgente confusione degli ambulanti in un mercatino. Mentre, sabato sera, la Nuova Compagnia di Canto popolare si congedava promettendo di tornare presto (a metà mese nel parco Rignon di Torino) il pubblico era chiamato con un forte contrasto a ripercorrere l'itinerario dei monumenti storici di Chieri per rivivere, con l'aiuto dei cantastorie «Rabadan», l'epoca dei Comuni, le lotte dei capitani di ventura, l'avvento dei Savoia. Tutti in piazza infine, oggi, per le manifestazioni di chiusura del festival indetto dall'assessorato alla Cultura della Provincia, dal Teatro Stabile di Torino e dal comune di Chieri. I pittori hanno dato gli ultimi tocchi alla tela-mosaico voluta da Ezio Gribaudo e che è valsa a provocare polemiche sugl'indirizzi dell'arte contemporanea. Un amatore avrebbe offerto 50 milioni per il gigantesco quadro, che però dovrebbe appartenere alla collettività. A tarda ora rievocazione della Resistenza con il Teatro Zero di Crema (Perché deve essere esaltato il fuoco che si è spento quando si prepara un nuovo incendio). I dieci giorni «incredibili» di Chieri sono finiti. Piero Perona (Nostro servizio particolare) Chieri, 1 luglio. Un grazie sincero ai giovani napoletani della Nuova Compagnia di Canto Popolare, che con il loro spettacolo hanno felicemente cancellato i tanti luoghi comuni della tradizione musicale e hanno costituito il momento più vivo nelle ultime 48 ore del festival «I giovani per ì giovani» conclusosi stasera in piazza. Alla ribalta si presentano in sei: Nunzio Areni, Giuseppe Barra, Eugenio Bennato, Giovanni Mauriello, Patrizio Trampetti e una sola ragazza. Fausta Vetere. Sono timidi come studenti all'esame, quando presentano al microfono il programma. Poi, rifiutano l'amplificatore e si trasformano. Con un maligno piacere, mentre nel cortile di Palazzo Comunale echeggiano villanelle e filastrocche, vien fatto di pensare alla consueta immagine partenopea del cesellatore dai capelli impomatati 0 del marpione che rinfresca 1 vecchi motivi sull'onda del rock. Niente di tutto ciò: è un'immagine falsa. Già lo intuivamo ma ora lo vediamo materialmente. Ecco un «pazzi are Ilo» accompagnato da Tutti in piazza a Chieri Conclusa la rassegna dei giovani Tutti in piazza a Chieri Le autentiche canzoni napoletane e una rievocazione della Resistenza tamburo e flauto, che anima la festa della città ma viene ucciso in un finale orgiastico; ecco la storia d'un fazzoletto, pegno d'amore chiesto ad una lavandaia del Vomero, che diventa simbolo di guerra contro lo strapotere degli Aragonesi; ecco infine la straziata immagine d'una madre che, vittima dei marocchini, dà alla luce un bimbo di colore in Tamburriata negra e gl'impone il napoletanissimo nome di Ciro per meglio inserirlo nella società. Gli antichi strumenti — con la chitarra e il mandolino, anche tamburelli, flauti, tricchebaliacche — danno la dimensione del tempo che passa; le voci si alternano ora frementi ora dolenti, sempre con un intenso sfondo di drammaticità. Anche se i sei giovani artisti fanno largo ricorso alla cultura classica nella loro opera di ricostruzione, lo spettacolo non ne soffre quasi mai. Sta di fatto che i chieresi si sono entusiasmati come per una cosa loro alla celebre rumba degli scugnizzi ideata da Raffaele Viviani per dare un andamento musicale alla travolgente confusione degli ambulanti in un mercatino. Mentre, sabato sera, la Nuova Compagnia di Canto popolare si congedava promettendo di tornare presto (a metà mese nel parco Rignon di Torino) il pubblico era chiamato con un forte contrasto a ripercorrere l'itinerario dei monumenti storici di Chieri per rivivere, con l'aiuto dei cantastorie «Rabadan», l'epoca dei Comuni, le lotte dei capitani di ventura, l'avvento dei Savoia. Tutti in piazza infine, oggi, per le manifestazioni di chiusura del festival indetto dall'assessorato alla Cultura della Provincia, dal Teatro Stabile di Torino e dal comune di Chieri. I pittori hanno dato gli ultimi tocchi alla tela-mosaico voluta da Ezio Gribaudo e che è valsa a provocare polemiche sugl'indirizzi dell'arte contemporanea. Un amatore avrebbe offerto 50 milioni per il gigantesco quadro, che però dovrebbe appartenere alla collettività. A tarda ora rievocazione della Resistenza con il Teatro Zero di Crema (Perché deve essere esaltato il fuoco che si è spento quando si prepara un nuovo incendio). I dieci giorni «incredibili» di Chieri sono finiti. Piero Perona (Nostro servizio particolare) Chieri, 1 luglio. Un grazie sincero ai giovani napoletani della Nuova Compagnia di Canto Popolare, che con il loro spettacolo hanno felicemente cancellato i tanti luoghi comuni della tradizione musicale e hanno costituito il momento più vivo nelle ultime 48 ore del festival «I giovani per ì giovani» conclusosi stasera in piazza. Alla ribalta si presentano in sei: Nunzio Areni, Giuseppe Barra, Eugenio Bennato, Giovanni Mauriello, Patrizio Trampetti e una sola ragazza. Fausta Vetere. Sono timidi come studenti all'esame, quando presentano al microfono il programma. Poi, rifiutano l'amplificatore e si trasformano. Con un maligno piacere, mentre nel cortile di Palazzo Comunale echeggiano villanelle e filastrocche, vien fatto di pensare alla consueta immagine partenopea del cesellatore dai capelli impomatati 0 del marpione che rinfresca 1 vecchi motivi sull'onda del rock. Niente di tutto ciò: è un'immagine falsa. Già lo intuivamo ma ora lo vediamo materialmente. Ecco un «pazzi are Ilo» accompagnato da
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