Forse sei donne sveleranno il mistero dell'uomo carbonizzato sull'autostrada di Liliana Madeo

Forse sei donne sveleranno il mistero dell'uomo carbonizzato sull'autostrada li pregiudicato romano ricercato per omicidio e ucciso Forse sei donne sveleranno il mistero dell'uomo carbonizzato sull'autostrada La madre, le sorelle e la fidanzata chiariranno i retroscena di sette mesi di latitanza - Un "curriculum" criminale intenso: dai primi furtarelli fino alle rapine più gravi - Chi lo ha ucciso? (Nostro servizio particolare) Roma, 30 agosto. Da sei donne, sottoposte a stringenti interrogatori tutt'oggi, i funzionari della squadra mobile sperano di sapere qualcosa sulle persone, i luoghi,, gli -ambienti, fra cui Roberto Nitoglia è vissuto nei suoi sette mesi di latitanza. Sono la madre, le quattro sorelle, la fidanzata del giovane trovato semicarbonizzato domenica mattina al km 26 dell'autostrada Roma-Napoli e rimasto senza nome fino a ieri sera, quando gli agenti della scientifica hanno riconosciuto nelle impronte ricavate dai poveri resti quelle del noto pregiudicato. Era ricercato dal gennaio scorso, inseguito da un ordine di cattura per omicidio: era accusato di aver ucciso a colpi di pistola il titolare di una gioielleria nel quartiere Prenestino durante una rapina. L'aggressione si^fà svolta fulmineamente, sotto gli occhi del figlio dodicenne del gioielliere, Leonardo Rapisardi, che fece un racconto dettagliato della tragica sequenza. Disse che il malvivente era alto, bruno, robusto, vestito elegantemente; aveva sparato al padre, freddandolo, dopo che questi già lo aveva raggiunto al basso ventre o a una gamba con un colpo d'arma da fuoco; si era allontanato barcollando per il sangue che perdeva ed era salito a bordo di una auto che lo attendeva con i complici davanti al negozio.) Il bimbo riconobbe Roberto Nitoglia nelle foto segnaletiche che la polizia gli mostrò. Un ulteriore elemento di accusa a suo carico furono i frammenti di occhiali, di diottrie pari a quelli usati dal Nitoglia trovati al suolo. La sua latitanza, a partire da quel giorno, convinse definitivamente gli in quirenti che lui era Tassassi no del gioielliere e che con quella impresa sciagurata si era conclusa la sua carriera di malvivente di piccolo ca- botaggio e se n'era iniziata un'altra ben più pericolosa e violenta. Il suo curriculum era stato intenso, i suoi esordi precoci. Con quella morte orribile e impietosa che lo ha raggiunto in pieno giorno, a due passi dal nastro lucido dell'autostrada e dai gruppi di cacciatori che perlustravano la boscaglia, aveva chiuso una vita consumata nella solitudine e nella violenza, divisa fra carcere e manicomi, sempre in bilico fra scoppi di aggressività e scatti di nervi. Aveva esordito a 13 anni, nel '52, con un piccolo furto compiuto nella borgata in cui era nato e dove aspirava al ruolo di leader nella banda di ragazzini fra cui praticamente viveva, in strada. Lo definirono « un apatico, insofferente delia vita familiare », e lo cacciarono in una casa di rieducazione per tre anni. Questa fu la sua scuola, insieme con la degradazione del suo ambiente sociale, l'emarginazione, l'ignoranza, la mancanza di prospettive di lavoro, la legge del più forte cui subito era stato addestrato. Era un debole, e si difendeva da se stesso con gesti violenti. Aveva difficoltà a intrecciare rapporti con le donne, e si compiaceva di una smodata dissipazione. Era un esibizionista, aveva manie di grandezza, sognava grandi colpi e di adattava a piccoli furti spesso portati a termina maldestramente. Furto, rapina, resistenza a pubblico ufficiale, omissione di soccorso, disturbo alle persone, rissa, borseggio, detenzione di arnesi da scasso: questi sono i reati che gli sono contestati nela sua fitta rete di rapporti con la giustizia. Ai periodi di detenzione, dal '62, alterna i soggiorni in manicomi: ad Aversa, all'Aquila, a Montelupo Fiorentino, a Santa Maria della Pietà. In una delle sue cartelle cliniche viene definito « pericoloso a sé e agli altri per alienazione mentale ». Al manicomio di Roma è classificato come « schizofrenico ». E' un uomo malato e solo. Ogni volta che torna libero, ricomincia daccapo a esibirsi. Il teatro preferito delle sue gesta è il Quarticciolo, la borgata Gordiani, il quartiere Collatino: il mondo che conosce e in cui vuole essere rispettato, come quei "bigs" della malavita — dai gesti duri e precisi — che ammira incondizionatamente Il suo primo «colpo» grosso sarebbe stato quello del gennaio scorso, conclusosi come si sa. Per la-polizia non ci sono mai stati dubbi, ma Roberto Nitoglia ha continuato a dirsi sempre innocente. Ha scritto due lettere a un giornale romano per protestare la sua estraneità al fatto. Ha mandato al suo avvocato difensore foto che lo ritraggono nudo, in tutte le posizioni e da tutte le prospettive, per dimostrare che non ha sul corpo le cicatrici che il gioielliere avrebbe dovuto procurargli. Ha promesso di costituirsi, a patto che il processo si celebrasse entro sei mesi: nessuno ha potuto dargli tale garanzia, ed è rimasto latitante. Il ritrovamento del suo cadavere — dato alle fiamme, dopo che un sacchetto di plastica stretto intorno al capo lo aveva soffocato — apre agli inquirenti una serie di problemi. Se lui è responsabile di quell'assassinio, in molti potevano volere la sua morte. I complici del colpo, timorosi del suo proposito di costituirsi e dei rìschi che a loro da un processo sarebbero derivati. I componenti della banda in cui poteva essere entrato, secondo i quali non doveva esserci posto per un tipo emotivo, dai nervi fragili, senza controllo di sé come lui. Qualcuno che, vedendolo dibattersi nelle difficoltà che una latitanza comporta, lo considerava una possibile spia della polizia. Chi ha avuto sospetti su di lui, e lo ha definito un traditore da giustiziare. Ma resta sempre il dubbio che Roberto Nitoglia non abbia ucciso il gioielliere. C'è un'accusa, non c'è stato un giudizio. Con la pesante etichetta di assassino, che lui voleva scrollarsi di dosso, la sua morte atroce sarebbe allora un epilogo ancora più crudele. Liliana Madeo Roma. Roberto Nitoglia

Persone citate: Leonardo Rapisardi, Nitoglia, Roberto Nitoglia

Luoghi citati: Aquila, Aversa, Montelupo Fiorentino, Napoli, Roma