Il Bresciano è in grave crisi per il forte ribasso del latte

Il Bresciano è in grave crisi per il forte ribasso del latte La provincia agricola più avanzata d'Italia Il Bresciano è in grave crisi per il forte ribasso del latte Forse la cerealicoltura dovrà sostituire la tradizionale zootecnia - Oltre la carne e il latte, vini famosi - La cooperazione, le valli - Quali sono le migliori aziende della provincia (Nostro servizio particolare) Brescia, agosto. L'agricoltura bresciana è fra le più avanzate del nostro Paese, eppure oggi, paradossalmente, sta vivendo la crisi più grave del dopoguerra: largamente specializzata nel settore zootecnico, lattiero in particolare, sta soffrendo della difficile congiuntura in cui versa il settore. A conti fatti, anche gli agricoltori bresciani stanno ricavando dal loro latte meno del costo di produzione; nel frattempo le importazioni di latte dalla Baviera rafforzano il potere contrattuale degli industriali, mettendo in grosse difficoltà anche le cooperative del settore che, in provincia, vantano notevoli realizzazioni e hanno costantemente rappresentato un punto di riferimento per tutte le contrattazioni lattiero-casearie. «Occorre la stabilità e la remuneratività del prezzo del latte — riferiva in una recente assemblea degli agricoltori bresciani il presidente Domenico Bianchi — per consentire alle aziende di poter meglio programmare i loro investimenti. Lo stesso discorso vale per gli allevamenti da carne, per i quali sono in atto interessanti iniziative come quella della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, che ha messo a disposizione mezzi finanziari notevoli ad un tasso sensibilmente agevolato». Non è azzardato prevedere per l'agricoltura bresciana una riconversione colturale che sostituirà la tradizionale zootecnia da latte, con un indirizzo prevalentemente cerealicolo che consente, al presente, maggiori realizzi con un minor impegno economico e di lavoro. Nello scorso anno l'agricoltura bresciana ha superato i 130 miliardi di prodotto lordo vendibile: cifra ragguardevole per l'economia locale se la si considera connessa al grosso giro d'affari che l'agricoltura impegna verso gli altri settori produttivi (materie prime, macchine, industrie di trasformazione). La «Bassa» vera e propria interessa 72 Comuni rurali con 125 mila ettari a cereali e a foraggio: qui la zootecnia, grazie alle tenaci ed aggiornate capacità imprenditoriali degli allevatori, ha registrato, di pari passo con l'ammodernamento delle strutture aziendali, aumenti produttivi di stalla, unitari e di media, di tutto rispetto. E' caratteristica delle aziende della pianura bresciana quella di sposare all'elevata produttività una razionale conduzione, fondata su concezioni di avanguardia. La più alta produzione di latte da vaccine iscritte al libro genealogico spetta in provincia all'azienda dei fratelli Zanardini di Borgosatollo (la produzione media di stalla è stata di kg 7251 al 3,8 per cento di grasso e al 2,5 per cento di proteine), ma le stalle «da manuale» per efficienza e produttività sono molte. Gli allevamenti Fra le più importanti meritano citazione quelle di Ruggeri Genesio di Verolanuova, di costruzione recente che, come stalla all'aperto, rappresenta l'ultima sintesi ben riuscita nel settore, di Ignazio Benedetti di Lonato, che alleva ottimo bestiame da latte in ricoveri da lui stesso progettati, di Aldo Garavelli in Gottolengo, tra i primi in provincia ad adottale la stalla all'aperto, dell'azienda Meroni presso Orzinuovi dotata di un moderno impianto di disitratazione. Nell'allevamento da carne si distinguono, per importanza e capacità imprenditoriali di rilievo, l'azienda «Scovola» di Luigi Lucchini nel territorio di Leno, quella dei Fratelli Salvoni in Urago d'Oglio e di Daniele Vezzoli in Chiari. Alla «Scovola» le colture sono tutte in funzione della stalla che accoglie 700 capi di bestiame di razze con particolare attitudine alla carne. I bovini, tutti maschi, vengono acquistati all'età di circa 1 anno e al peso medio di 2 ql e mezzo e rivenduti sui 500 kg. La crescita media per capo, con alimentazione silo-mais, si aggira sui 1,250 kg al giorno. La collina bresciana, che copre circa 50 mila ettari della zona morenica dei laghi "i Iseo e di Garda, offre della viticoltura di pregio, una buona olivicoltura e, nelle zone più apriche, anche dell'agrumicoltura che riguarda piccole, ma specializzate aziende. La provincia vanta 7 zone con vini doc, per complessivi 1600 ettari iscritti all'albo dei vigneti specializzati, 300 dei quali sì sono riuniti in cooperativa, per beneficiare degli interventi Feoga per i reimpianti, e attendono ora di allinearsi al disciplinare di produzione che scadrà fra 2 anni. Vini di fama indiscussa sono il «Rosso Riviera del Garda», il «Chiaretto del Garda» ed il « Lugana » (pregevoli quelli prodotti dall'azienda Camillo Pellizzari posta in un'amena località agroturistica); pregiato «Riesling» e famosi «Chiaretto» e «Rosso Riviera» sono quelli dell'azienda Basse di Redaelli - De Zinis; la piccola ma validissima azienda di Pietro Bordignol produce un «Lugana» insupe- rabile. Nella zona della Franciacorta a primeggiare è l'azienda Berlucchi con i suoi vini «Rosso» e «Pinot», ma soprattutto con la produzione di spumante ottenuto con metodo champenoise di cui il principale artefice è il dottor Francesco Ziliani. La cooperazione, oltre che nel settore lattiero-caseario (Cabre, Salii, Giardino e Gardalatte sono i nomi più grossi), è sviluppata anche in altri settori: per la viticoltura opera con efficacia la cooperativa Produttori vitivinicoli della provincia di Brescia; altre forme associative si contano negli acquisti di fertilizzanti e di materie prime, nella conduzione associata dei terreni, nell'essiccazione dei cereali e dei foraggi, nell'allevamento associato del bestiame, ad opera soprattutto dei movimenti giovanili dei sindacati agricoli maggiormente rappresentativi. Aziende avicole Anche la produzione avicola, soprattutto negli ultimi anni, ha fatto passi da gigante: la provincia di Brescia produce ogni anno circa mezzo milione di ql di carne di pollo a fronte di meno di 400 mila ql di carne bovina. A così alte produzioni concorrono aziende specializzate, impostate con criteri aggiornatissimi che hanno fatto della conversione mangime-pollo un'industria vera e propria. Anche le valli e la montagna bresciana concorrono alle produzioni agricole, allevando oltre 50 mila capi di bovini di razza bruno-alpina, per buona parte dell'anno all'alpeggio e poi ricoverati in stalle risanate. Se a questa panoramica si aggiunge il fatto che nel decennio 1960-70 il parco macchine in provincia di Brescia si è pressoché raddoppiato, e che tale sviluppo è dovuto in maggior misura all'ingresso di mezzi ad impiego specializzato, piuttosto che alla mdiscrirninata diffusione di mezzi di trazione, bisogna trarre il fondato convincimento che gli operatori agricoli bresciani hanno operato una scelta imprenditoriale seria. La crisi che stanno attraversando non li trova quindi impreparati sul piano tecnico e professionale, semmai disarmati di fronte a certe situazioni congiunturali e strutturali contro le quali ben poco possono. Sono queste le situazioni delle affittanze agrarie che il Parlamento non si accinge a risolvere con buone leggi e che stagnano sulla mobilità della maglia aziendale (in provincia di Brescia è segnato ad esempio il caso dell'azienda Barbieri-Fenaroli di Seniga, antesignana di un rapporto nuovo fra proprietà ed affittanza), le situazioni infine del mercato del latte e delle carni, dei prezzi «impossibili» delle farine proteiche. Mariagrazia Calzoni