Come fu distrutto Lin Piao

Come fu distrutto Lin Piao UNA LOTTA SPIETATA CHE DURÒ QUASI TRE ANNI Come fu distrutto Lin Piao Durante la rivoluzione culturale delle guardie rosse (quando Liu Shao-chi fu estromesso da presidente della Repubblica) il "più vicino compagno d'armi" di Mao aveva conquistato un enorme potere - Nel 1969, al IX Congresso del partito, Lin Piao pose la sua candidatura a capo dello Stato, carica che Mao non voleva assumere per sé ma nemmeno affidare all'amico Cominciò allora un gioco sottile e duro; in tutto il Paese si tennero riunioni tempestose - Poi intervenne lo stesso Mao, con estrema decisione - La situazione si capovolse, i sostenitori di Lin Piao si videro perduti, organizzarono un attentato contro il capo supremo - Ma fallirono e tentarono la fuga - La tragica fine in un incidente aereo, ancora non chiarito, nella Mongolia Pechino, 24 agosto. L'affare Lin Piao non è soltanto il fosco dramma del settembre 1971, che culminò nella morte del maresciallo, è anche, e soprattutto, una lunga crisi tenuta segreta per ragioni di Stato, e che ha richiesto due anni e mezzo, a partire dal Congresso del pei cinese nell'aprile del 1969, per giungere alla conclusione. Di questa storia si conosce ora l'essenziale. L'episodio della fuga in aereo di Lin Piao, raccontato cento i volte, non è l'elemento centrale della crisi. Con i tentativi di eliminazione fisica di Mao Tsetung, costituisce la conclusione brutale, in poche ore, di una lunga contesa in seno all'ufficio politico del partito. L'episodio chiave è la seconda sessione del Comitato centrale, tenuta a Lushan dal 23 agosto al 6 settembre 1970. Lin, allora al massimo della potenza, tenta di utilizzare il suo titolo di sostituto del presidente Mao per insediarsi alla testa dello Stato come presidente della Repubblica. Fallisce, la sua disfatta annuncia la prossima tempesta, spiega l'ulteriore sviluppo della crisi. Nello stesso tempo, le discussioni di Lushan mettono in luce le tesi costituzionali del presidente Mao e ci danno una chiave per comprendere la vita politica della Cina Popolare. Certi cinesi presentano Lin Piao come un volgare assassino, se non come un imbecille; la sessione di Lushan lo rivela invece come un temibile manovratore, un tattico che vede sia il fine sia i mezzi e che sa abilmente ripararsi quando il vento gli diventa contrario. Che Mao Tse-tung avesse da tempo espresso delle riserve sul suo successore, è indubbio. Si è espresso chiaramente in una lettera alla moglie (che Le Monde ha pubblicato il 2 dicembre 1972 e la cui autenticità non è contestata). Tuttavia, durante la fase più attiva della rivoluzione culturale, Lin Piao, appoggiato dalle correnti di sinistra, ebbe la prevalenza nella lotta contro i revisionisti, eliminandone persino più di quanti non fosse necessario, organizzando ovunque delle «prese di potere». Il Presidente lo lasciava fare perché nel complesso la cosa gli era utile. L'anno 1969. quello del IX Congresso, avrebbe dovuto essere quello della normalizzazione delle istituzioni. L'esercito, da due anni struttura portante dello Stato, avrebbe dovuto ritirarsi a poco a poco lasciando che le organizzazioni locali del partito riprendessero la direzione del Paese. Gli scontri dell'Ussuri e dell'Amur, le sparatorie lungo le frontiere vulnerabili del Sinkiang, le voci di guerra preventiva che Mosca faceva circolare, ritardarono il ritorno dei militari alle loro caserme. A fine anno, l'apertura di negoziati bilaterali cino-sovietici annuncia una diminuzione della tensione. St può aprire un dibattito sulle istituzioni. Si prepara una nuova costituzione, si riflette sulla successione di Liu Shao-chi, il capo dello Stato dimesso nel 1968. Le divergenze s'aggravano. Il Congresso Apriamo qui una parentesi. Il IX Congresso è apparso ovunque come un grande successo di Lin Piao. Non ha forse pronunciato il rapporto politico, il solo documento importante della sessione, che è stato pubblicato? Non è così. Il rapporto che il maresciallo aveva proposto, viene respinto da Mao. Questi chiede che una commissione apposita, diretta da Yao Wenyuan, ne rediga un altro. E' questo testo, ci hanno detto, che Lin Piao ha letto alla tribuna, e non il suo. Lin Piao, in ogni caso, è citato espressamente, negli statuti del partito che il congresso ha appena modificato, come successore designato del Presidente. Questi, secondo il giornalista Wilfred Burchett, non era d'accordo. Preferì tuttavia aderire alla maggioranza che esigeva la nomina del maresciallo piuttosto di rischiare una crisi aperta. "Ma erano due avversari in un sacco di carta. La crisi scoppia l'anno seguente a Lushan, dove il Comitato centrale eletto dal IX Congresso tiene la sua seconda sessione. I sostenitori di Lin Piao, con alla testa Chen Po-ta, me "ho del comitato permanente dell'ufficio politico, e la signora Ye Chun, moglie del maresciallo, tentano di modificare di sorpresa l'ordine del giorno e di ottenere la designazione di Lin Piao a capo dello Stato. In realtà la manovra è molto più sottile. Il Comitato centrale aveva deciso di modificare la costituzione del 1954, da lungo tempo superata per le trasformazioni avvenute nella società cinese. Era necessario un presidente della Repubblica quando l'esempio di Liu Shao-chi metteva in luce i pericoli dell'istituzione e in particolare il rischio di un conflitto tra lo Stato e il partito? Lin Piao, secondo soltanto a Mao nel partito, riteneva di dover occupare una posizione equivalente anche nello Stato e che quindi gli spettava la presidenza. Come ottenerla se il presidente Mao era ostile per principio alla stessa esistenza di tale carica? La manovra A questo punto affiorano sottigliezze tattiche diffìcilmente immaginabili fuori dalla Cina. Chen Po-ta interviene nei dibattiti per esaltare la « teoria del genio» esposta nel 1966 da Lin Piao (sì, ci sono dei geni nella storia. Nessun marxista lo ignora. Mao Tse-tung ne è uno e non ne nasce nel mondo che uno per ogni secolo o per ogni millennio, eccetera). Conclusione: noi abbiamo la fortuna di avere un essere raro tra di noi, serviamocene e mettiamolo alla testa dello Stato. L'astuzia viene dal fatto che Chen Po-ta e Lin Piao sanno benissimo che Mao Tse-tung non accetterà mai di riprendere l'ufficio lasciato nel 1959. Gli obblighi ufficiali ripugnano al vecchio leader, che preferisce lavorare in pace nella sua biblioteca e lasciare ad altri gli impegni della vita pubblica. Il suo rifiuto, pensano Lin e Chen, spingerà il Comitato centrale a designare per la presidenza il secondo uomo del regime. Il gruppi chiede dunque Mao per ottenere alla fin fine Lin Piao. Ma il capo del partito non vuole più saperne di un capo di Stato. Da molto tempo insiste perché nella Costituzione futura compaia una formula ambigua tale da distruggere le speranze di Lin e dei suoi partigiani. « // presidente Mao è il grande dirigente di tutte le nazionalità nell'insieme del Paese, è il capo del nostro Stato di dittatura proletaria, il comandante supremo della Nazione tutta e dell'insieme delle forze armate », dispone l'articolo 2 del progetto. « Il vicepresi dente Lin Piao è il più vicino compagno d'armi del presiden te Mao e suo successore, comandante in capo aggiunto della Nazione tutta e dell'insieme delle forze armate ». Lin Piao non ottiene quindi il titolo desiderato di capo di Stato aggiunto o di capo di Stato tout-courl. Finché Mao Tse-tung vive, Lin Piao non ha un vero potere. Come ministro della Difesa deve anche obbedire a Ciu En-lai, capo del governo. Il suo titolo di successore è senza portata reale. Per questa ragione tenta di utilizzare la seconda sessione del Comitato centrale per capovolgere la situazione. La sessione s'apre a Lushan. Quando Chen Po-ta interviene bruscamente nella seduta per sviluppare la «teoria del genio», Lin Piao e i suoi sostenitori applaudono, prendono la parola, domandano che si cambi l'ordine del giorno: che si discuta prima nelle commissioni regionali la « teoria del genio ». Si potrà quindi parlare di ristabilire una presidenza della Repubblica. Le commissioni cominciano dunque a discutere la questione degli croi Quella della Cina settentrionale, di cui è responsabile il sindaco di Tientsin e Li Hsue-feng, aderisce alle tesi di Chen Po-ta. Altre commissioni esitano. Kang Sheng e Ciu Enlai tentano di controllare l'offensiva. In seduta plenaria, Mao Tse-tung esce dal suo silenzio, s'infiamma, espone il suo « punro di vista », vale a dire il riassunto scritto delle sue riflessioni sul problema del genio, denuncia vivamente Chen Po-ta, ristabilisce la situazione. Tuttavia, ci dicono, non mette in rilievo un legame tra le proposte di Chen e le ambizioni di Lin. Il sangue Quest'ultimo sente che ha perso la partita: niente genio, niente sostituti del genio. I suoi amici fanno sparire i testi che esprimevano simpatie per le concezioni di Chen Po-ta e del vicepresidente. Oltre ai due uomini, parecchi membri dell'ufficio politico sono compromessi, in particolare la signora Ye Chun, moglie di Lin, Huang Young Sheng, capo dello stato maggiore generale, Li Hsuefeng, Wu Fa-hsien, che dirige l'aviazione, e Chiù Hui-tso. L'errore di manovra ha definitivamente distrutto le possibilità di Lin Piao di succedere un giorno, veramente, a Mao Tse-tung. In ogni caso è quanto credono i suoi sostenitori. La loro carriera sembra rovinata. Nasce l'idea dell'attentato. Il seguito degli avvenimenti è | meno certo. Il carattere rocam¬ bolesco degli attentati, il modo ancor più sorprendente con cui sono falliti, le versioni contraddittorie, ci impediscono ancora di chiarire le ultime ore della crisi. E' tuttavia generalmente ammesso che Lin Piao organizzò il bombardamento di un treno a bordo del quale avrebbe dovuto esserci Mao Tse-tung di ritorno a Pechino, che suo figlio Lin Li-kuo partecipò attivamente ai progetti successivi, ma che sua figlia Lin Dou passò al campo avverso. Le condizioni nelle quali il Trident è partito per l'Urss non sono ancora chiare, ma sembra sicuro che il governo mongolo non abbia scoperto subito la qualità delle vittime dell'incidente. Nemmeno i sovietici, pare. E' interessante rileggere la risoluzione finale approvata a Lushan. Lì per lì nessuno aveva capito ciò che essa nascondeva. Il testo precisa che i membri « hanno proceduto, secondo l'ordine del giorno, a vivaci discussioni », allusione probabile al tentativo mancato di cambiare l'ordine del giorno per introdurre un dibattito costituzionale. Quanto alla vivacità delle discussioni, si tratta di un bel eufemismo. Parecchi accenni prendono di mira Chen Po-ta, 10 si comprenderà dopo i fatti, come per esempio l'invito a « combattere l'idealismo e la metafisica » e soprattutto a schiacciare « il pugno di controrivoluzionari che sabotano la rivoluzione e l'edificazione socialista ». 11 gruppo minoritario avendo pronunciato un'autocritica giudicata lì per lì sincera, la risoluzione parla di una unità senza precedenti in seno al partito. La strana sessione di Lushan nella quale soltanto la collera e l'intuito di Mao Tse-tung riu¬ scirono a prevenire un colpo di Stato, quasi legale, illuminano di luce nuova la famosa frase del Presidente secondo la quale la questione di sapere chi vincerà in Cina, capitalismo o socialismo, non è ancora risolta. Tutti gli elementi di cui ora disponiamo mostrano che Lin Piao adottava su molti punti le posizioni di Liu Shao-chi e che in particolare era risolutamente ostile alle misure tipicamente maoiste destinate a prevenire una rottura tra intellettuali e non-intellettuali: invio di giovani cittadini nelle campagne, partecipazione dei quadri al lavoro manuale. Ma Lin Piao introduceva nel partito princìpi e tecniche politiche che non venivano da Mosca, ma dalla stessa Cina, persino dalla vecchia Cina feudale, quella della semideificazione del capo e degli assassini di palazzo. La teoria dei colpi di Stato, che egli esponeva nella primavera del 1966, facendone una norma della storia mondiale (e che le guardie rosse hanno più tardi pubblicato), affascinerebbe, senza alcun dubbio, tutta l'estrema destra occidentale. Ma come Io prova l'episodio del settembre 1971, Lin Piao non conosceva bene i princìpi della vita politica in un regime socialista. Un anno dopo era morto. Alain Bouc Copyright di « Le Monde » e per l'Italia de « La Stampa » Pechino 1970. Una delle ultime apparizioni in pubblico del maresciallo Lin Piao