IL PRIMO STRANIERO ALLA SEGRETERIA DI STATO di Vittorio Zucconi

IL PRIMO STRANIERO ALLA SEGRETERIA DI STATO IL PRIMO STRANIERO ALLA SEGRETERIA DI STATO Le vite parallele di Kissinger In meno di quarantanni, da profugo delle persecuzioni naziste a ministro degli Esteri e da timido adolescente a "playboy" dell'alta diplomazia Il professore "che ha fatto sedere allo stesso tavolo russi e cinesi" affronta ora il compito più difficile: conquistare la fiducia del suo ministero e rimediare con successi internazionali ai guasti dell'affare Watergate - Metternich e Bismarck sono i suoi maestri; l'equilibrio multipolare è la sua dottrina (Dal nostro corrispondente) Washington, 23 agosto. Per cercargli una «vita parallela», i giornali hanno saccheggiato i libri di storia: Henry Kissinger come Metternich, oppure come Talleyrand, con un pizzico di Bismarck e una spolverata di Machiavelli: quando legge queste definizioni, dice chi lo conosce bene, Kissinger ne sorrìde, con quel sorriso enigmatico, vagamente arrogante, di chi ha la profonda convinzione della propria superiorità intellettuale. Henry Kissinger è un uomo famoso, non popolare: non sì è impunemente uno dei più forti cervelli della politica internazionale senza sollevare odi ed invidie. La parabola Con lui, la parabola «dallo spillo al miliardo », la favola americana dell'uomo che arriva alle grandi mete forte soltanto delta sua intelligenza e della sua fatica, ha raggiunto anche la più alta scena mondiale: il ragazzo ebreo che nel 1938 a 15 anni fuggì dalla Germania nazista, parla oggi con i grandi del mondo da Breznev a Ciu En-lai e influisce in modo determinante sulla politica estera della maggiore potenza dì ogni tempo. E' stato l'artefice del ritiro materiale, se non morale, degli americani dall'Indocina, ha saputo far maturare e cogliere i frutti della distensione avvicinando Usa, Cina e Urss. Kissinger è il solo, indiscusso punto a favore di Nixon nella feroce partita che il Presidente sta giocando contro le forze che vorrebbero minargli la Casa Bianca. E' il contraltare di Watergate e la sua nomina a segretario dì Stato è un altro tentativo di strappare il pubblico americano alla morbosa attenzione per lo scandalo. Per incontrarlo, a Washington fanno la coda ministri, ambasciatori, uomini politici, giornalisti e belle donne di tutto il mondo (a queste impone, dicono, le attese più brevi). Una conversazione con lui è un esercizio frustrante, confessano i diplomatici. Se ci si mostra modesti, si raccoglie disprezzo; se arroganti, si ricevono pesanti lezioni di politica internazionale. « Testa d'uovo », dunque, ma quanto diversa dagli uomini dell'amministrazione Kennedy: alle generose utopie degli Anni 60, all'effimera fiammata della «Generazione di Berkeley », è succeduto il ferreo realismo dei Kissinger. La storia della sua ascesa, la vicenda che lo ha portato ad occupare oggi il posto che fu di Thomas Jefferson e di George Marshall non ha nulla d'avventuroso, ed è forse per questo ancor più appassionante. Il nuovo mondo Quando il razzismo nazista, che spinse tanti preziosi cervelli fuori dall'Europa, costrinse la famiglia Kissinger a lasciare la natale Furth, Henry era un ragazzino non particolarmente brillante, e piuttosto freddo: « Non cercate di capire la mia vita scoprendovi traumi adolescenziali — di¬ ce lui stesso —. La partenza per gli Stati Uniti fu per me una gioia, non una lacerazione. L'ambiente piccolo borghese di Furth non mi garbava ». La guerra accelerò per lui, come per tanti immigrati, l'inserimento nella società americana. Ma per Kissinger fu qualche cosa di più: gli rivelò d'essere un « prescelto », un uomo non destinato al grigiore. Dopo pochi mesi come fante, fu reclutato dal servizio segreto, anche per la perfetta conoscenza del tedesco e il sicuro orientamento anti-nazista. Dal servizio segreto, a guerra finita, Kissinger passò ad Harvard, un altro momento chiave della sua ascesa. La più famosa università americana gli dette infatti non soltanto un'ottima preparazione teorica, ma anche, attraverso seminari e viaggi pagati, l'occasione di incontrare nel mondo molti giovani funzionari e uomini politici che oggi occupano posizioni chiave nei rispettivi Paesi. Già nel 1954, quando prese il dottorato in scienze politiche internazionali, Kissinger era qualcosa più d'un semplice laureato: i suoi libri su Metternich, Bismarck e il rapporto tra forza e sicurezza, sono letti dalle persone che contano. Funzionari del dipartimento di Stato gli sottopongono, confidenzialmente, testi e rapporti per averne consulenze riservate. E un giorno il governatore di New York, Nelson Rockefeller, lo chiama come suo assistente per gli affari internazionali. Studio e attività pubblica soffocano la sua vita familiare: la moglie emerge come una figura sbiadita della quale poco si sa. Il suo nome è Anna Fleischer (dunque anche lei d'origine tedesca), è una casalinga, non le si conosce alcun interesse per Metternich o la politica: ha sposato Henry Kissinger nel '49 e nel '62 hanno divorziato. Due figli, un maschio e una femmina. Sulla famiglia di Kissinger non si sa praticamente nient'altro. Primo scacco Nel 1969, la fortuna sembra però voltargli le spalle: lavora duramente a favore di Rockefeller per la campagna presidenziale, ma questi esce sconfitto dalla Convenzione di Miami per la scelta del candidato repubblicano. Già Kissinger si preparava ad un ritorno ai libri e alla teoria quando, di sorpresa, Nixon lo chiama al posto di suo consigliere speciale per la sicurezza nazionale. Nixon sta mettendo in opera la sua politica fortemente accentratrice, vuol creare quella che più tardi James Reston chiamerà « la sua Versailles ». Cerca uomini nuovi, e quindi a lui più facilmente devoti. Per la sua ricerca si volge alla fortissima « mafia » tedesco-israelita, dalla quale usciranno anche gli Haldemann e gli Ehrlichmann (coinvolti nello scandalo Watergate) e nella quale spicca Henry Kissinger. La storia successiva è ben nota: le immagini di Kissinger che stringe la mano a Breznev, a Ciu En-lai, a Le Due Tho sono ancor fresche di stampa. Sono incontri che hanno cambiato l'equilibrio del mondo e dunque un poco anche della nostra vita, maturando o avviando processi da cui dipende la sicurezza di tutti. E' in questo periodo che Kissinger si fa la fama di insaziabile donnaiolo: ha una ragazza (si mormora a Washington) in ogni capitale, improvvisamente parte per Parigi, per Londra o Pechino, dove lo aspetta un appuntamento galante. E' una comoda facciata: solo più tardi si scoprirà che le ragazze di Kissinger si chiamano Le Due Tho, il negoziatore nordvietnamita, o addirittura Ciu En-lai o Mao Tse-tung, con i quali ebbe un incontro segreto prima del viaggio di Nixon a Pechino. E' una « copertura » ottima (non a caso egli proviene dal servizio segreto) questa dell'infaticabile galanteria. Ora, la parabola di Henry Kissinger sembra al culmine: nominandolo segretario di Stato al posto di William Rogers, il Presidente ha voluto legalizzare in certo modo l'attività di Kissinger, finora di fatto ministro degli Esteri ma senza dover rispondere dei suoi atti al Congresso: era infatti un consigliere speciale di Nixon. Da ieri non più «coperture», non più viaggi misteriosi. ma pubblici dibattiti. E, soprattutto, minor libertà d'azione. Egli deve misurarsi con una macchina gigantesca e scontenta come il dipartimento di Stato (12.000 dipendenti); alle spalle ha un Congresso irritato per la progressiva esautorazione dalle maggiori scelte di politica estera e avido di rivalse. Nessuno, tuttavia, discute l'uomo. Il senatore Mike Mansfield ha detto di lui « è irritante e saccente, ma se è riuscito a far sedere ad un tavolo russi e chiesi facendo loro promettere di star buoni, vuol dire che qualcosa vale ». Resta da vedere quanto la crisi Watergate inciderà sull'azione di Kissinger. Pochi giorni fa, quendo già la voce della sua nomina circolava in via riservata a Washington, Kissinger ha confessato ad un amico: « Una domanda mi tormenta da mesi: è possibile isolare la politica estera di un Paese dalle sue difficoltà interne? Se la risposta è positiva, possiamo ancora lavorare bene, altrimenti, siamo alla vigilia di una crisi internazionale tremenda». E proprio per trovare questa difficile risposta, Nixon ha scelto per la segreteria di Stato il primo « straniero » giunto a quel posto nella storia americana. Vittorio Zucconi New York. Henry Kissinger assiste a una partita di rugby con Nancy McGinnis, impiegata alla Fondazione Ford (Telefoto Ap)