Dietro gl' incidenti di Mosca di Carlo Casalegno
Dietro gl' incidenti di Mosca Pregiudizi e politica alle Universiadi Dietro gl' incidenti di Mosca La propaganda sovietica può farci credere tutto, ma non che fossero spontanei i fischi provocatori contro gli atleti israeliani durante le gare delle Universiadi, o che la polizia dovesse aggredire gli spettatori ebrei per salvare l'ordine pubblico. Sappiamo per esperienza che cos'è una dittatura: quegl'incidenti erano preordinati e rispondono a precisi obbiettivi di politica interna e internazionale. Lo «sdegno» popolare per il breve sequestro dell'aereo arabo compiuto dai caccia di Gerusalemme è un pretesto troppo fragile per coprire un'operazione ampia e bene organizzata: il visto d'ingresso negato ai giornalisti d'Israele, le ingiurie agli atleti durante la sfilata inaugurale mentre il capo dei guerriglieri palestinesi era accolto in tribuna d'onore, i militari - spettatori ir. servizio comandato per ripetere le manifestazioni ostili, le violenze degli agenti contro chi applaudiva i «sionisti». Mosca ha perduto, con questi episodi, il diritto morale d'accogliere le Olimpiadi del 1980, ma soprattutto ha dimostrato ancora una volta che non è credibile una sua parte di onesto mediatore nel conflitto arabo-israeliano. Naturalmente i sovietici si sdegneranno se gl'incidenti delle Universiadi vengono interpretati come dimostrazioni d'antisemitismo, e ripeteranno di combattere l'«imperialismo israeliano», non gli ebrei. Possono anche offrire qualche fatto a sostegno della loro tesi: non c'è antisemitismo nel programma del partito o del governo, sono finite le mortali persecuzioni staliniane, migliaia d'ebrei hanno ottenuto il visto per Israele senza più pagare l'esosa tassa d'espatrio. Ma questi dati non bastano a cancellare né le discriminazioni inflitte alla comunità ebraica e il persistere di pregiudizi ostili, né l'impiego dei più rozzi motivi antisemiti nella propaganda contro Israele, né il frequente sconfinamento dal!'antisionismo all'antisemitismo (capita a Mosca come a Varsavia, a Praga, negli stessi partiti comunisti d'Occidente). Anche gli amici arabi di Mosca negano d'essere antisemiti, ma ancor più spesso i fatti li smentiscono. Sadat qualche tempo fa ha ripreso un antico moti¬ vo dell'antisemitismo cattolico, ora respinto dalla Chiesa, affermando che è scritta nel Corano la «perfidia» dei giudei; l'altra settimana un giornalista egiziano, senza aver noie con la censura, ha fatto l'elogio di Hitler e riabilitato il genocidio: «Il mondo incomincia a capire che... i forni crematori avevano una ragion d'essere per punire gli ebrei... nemici dell'umanità». Non sono cose nuove: per anni propagandisti arabi e palestinesi hanno utilizzato i temi nazisti dell'antisemitismo, e sostenuto che occorre gettare gli ebrei in mare, o predicato una riconquista che esigerebbe lo sterminio degl'israeliani. Certo siamo tutti convinti che Israele non può raggiungere la pace e la sicurezza, e neppure salvare la sua vocazione civile, con la guerra permanente e senza qualche rinuncia; ma è doveroso riconoscere che l'antisemitismo arabo e non arabo, e l'apatia o l'interessata prudenza della società internazionale di fronte a questa tragedia, non incoraggiano gl'israeliani al compromesso. L'Observer ha intitolato l'editoriale sulla cattura dell'ae¬ reo arabo «Errore d'Israele, ma fallimento del mondo», e giustificato la sfiducia d'Israele nell'Onu e nelle garanzie internazionali. La condanna delle rappresaglie e l'indulgenza per il terrorismo inducono Israele a contare solo nell'autodifesa: che può spingere all'intransigenza, e persino all'avventura. «Ritorna la vecchia regola d'oro dell'antisemitismo applicata allo Stato ebraico, di cui si vorrebbe fare l'ebreo degli Stati» ha scritto Paul Giniewski, commentando su Le Monde il principio dei due pesi e delle due misure che ispira quasi sem pre i voti dell'Onu. L'Urss e il blocco sovietico hanno un peso determinante in questa applicazione discriminatrice della legge internazionale, ma non ne han no l'intera responsabilità. Nella lotta contro il terrorismo Israele avverte la stessa solitudine del 1967, prima della guerra: dei settanta pirati o dinamitardi arrestati in Paesi neutrali, quaran ta già sono stati scarcerati per paura di rappresaglie dei guerriglieri. Alcuni dal governo italiano. Carlo Casalegno
Persone citate: Hitler, Paul Giniewski, Sadat
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