Contrabbandieri hanno ucciso l'ingegnere nel campeggio ?

Contrabbandieri hanno ucciso l'ingegnere nel campeggio ? Il delitto a Capo Rizzuto in Calabria Contrabbandieri hanno ucciso l'ingegnere nel campeggio ? I banditi non vollero soldi, ma pretesero l'auto - Il professionista rifiutò e, quando uno dei fuorilegge fece un gesto, tirò una bottiglia incendiaria: subito cominciò la sparatoria e un proiettile colpì al cuore la vittima - Indizi sui due manovali fermati (Nostro servizio particolare) Crotone, 21 agosto. Gli inquirenti sembrano aver trovato la pista giusta per il delitto di Isola Capo Rizzuto: hanno trattenuto due delle tre persone fermate l'indomani dell'uccisione dell'ingegner Maurizio Perinetti (sono i manovali Salvatore Maropito, di 23 anni, e Mario Jennarelli, di 19) ed hanno rimesso in libertà la terza, il rappresentante di commercio Giuseppe Fuscaldo, di 27 anni, che da tempo risiede a Monza e che era tornato a Crotone per trascorrervi un periodo di ferie. Forse è stato uno dei due manovali a sparare contro l'ingegnere, del Cnen: la prova del guanto di paraffina è risultata infatti positiva e gli inquirenti si sono convinti che bisogna andare a fondo. Le ipotesi sulle quali il sostituto procuratore della Repubblica, dottor De Lorenzo, si sta muovendo sono per il momento queste: i banditi stavano partecipando ad uno sbarco clandestino di sigarette (la barca che si era avvicinata alla riva e che aveva insospettito il professionista napoletano, sino ad indurlo a preparare due rudimentali bottiglie incendiarie, era piena, probabilmente, di sigarette o di altra merce di contrabbando) e la presenza del gruppo di campeggiatori deve averli disturbati. I banditi si sarebbero voluti impossessare dell'auto per allontanarsi con il carico o per evitare che fosse avvertita la polizia: quando il giovane ingegnere ha offerto loro del denaro, lo hanno rifiutato Altra ipotesi: i cinque sconosciuti, tanti sembra fossero dalla dichiarazione resa dalla moglie del professionista, erano dei rapinatori e il loro obiettivo era costituito dalle costose apparecchiature per la pesca subacquea di Maurizio Permetti e dei suoi amici (cineprese, macchine fotografiche eccetera). Ma entrambe queste strade non hanno portato finora ad una soddisfacente conclusione: vi sono ancora troppi interrogativi a cui gli inquirenti non riescono a dare una risposta. Un ufficiale dei carabinieri ha detto stamane: «E' un caso difficile, ne potremo sapere di più tra un paio di giorni». I due manovali sono stati nuovamente interrogati negli uffici della compagnia dei carabinieri di Crotone. Sembra che siano caduti più volte in contraddizioni. Il magistrato inquirente si sarebbe convinto che almeno uno di loro sa molte cose sul delitto che ha scosso la Calabria e che ha provocato la partenza di molti campeggiatori che si erano sistemati nella zona. I punti fermi sono comunque pochi: 1) i banditi non sono arrivati dal mare, ma sono sbucati dalla boscaglia nella quale sono poi fuggiti appena ucciso l'ingegnere. 2) forse essi non avrebbero sparato se Maurizio Permetti non avesse scagliato contro di loro una delle due bottiglie piene di benzina e se non avesse in seguito tentato di aggredirne uno. 3) volevano soprattutto le chiavi dell'auto del Perinetti. «Tira fuori le chiavi — gli hanno detto — e ti lasceremo in pace». La circostanza è confermata dal capitano Ennio Casella, comandante la compagnia dei carabinieri di Crotone: «E' stato accertato — ha detto — che essi chiesero soltanto le chiavi della 124 dell'ingegnere, rifiutando il denaro che questi aveva loro offerto con insistenza». Perché avevano bisogno dell'auto? Per portar via il carico di contrabbando che si trovava sulla barca? La signora Rosalinda Perinetti, che ha preso alloggio con il figlioletto e con i genitori arrivati da Roma, in un albergo di Crotone, è stata interrogata ancora una volta dal magistrato e ha confermato la precedente versione dei fatti. «Maurizio ed io ci volevamo tanto bene — ha continuato a ripetere, tra le lacrime — e questo viaggio in Calabria lo avevamo deciso, nonostante la mia gravidanza, per restare un po' di piìi insieme». Ricorda che i banditi erano molto giovani, sui 20-25 anni. «Poco dopo che la barca era scomparsa — ha aggiunto — abbiamo messo Lorenzo, il nostro bambino, a riposare nella tenda dei nostri amici, poi Maurizio ed io abbiamo acceso le torce elettriche. Mio marito era molto inquieto, sembrava presagisse qualcosa di grave». I banditi sono sopraggiunti all'improvviso. Uno di essi si è fatto avanti ed ha gridato: «Spegnete quelle pile, siamo armati». Quindi si è avvicinato all'ingegner Perinetti e gli ha chiesto le chiavi dell'auto. «Vi do tutto il denaro che ho con me — a proposto l'ingegner Perinetti — ma lasciatemi la vettura, abbiamo un bambino con noi». I banditi non hanno voluto saper ragione: «Le chiavi o spariamo», hanno replicato e Mauri¬ zio Perinetti ha lanciato contro di essi la bottiglia incendiaria. Così è cominciata la tragedia. Non si sa ancora quanti colpi di pistola i banditi abbiano sparato. Uno di essi ha colpito il funzionario del Cnen all'altezza del cuore. «Linda — ha detto con un filo di voce l'ingegnere rivolto alla moglie — mi hanno preso». Della vicenda non si sa altro. C'è la corsa a forte velo¬ cità compiuta dalla signora Perinetti verso l'ospedale di Crotone, la pattuglia della stradale che ha prestato subito aiuto, uno degli agenti che si è messo al volante della vettura, c'è, nella ricostruzione di quella terribile sera di sabato, la scena straziante nella stanzetta del - pronto soccorso, dove il professionista è giunto ormai cadavere. «E' quasi un giallo», dicono gli inquirenti. In questo ambiente è peraltro impossibile fare affidamento sulle «soffiate». L'unica telefonata che la polizia ha ricevuto, riguardava il commerciante rilasciato ieri sera. «E' uno dei banditi», aveva detto una voce misteriosa. Ma poi, come si è visto, a carico di Giuseppe Fuscaldo non sono emersi indizi sufficienti. Elio Fata