I giorni contati di Enzo Biagi

I giorni contatiQUANDO IL MALATO SA I giorni contati (Stewart Alsop: vivere con la leucemia) (Dal nostro inviato speciale) Washington, agosto. La casa di Stewart Alsop è alla periferia di Washington, nel quartiere delle ambasciate. Un bel posto, con tanti alberi; nel parco c'è anche un campo da tennis. Alsop è un personaggio importante: ha una colonna, tutte le settimane, su Newsweek, e le sue note politiche fanno opinione. Due anni fa, proprio di questi giorni, nella sua rubrica apparve una storia che non c'entrava per niente con Nixon, il Vietnam o il Pentagono. Era la sua, ed era brutta. Raccontava lucidamente, con freddezza, l'avventura che stava vivendo: si sentiva addosso un'infinita stanchezza, il dottore lo aveva visitato, esami, analisi, poi gli aveva detto sorry, mi dispiace, è una faccenda seria: cancro del sangue. Epilogo? In genere, dieci, dodici mesi; qualcuno anche raddoppia. Siamo seduti sulla veranda. Alsop è in camicia, la faccia rossa di sole, si sentono i fremiti degli insetti tra gli aceri, il bambino più piccolo gioca silenzioso in un angolo. Non faccio molte domande, mi imbarazza, e poi non ce n'è bisogno. Lui dice con pacatezza quello che serve per combinare un articolo. Quasi, ecco, quasi parlassimo di un altro. « In poche parole, è successo che nel giugno del 1971 mi scoprii improvvisamente vec: chio e affaticato; sarà causa dell'età, pensai. Chiesi un appuntamento al medico di famiglia, il quale trovò che ero molto anemico, che il tasso di emoglobina era troppo basso. Mi consigliò il ricovero in ospedale. Finii al National Institute of Health. Lì fecero la diagnosi: leucemia mieloblastica acuta, una delle più gravi, tempo medio di sopravvivenza un anno. «Ma la mia forma era normale: le cellule si mantenevano sempre allo stesso livello, invece di moltiplicarsi in modo incontrollato. I medici erano perplessi. Non mi sottoposero ad alcuna cura specifica. Pare si tratti, ma è un enigma, di un tipo assai raro, a combustione lenta, dicono, con un decorso imprevedibile: può scoppiare in tutta la sua virulenza domani, oppure posso andare avanti per altri cinque anni, chissà ». — Cosa pensava durante quelle ore? « Ero estremamente depresso. Non è come quando ti vien detto che dovrai chiudere fra poco. Se ti avvertono che ti tocca morire la prossima estate, non ci pensi continuamente, perché non puoi. E' diverso: non è come la paura che ti sopraffa in guerra per esempio, ma è un sottofondo continuo d'angoscia che ti porti dentro. Poi, quando il mio male rifiutò di comportarsi secondo le regole classiche, nella mia mente cominciò a farsi strada la speranza ». ★ * — Toccò al dottor Perry comunicarle il risultato delle visite. Che linguaggio usò? Fu compassionevole, reticente? « Entrò nella stanza e disse: " Mi dispiace ". Naturalmente io temevo il suo discorso, capii subito che le notizie sarebbero state cattive. Pensavo di chiedergli quanto poteva durare, ma poi decisi che non volevo saperlo fino in fondo. «Ho finito un libro, s'intitola Esecuzione sospesa, uscirà a novembre. Una delle cose che spiego è che quando si è affetti da una malattia come questa si tende ad accettarla, ti abbandoni all'idea, e coi tempo ci vivi assieme. Il pensiero si fa meno acuto, terrificante. E' un po' quello che succede al momento del combattimento, della battaglia: uno arriva ad accettare il fatto che forse potrà rimetterci la pelle. « Ricordo quando ero soldato in Italia. Le prime volte che vidi cadere le bombe, le prime volte che fummo attaccati dagli aeroplani, mi sentivo paralizzato. Ma poi ci si abitua, diventa una parte della tua esistenza, la mente dell'uomo ha grandi capacità di adattamento ». — Qualcosa è cambiato da allora? « In apparenza, poco. Scrivo sempre la mia pagina, quando mi sento in forma afferro la racchetta, ecco: dipendo, purtroppo, dalle trasfusioni. Ogni cinque giorni, c'è questo esercizio, con il sangue donato da mio fratello o da mio figlio, mettono nell'organismo delle piastrine che hanno una funzione antiemorragica. Questo mi tiene legato a Washington; è difficile per me spostarmi di qui. trdpnlvtafreSmrgsgrm o , . o o a « Per ciò che riguarda l'attività della mente, dello spirito, non vi sono stati grandi mutamenti. Ero agnostico prima di ammalarmi e lo sono ancora. Molto dipende dallo stato d'animo in cui mi trovo. Quando peggioro (quattro volte mi hanno ricoverato a causa di polmoniti o di infezioni, perché non ho molta resistenza ai virus) scopro di essere diventato più fatalista. Si arriva ad accettare tante limitazioni, tanti fastidi, si arriva quasi a non pensarci più». — Come ha fatto a spiegare ai suoi figlioli quello che stava accadendo? « Posso dire che, forse, non gli ho mai detto niente. E' curioso, ma non sono mai stato molto grave: un pesce, che avevo tirato su, mi ha infettato una mano, ho avuto i polmoni infiammati, mi sono sentito preso da uno strano acciacco, qualcosa che assomiglia all'influenza. In quei momenti, il livello di emoglobina diminuisce, sono molto depresso, le forze scappano. « Ricordo che quando rientrai dopo la prima degenza, Andrew, il ragazzino che ha visto di là, disse a Niki, il numero cinque della mia prole: " Papà sta un po' male ". E' vero: un po' male è più o meno come mi sono sempre sentito, mai molto male, e talvolta benissimo ». ★ ★ — Lei ha detto, guardando i bambini ricoverati nella sua clinica, che se Dio esiste agisce in modo misterioso. Si è mai chiesto: perché a me? « Sì. Che sfortuna, ho pensato. Ma poi uno si rassegna. Per i bambini, invece, è molto difficile. Li vedi. Sono stati sottoposti a chemioterapia, per cui hanno perso i capelli e portano una parrucca. Sai che moriranno. Si spaventano facilmente. Quando gl'infilano gli aghi nelle vene, o per prelevare il midollo osseo, urlano, gridano. Uno non può fare a meno di domandarsi: se c'è un Dio, perché ha scelto queste povere creature? Io ho avuto una esistenza lunga e interessante, ma loro? » — E' diverso, adesso, il comportamento degli altri? « E' stato divertente all'inizio, quando gli amici che venivano a trovarmi per dare un'occhiata al " cadavere " mi dicevano, con una certa sorpresa, che avevo un ottimo aspetto. Forse credevano di trovarmi moribondo, ma come vede, non ho l'aria di un infermo. « Prima non mi ero mai accorto di quanto gentili possano dimostrarsi certe persone. I colleghi mi sono stati di molto aiuto. Mi rattrista, ma non riesco a sbrigare tutto quello che vorrei per ciò che riguarda i servizi giornalistici, l'informazione, però ho sempre trovato qualcuno che lo ha fatto per me. Tanto per citare un caso, Teddy White, 10 scrittore di Come si fa un presidente, si offrì di accollarsi anche i miei impegni l'anno scorso, durante la campagna elettorale; io non potevo muovermi ». — Quali sono i suoi interessi? Ha degli hobby? « Da trent'anni, il mio impegno principale è la politica; mi piace il tennis, la pesca delle trote, il bridge. Scrivo 11 mio commento, quasi ogni giorno sono a colazione in città, in questo mestiere bisogna incontrare parecchia gente. Avere una rubrica è come arrampicarsi su una scala a pioli, quando credi di essere in cima ce n'è subito un altro, bisogna pensare al prossimo numero. Ma è ancora un motivo per tirare avanti ». — Cosa significa per lei la parola avvenire? «Un grande punto interrogativo ». — Ha dei rimpianti? « No. Ho avuto una vita piacevole, ho fatto un buon matrimonio, ho messo al mondo sei splendidi ragazzi. Penso che Dio mi ha trattato ragionevolmente bene ». — Trova giusto, come si fa da voi, che il malato sappia, o è meglio, come si fa in Europa, il silenzio, o addirittura le bugie? « E' un problema importantissimo, di cui ho spesso discusso col mio dottore, che è un giovane molto intelligente. Anche lui è perplesso. C'è una scuola, una tendenza, per la quale il colpito di leucemia acuta va semplicemente informato che soffre di anemia e che dovrà subire un certo numero di trasfusioni. In quattro mesi è la fine, e non soffrirà troppo. A questa teoria c'è chi si oppone: i sostenitori del « non si può mai sapere », affermano che il paziente che conosce il suo sta¬ tpcdènQvcdsdcfmsnicrg to può aiutare se stesso a sopravvivere ». — Signor Alsop: una vecchia, difficile o sciocca domanda: che cos'è la vita? « Sotto il profilo intellettuale tenderei a credere che è un "incidente animale": uno nasce, vive, muore e poi... Quando ero piccolo declamavo una poesia: "Vermi brulicano dentro e fuori, e fanno di te un gran bordello ". In sintesi, ho forti dubbi sull'aldilà. Ma poi c'è in me un richiamo della coscienza che mi fa chiedere se non vi sia un mondo ignoto, qualcosa che sfugge alla nostra comprensione, se non c'è davvero un dio». — Signor Alsop, mi scusi: in certi momenti mi scopro così vigliacco che mi spaventa anche la pena degli altri. Lei si è mai sentito solo o disperato? « Soltanto all'inizio, quando venni portato in corsia, e fu pronunciata quella sentenza. Mia moglie era a casa, e svegliandomi verso le quattro della mattina, provai un senso di abbandono e di terrore. Mi era appena stato detto che sarei morto presto. Era una sensazione che non avevo mai conosciuta prima, di sconfitta, di disperazione. Poi non è più accaduto ». — In questi due anni ha mai pianto? « Una volta ». — Lei è di quelli che lottano. Da che cosa le viene questa volontà, questa tenacia? « Credo che per questa mia esperienza, come per le altre difficili che ho affrontato, ci sia una formula molto semplice: se uno deve per forza essere coraggioso, se non ha altra scelta, allora lo diventa ». — Sabin, lo scopritore dell'antipolio, mi ha detto: « Bisogna rendere meno miserabile la fine ». Che cos'è che umilia di più l'uomo? Il dolore o il suo inesorabile destino? « Non so. La leucemia è una malattia che, relativamente, non provoca sofferenza. Chi muore di leucemia muore quasi sempre a causa di un'infezione, in quanto i globuli bianchi sono in numero insufficiente per combatterla. Del resto, assicura un grande chirurgo inglese, questo è il modo migliore di chiudere. Quando morirò, e suppongo che la causa sarà questo cancro del sangue, non mi aspetto una conclusione dura e penosa. Ma come si dice da voi? Finché c'è vita c'è speranza. Secondo le statistiche, io dovrei essere sepolto da un anno e mezzo. Invece lavoro, gioco a tennis, e mi godo queste terse giornate di sole ». Mentre mi allontano, mi accompagna il ticchettio sempre più rapido di una macchina da scrivere, e l'odore umido del bosco. Enzo Biagi

Persone citate: Alsop, Nixon, Ricordo, Sabin, Stewart Alsop, Teddy White

Luoghi citati: Europa, Italia, Vietnam, Washington