Donna getta i tre tigli nel fiume e li segue: salvato solo un bimbo di Giuliano Marchesini

Donna getta i tre tigli nel fiume e li segue: salvato solo un bimbo Una tragedia della follia nel pieno centro di Treviso Donna getta i tre tigli nel fiume e li segue: salvato solo un bimbo Lei aveva 37 anni, i due piccini 8 e 4 - La decisione dopo un banale litigio col marito - Due agenti si sono buttati nel Sile per soccorrerli: uno è stato travolto con due bambini dalla cascata d'una centrale elettrica, è riemerso a stento senza riuscire a portare aiuto alle vittime - Un biglietto: "Chiedo perdono" (Dal nostro inviato speciale) Treviso, 16 agosto. Tragedia nel centro di Treviso: una donna s'è gettata nel Sile con i tre figli. Due dei bambini sono annegati, lei è morta mentre la stavano trasportando all'ospedale. Il piccolo superstite è ricoverato per un principio di asfissia, ma le sue condizioni non sono allarmanti. Si chiamava Bruna Cavallaro, aveva 37 anni ed era sposata con un autotrasportatore quarantunenne, Antonio Bulzatti. Venivano da Argenta, in provincia di Ferrara, da parecchio tempo vivevano in un alloggio di Marghera con i tre bambini: Fulvio, di 11 anni; Mauro, di 8; e Fabio, di 4. «Una famiglia che pareva abbastanza tranquilla», dicono i vicini di casa, rabbrividiti di fronte a quell'appartamento vuoto. Bruna Cavallaro appariva come una donna mite, quasi scialba: la sua vita sempre eguale poteva anche passare inosservata nel mezzo della gente che popola la cittadella industriale di Venezia. Ma dietro quell'aspetto di casalinga, intenta alla cucina e ai pavimenti, doveva nascondersi un'inquietudine dalle radici profonde, un tormento oscuro che questa donna si portava addosso trascinandosi stancamente da una stanza all'altra, come se l'esistenza l'avesse già da tempo sconfitta. Spesso diventava taciturna, era un rifugiarsi in un silenzio cupo, esasperante. Probabilmente era malata, una mente che non reggeva giornate scolorite e precipitava nell'angoscia, talvolta in una rabbia muta. E nessuno s'era accorto di nulla. Litigi? «Sì, qualche vol¬ e n , e e , . i ¬ ? o i a r n a i e . a ò a r e e a , è è e e e l n a e o . i : a ta — rispondono i conoscenti — ma si trattava di cose senza importanza». L'altra sera, in casa dell'autotrasportatore, ce n'è stato uno di questi litigi «senza importanza ». Era la vigilia di Ferragosto, si discuteva sul modo in cui si sarebbe passata la giornata. Antonio Bulzatti ha manifestato l'intenzione di andarsene a pescare con un amico. E la moglie è balzata di scatto dalla sedia: «Tu non ha un briciolo dì desiderio di stare un poco con me, non t'importa niente, mi lasci sola anche domani». Il diverbio è continuato, uno snervante brontolare fino all'ora in cui i coniugi sono andati a coricarsi. Il marito esce di casa poco dopo l'alba: andrà a pesca in barca con l'amico in Laguna, nella zona delle «barene». Bruna Cavallaro si alza verso le 7, va a svegliare i bambini: «Su, sbrigatevi. Oggi andiamo a trovare la nonna a Treviso». I piccoli non s'accorgono, ma lei è stravolta: forse ha trascorso tutta la notte a rimescolare pensieri terribili, quella lite della sera prima deve essersi ingigantita nella sua mente che vacilla. Sembra come tante altre mattine: i bimbi s'infilano in fretta i vestiti, poi corrono ridendo a sedersi davanti alle scodelle della colazione in fila sul tavolo della cucina. Circa mezz'ora più tardi, Bruna Cavallaro prende, per mano i due figli più piccoli e scende le scale, seguita da Fulvio. Per la strada si ferma in un negozio, a comperare un dolce, e più avanti vede una bancarella: «Prendiamo anche un'anguria, la nonna sarà contenta». I bambini ridono di nuovo, infine saltano sulla corriera e in meno di un'ora sono a Treviso. Vanno subito dalla madre di lei, Antonietta Cavallaro, che abita in via Concordia, nei pressi dell'ospedale. Bruna Cavallaro sta un poco a conversare: anche se è pallida e ha gli occhi fondi, non mostra di essere tormentata; parla delle solite cose, con un certo distacco. Poi raduna i figli e si accinge ad uscire. «Andiamo alla messa alla Madonna Granda — dice alla madre — non staremo via molto». Si incamminano per la città semideserta, sotto il sole che accende gli alberi del viale. C'è da percorrere circa un chilometro, in gran parte lungo la sponda del Sile, seguendo la circonvallazione delle vecchie mura. Mauro e Fabio sono accanto alla mamma, Fulvio un po' discosto, verso l'argine del fiume. In quei momenti, Bruna Cavallaro è completamente in preda alla follia, ha in testa un proposito orrendo. E d'un tratto esplode: con uno scatto raggiunge Fulvio, lo spinge alle spalle e lo fa piombare nel Sile. Il bambino non fa nemmeno in tempo a gridare, la corrente comincia a trascinarlo. Bruna Cavallaro è come una belva scatenata. Ghermisce gli altri due figli, li scaraventa nell'acqua, poi si getta anche lei. Nel fiume che corre verso una diga, è un groviglio di corpi che affiorano e scompaiono. Qualcuno ha visto, dalla finestra di un alloggio di fronte, e si precipita a telefonare al 113. Accorrono passanti, sulla sponda del Sile si forma una fila di gente, che sembra piantata sul terreno, paralizzata. In meno di quattro minuti arriva sul posto un'auto della «Volante» con gli agenti Patrizio Colucci e Antonio Spinosa. I due uomini della polizia si tuffano e comincia una lotta allo spasimo. Laggiù c'è la centrale del Ponte della Gobba, con due grandi griglie e l'acqua passa sotto una paratoia apera a metà, con un salto di circa tre metri. In questo tratto il fiume forma un vortice. Patrizio Colucci, nuotando a perdifiato, riesce a raggiungere Fulvio, lo spinge tra le braccia dell'altro agente, che infine 10 adagia sulla riva. Ma la corrente si porta via Mauro e Fabio: per qualche istante i due bambini si tengono per mano, in un convulso tentativo di recarsi soccorso l'un l'altro. La rincorsa è quasi disperata, ma l'agente Colucci va ad acciuffarli: gli si avvinghiano al collo, è un grappolo che scivola nell'acqua rapida. Ma poi il vortice li inghiotte tutti, 11 manda a precipitare nella cascata. Dopo alcuni istanti di angoscia, riemerge soltanto l'agente. Non c'è più speranza. Bruna Cavallaro è ripescata a circa cinquanta metri di distanza, sotto il ponte della linea ferroviaria. Dà ancora qualche segno di vita, ma muore sull'ambulanza che la trasporta all'ospedale. Fulvio è ricoverato per un principio d'asfissia, ma per fortuna non è grave, dovrebbe guarire in una settimana. Gli occhi sperduti, ripete di quel litigio che i suoi genitori hanno avuto la sera precedente. «La pazzia — dice un medico — doveva covare nella mente della donna: una violenta forma maniacodepressiva». Nella borsetta di Bruna Cavallaro si trova una lettera, vergata in modo convulso: «Chiedo perdono. Porto con me i figli a morire perché non conoscano la cattiveria del mondo». Stamane, a circa un chilometro di distanza dalla centrale, è stata recuperata la salma di Mauro. Il Sile non ha ancora restituito il corpo di Fabio. Giuliano Marchesini Treviso. Fabio e Mauro, di 4 e 8 anni, e l'undicenne superstite Fulvio (Cameraphoto)

Luoghi citati: Argenta, Ferrara, Treviso, Venezia