Le vacanze in copisteria di Lietta Tornabuoni

Le vacanze in copisteria A SABAUDIA, L'ULTIMA SPIAGGIA DEGLI SCRITTORI Le vacanze in copisteria Ogni mattina, dalle ville, arriva sulle dune il ticchettare delle macchine da scrivere: gli intellettuali, famosi o no, lavorano tutti, alacri e instancabili, a preparare il nostro inverno culturale - E' bandito il conformismo balneare: pettegolezzi sì, ma niente ombrelloni, creme solari e "tascabili" - Più che il fantasma della città littoria, evocato da una nostalgia priva di rimpianti politici, li attira la natura bellissima e la relativa quiete (Dal nostro inviato speciale) Sabaudia, agosto. Guidata da un dodicenne sicuro, la Honda speciale percorre implacabile la spiaggia. Avanti, indietro, ancora avanti: le tre grosse ruote pressano la sabbia in una piatta scia ravviata, il rumore metallico invade l'aria. « Ecco i frutti, ecco i figli della borghesia italiana », commenta Moravia stizzito. Indulgente, Dacia Maraini si assesta il bikini, piega sugli occhi azzurri l'ala azzurra del cappello: « Dai, Alberto. E' anche un ragazzino che si diverte col suo giocattolo nuovo ». Dal piccolo gruppo di scrittori in vacanza, sulle dune di Sabaudia semideserte alla vigilia di Ferragosto, è bandito ogni conformismo balneare. Pettegolezzi, certo: ma niente ombrelloni, emblema di gitanti timorosi. Niente olii o creme solari: meglio le scottature della pavida monotonia delle unzioni. Niente libri tascabili in edizione economica. Piuttosto, una svolazzante distesa di quei giornali che consentono di tenere sotto controllo il mondo e gli altri scrittori, che stimolano chiacchiere, indignazioni, battute, previsioni catastrofiche, eventuali ispirazioni. Ma che vengono presto negletti: abbandonato l'accampamento di teli colorati, gli abitanti della nuova colonia estiva di intellettuali, dove quest'anno « ci sono tutti », affrontano il rito del bagno nel gran sole meridiano. « Gli intellettuali italiani sono noiosi e si annoiano. Da sempre, sempre, e pure in vacanza », dice Moravia. Anche negli Anni Trenta, rievoca, durante la grande stagioni della Versilia, quando l'estate raccoglieva al Forte dei Marmi « tutto quello che c'era o ci sarebbe stato di meglio nella letteratura e nella pittura italiana», quando «Paola Olivetti e Mariuccia Carena erano le più belle » e arrivava da Firenze il troppo mitizzato clan delle « Giubbe Rosse ». Anche allora: « Regnavano la noia, il silenzio. Tutti insieme la sera sedevano al caffè, puntuali all'appuntamento immancabile: e tutti zitti. Giocavano per ore a scopone, senza parlare. I dialoghi radi, svogliati, riguardavano soltanto il mangiare o i soldi. Mai una discussione, uno scambio d'idee, una polemica: e non era il silenzio coatto del fascismo, era un mutismo spontaneo, naturale. Semplicemente, non avevano niente da dirsi ». Ma la piccola società letteraria, pur tediata, lacerata e sgangherata come ogni altra società, avverte quanto il jet-set e quanto ogni altra corporazione professionale o mondana il piacere di aggrupparsi, il bisogno di sorvegliarsi, magari il vantaggio di condensarsi intorno ai propri potenti: e per lunghi anni la Versilia è rimasta la meta delle vacanze intellettuali. Le ville marine dell'editore Bompiani al Tellaro di Lerici, dell'editore Einaudi a Bocca di Magra, dell'editore Alberto Mondadori al Poveromo, costituivano irresistibili centri di raduno. I fasti provinciali del premio Viareggio potevano rappresentare il pretesto iniziale; Elio Vittorini attraeva gli scrittori impegnati, Mario Soldati gli eccentrici, Attilio Bertolucci i sofisticati, Eugenio Montale e Vittorio Sereni i poeti; nomi di località quali Fiascherino o il Cinquale suonavano come richiami magici per i ventenni aspiranti alla pubblicazione di dense autobiografie; tra i pini non ancora bruciati dai miasmi né divelti dalla speculazione correvano in bicicletta, con dolce fruscio, le belle bas-bleus, le arrampicatrici culturali avide di conquiste intellettual-sessuali. Vecchia Versilia Adesso a dominare l'estate versiliese sono soprattutto i personaggi dell'editoria mutata: i funzionari dell'industria del libro, i direttori editoriali con le loro assistenti, i direttori di collana con i loro consulenti, i nuovi managers che comprano, vendono, conoscono Fanfani, parlano di Cefls e giocano a scacchi, non a scopone. Alcuni scrittori sono restati, molti si sono dispersi. Vinta dalla mobilità e dal nervosismo contemporanei, la società letteraria ha perduto il vezzo delle abitudini. Anche gli intellettuali più timidi hanno imparato a viaggiare: fanno le loro crociere in Turchia, affittano una casa nell'entroterra agreste di Saint-Tropez, prenotano a Bali. Come emigranti arricchiti, i più statici tornano d'agosto ai luoghi d'origine: in campagna, in provincia, nelle isole, dove hanno comperato tenute o eretto villini. Qualcuno, come Goffredo Parise e Natalia Ginzburg, è ancora irosamente, infedelmente fedele a Capri, a Sorrento, a Cortina. Tanti continuano a ripetere che non bisognerebbe muoversi da Roma o da Milano, così quiete e deserte; ma pochi resistono alla pressione psicologica del Ferragosto e alla pressione fisica del caldo, pochi accettano di limitarsi, come la maggioranza degli italiani, a consumare le notizie estive che monopolizzano giornali e telegiornali, a trasformarsi in voyeurs delle vacanze altrui. Ormai Roma è una città balneare soltanto per certi intellettuali stranieri: per Andy Warhol che vi si è stabilito e recita in un film, accanto a Liz Taylor, una porticina di improbabile lord inglese; per Roman Po- lanski che si è installato sull'Appia Antica, tanto i produttori italiani sono gli unici che lo facciano lavorare. La secondogenita Per gli intellettuali romani l'ultima spiaggia, la più recente scoperta estiva è Sabaudia, fra Latina e San Felice Circeo, che nei progetti di sviluppo doveva diventare la Costa Azzurra del Sud, e che non è riuscita a far dimenticare di essere stata la secondogenita delle città littorie dell'Agro Pontino. Tra le case della piccola città gli spazi sono vuoti e vasti, come in un bel quadro di De Chirico; la torre littoria domina le brutte architetture geometriche e lo spreco dei marmi, illuminati al crepuscolo da globi rosati; il caffè Italia e il cinema Augustus costeggiano la piazza Giulio Cesare. Persino le organizzazioni culturali si definiscono «consorzi», e la « Mostra itinerante di pittura e scultura » espone opere donate nel 1937 dagli artisti « per la costituenda pinacoteca di Littoria nell'anno quinto della sua fondazione »: tele di Cagli, Tosi, Purificato, Sassu; quadri intitolati I mietitori delle paludi Pontine, Traghettatore della palude; oppure una meno pertinente Annunciazione in cui la Madonna ha la composta faccia di Alida Valli e le sopracciglia depilate di Assia Noris, mentre l'autore si Arma Stultus. Per le strade camminano piano i soldati della caserma d'artiglieria, passeggiano in tuta gli atleti delle squadre di canottaggio della marina e della guardia di finanza, stanchi degli allenamenti: quando la domestica mogadisciana di uno scrittore va a fare la spesa, la stilizzazione figurativa diventa addirittura allarmante. Più che il fantasma urbano di un'epoca e l'evocativa immagine di quegli Anni Trenta e primi Anni Quaranta resuscitati da una nostalgia sofisticata priva di ogni rimpianto politico, il gruppo di intellettuali apprezza la bellissima natura, il mare che si mescola al lago, le bianche dune sabbiose. Soprattutto l'atmosfera antiquata che allontana le folle balneari, la relativa tranquillità e solitudine: perché al mare, lontano dai dibattiti e dalle tavole rotonde, dalle serate letterarie e dalle presentazioni di libri, dalle interviste televisive, dai giornalisti che chiedono opinioni sui dirottamenti aerei o sul monokini, dalle battaglie politiche e dalle dispersive visite di amici intellettuali americani o palestinesi, si può finalmente lavorare. E a Sabaudia lavorano tutti, alacri e instancabili, a preparare il nostro inverno culturale. Nella villa sulla spiaggia, dalle otto del mattino all'una Moravia scrive un romanzo nuovo, ambientato giusto a Sabaudia. Nella stanza accanto, dalle dieci del mattino e a volte nel pomeriggio. Dacia Maraini scrive un nuovo romanzo, ambientato a Ischia: « Non esattamente una storia d'amore; i personaggi principali sono un meccanico e una maestra in vacanza; il tema centrale è il contrasto tra l'arcaica civiltà contadina dell'isola e il turismo consumista ». Nel cassetto Pronto a partire appunto per Ischia, all'albergo Alberto Arbasino rivede per la pubblicazione Amate sponde, il testo d'uno spettacolo da cabaret di qualche anno fa; e rinfresca per una nuova edizione L'anonimo lombardo aggiungendovi, poste tra parentesi, piccole frasi sarcastiche ed esclamative intese a dare il senso di un distacco, di una aggiornata autoironia. Non lontano, nella villa affittata in comune. Marco Bellocchio rifinisce una nuova sceneggiatura, Bernardo Bertolucci rilegge il copione di Novecento, Pier Paolo Pasolini torna alla narrativa con un romanzo di mille pagine. Meno male che all'organizzazione domestica sovrinten de Laura Betti, che lavora anche alla raccolta di fondi per le prossime «Giornate del cinema italiano» di Venezia, perché i registi sono poco stabili, Bertolucci piglia e va a Londra, Pasolini arriva e riparte subito per Chio, ansioso di sorvegliare i lavori di restauro di una torre da poco comperata. Un poco più in là, a San Felice Circeo, il pittore Schifano inaugura una nuova maniera riunendo sulla tela, in nevrotici collages, le geometrie e i gorghi che ha meccanicamente tracciato chiacchierando al telefono. Enzo Siciliano riunisce invece, e prefà, le lettere d'amore di Salvatore Di Giacomo a Elisa, una ardita ragazza che prese l'iniziativa di dichiarare per prima il suo sentimento, provocando diciassette anni di fidanzamento dominato dalle furie gelose del poeta napoletano. Nelle case della loro cooperativa, attruppate sulla riva del lago, giornalisti-scrittori raccolgono articoli in volume, ordinano documenti per le ultime inchieste sociologiche, traducono dal dialetto confessioni di « diversi » che formeranno opere di testimonianza diretta pubblicate in Paperback. Luigi Malerba è già tornato nella sua proprietà di campagna a Settecamini, peccato. I telefoni che tutti si erano giurati di far isolare squillano troppo spesso; arrivano in pellegrinaggio editori milanesi pallidi e assorti, per discutere l'opera omnia o proporre vantaggiosi premi d'ingaggio; si infittiscono le brevi corse a Roma, bisogna pur controllare cosa porta la posta e se per caso, nonostante Ferragosto, non stia succedendo qualcosa. Le giornate di fatica al mare sono intense, interrotte soltanto dalla pausa del bagno meridiano: «Per uno scrittore, non esistono vacanze », dice Moravia. Di sera ci si riunisce in casa dell'uno o dell'altro, si chiacchiera. Si fa magari qualcfie divertente gioco letterario, ad esempio: di una notizia di quattro righe, dare la versione enfatica, riduttiva, futurista, marinista, oppure poetica alla maniera del Corriere dei piccoli. Si esce un attimo in terrazza: « Pare d'essere nel Maine », si osserva contemplando la luce della luna sulla vegetazione selvatica delle dune. Ma, a mezzanotte, tutti a letto: il lavoro non permette di perdere il sonno. Domattina per tempo si apriranno le finestre, e dalle ville arriverà alla spiaggia il fervido ticchettare delle macchine da scrivere, in un rumore di copisteria. Lietta Tornabuoni San Felice Circeo. La villeggiatura di massa ha investito queste spiagge: già insidia il « buen retiro » degli intellettuali nella vicina Sabaudia (foto Team)