Contrasti Parigi-Bonn Mesi caldi per la Cee? di Alberto Cavallari

Contrasti Parigi-Bonn Mesi caldi per la Cee? Contrasti Parigi-Bonn Mesi caldi per la Cee? "La Germania preoccupa per le distanze che sta prendendo rispetto all'Europa", ha detto il ministro Chirac - Avversione per la Ostpolitik e per la tesi anglo-tedesca secondo cui il "Mec monetario" dovrebbe avere la prevalenza sul "Mec agricolo" La Francia e la politica tedesca (Dal nostro corrispondente) Parigi, 13 agosto. Un duro attacco alla Germania Federale e alla politica della Cee è stato sferrato dal ministro dell'Agricoltura francese Jacques Chirac in una intervista rilasciata al settimanale Point. Dato che il ministro è tra gli uomini di governo più vicini a Pompidou, e dato che la maggioranza francese è agitata in questi tempi da parecchie polemiche, l'intervista comporta due interpretazioni. Certamente essa è volta a rendere più clamorose le divergenze esistenti tra Parigi e Bonn, confermate anche dal recente viaggio di Pompidou. Contemporaneamente, essa è poi un altro passo avanti nello scontro che divide i gollisti in tema di politica estera, reso evidente nei giorni scorsi da Edgar Paure. Il ministro Chirac dice esplicitamente che «la Germania preoccupa per le distanze che sta prendendo rispetto all'Europa». Sostiene che personalmente egli constata da un anno a Bruxelles questo allontanamento e, mentre prima pensava si trattasse di un atteggiamento personale del commissario Erti, dopo aver accompagnato Pompidou a Bonn s'è reso conto che «si tratta di una precisa posizione del governo Brandt». Quanto alla Cee, Chirac entra in diretta polemica con inglesi, olandesi, e con lo stesso rappresentante francese Cheysson in tema di politica agricola : «Gl'inglesi, sostiene, difendono solo gl'interessi degli industriali dello zucchero, gli olandesi chiedono a Washington la carità di un po' di soia, ì francesi si lasciano trascinare da inglesi e olandesi». Conclusione: l'Europa verde è in pieno disastro, sabotata da tutti. Le Monde polemizza oggi aspramente contro questa dichiarazione che significa due cose. Primo : le relazioni tra Parigi e Bonn sono sempre più critiche, Pompidou è realmente ossessionato dalla Germania, e ciò sta provocando molte conseguenze sulla futura politica estera francese. Secondo: la Francia si rende conto che la politica agricola comunitaria, che per dieci anni ha servito soprattutto gl'interessi francesi, è sempre meno accettata. Essa incontra ormai seri ostacoli nei tedeschi (che pagano quattro milioni di marchi al giorno per sostenerla) e negli inglesi che, come scrive il Financial Times, pensano «di por fine a una simile situazione che avvantaggia solo i francesi». Sentendosi isolata la Francia lancia una controffensiva. Il fatto che uno degli uomini di fiducia di Pompidou metta simultaneamente in discussione le relazioni francotedesche e la politica dei Nove comunque non meraviglia. C'è infatti una connessione tra le due cose, visto che in questo momento Parigi e Bonn divergono su tutto. Circa l'Europa, i tedeschi chiedono da tempo la revisione delle strutture agricole della Comunità, negano che l'Europa verde sia (come sostiene la Francia) il motore dell'unificazione, condividono con gl'inglesi che occorre «cambiare perno» trovandolo nell'unione monetaria. Quanto ai problemi generali, la Francia è ostile all'Ostpolitik tedesca, che finora ha trovato una duplice copertura da Mosca e da Washington, ne teme il rafforzamento dopo le intese UsaUrss di giugno, pensa di farne le spese. Da un lato non condivide quindi la posizione tedesca favorevole a un piano comune europeo di riduzione degli effettivi americani. Dall'altro, ostacola tutte le proposte tedesche per una nuova politica verso gli Usa: rifiutando, per esempio, la formazione della commissione mista Cee-Usa, il vertice europeo per la visita di Nixon in Europa, la dichiarazione comune sull'Alleanza atlatica. La spaccatura tra Parigi e Bonn su tutte le questioni internazionali ed inter-europee rivela una Francia estremamente sospettosa su due fronti: verso gli accordi Mosca Washington e verso l'irrigidimento anglo-tedesco nei confronti dei suoi privilegi comunitari. Queste clamorose uscite prennunciano quindi l'intenzione del governo francese di battersi duramente per difendere le vecchie posizioni (grandeur intemazionale ed europeismo privilegiato). Ed è evidente che nulla di buono si preannuncia per l'Europa, che attende un rilancio autunnale e che vede invece sorgere all'orizzonte prospettive di tempesta in uno scontro d'interessi nazionali sempre più esasperati. Non bisogna però dimenticare che accanto a queste polemiche clamorose, spesso personali, alimentate dalle lotte interne golliste, esiste anche una ricerca francese di mutamenti più attenti ed ela¬ stici. I recenti discorsi di Jobert, favorevoli a una politica estera rinnovata, lo dimostrano. I giornali stessi, come Le Monde, osservano che «piuttosto di lasciarsi ossessionare dalla Germania, Parigi farebbe meglio a capire d'essere il Paese più adatto per dare a Brandt la possibilità di svolgere oltre l'Ostpolitik anche una politica per l'Ovest ». Alberto Cavallari