Europei nello spazio di Bruno Ghibaudi

Europei nello spazio NASCITA DIFFICILE DEL PROGRAMMA "SPACELAB,, Europei nello spazio Forse nel 1979 andranno in orbita su un laboratorio costruito nel continente e lanciato dalla Nasa - Occorrono accordi politici e tecnici con gli Usa - Ai soci europei manca finora l'adesione di Italia, Svezia, Danimarca e Norvegia - Si progetta anche un satellite per la navigazione e un vettore: costo, 630 miliardi Roma, agosto. Se tutto andrà per il meglio, nel 1979 un astronauta europeo rimarrà in orbita intorno alla Terra a bordo di un laboratorio spaziale costruito in Europa e lanciato dalla Nasa. Nei mesi successivi, altri astronauti del vecchio continente ritorneranno nello spazio per strappare alla natura quei segreti che permetteranno di migliorare il nostro vecchio mondo. Il programma si chiama « Spacelab » e consiste nel costruire una serie di laboratori spaziali, grandi cilindri di circa 15 tonnellate di peso, al cui interno un equipaggio di quat¬ tro astronauti (tre americani e uno europeo) potrà vivere e lavorare per molte settimane. Il laboratorio sarà portato in orbita da una «navetta » della Nasa, un velivolo a razzo munito di ali che potrà partire in verticale come un missile, stabilizzarsi in orbita, abbandonarvi il laboratorio contenuto in fusoliera e ritornare a terra manovrando in atmosfera. Come un aereo Come un aeroplano, potrà posarsi su una normale pista d'aeroporto. Dopo il rifornimento e la manutenzio- ne, la navetta può essere reimpiegata in altre missioni-traghetto. Non a caso abbiamo espresso una riserva iniziale. Per ottenere quel risultato è necessario che nei prossimi mesi vengano stipulati due accordi preliminari: il primo, di carattere politico, fra il governo degli Stati Uniti e quelli dei Paesi europei che parteciperanno al programma; il secondo, di natura strettamente tecnica, fra la Nasa e l'Esro, l'organismo europeo per le ricerche spaziali che, a partire dal prossimo anno, assolverà alle funzioni di una vera e propria agenzia del settore per i Paesi europei. I preparativi fervono, soprattutto in Europa. Ma l'orizzonte non è ancora del tutto chiaro. Proprio nei giorni scorsi i rappresentanti degli undici Paesi europei interessati a rilanciare un programma spaziale comune si sono riuniti a Bruxelles sotto la presidenza di M. Hanin, ministro belga per la Programmazione scientifica. I Paesi rappresentati erano la Gran Bretagna, la Francia, la Spagna, la Svizzera, l'Italia, il Belgio, l'Olanda, la Danimarca, la Svezia, la Norvegia e la Germania federale. Nel corso della riunione si è deciso di dar vita a un triplice programma: costruire un laboratorio spaziale (Spacelab), un satellite per la navigazione marittima e un vettore per mettere in orbita il satellite precedente e tutti gli altri satelliti « di pace » fino a 750 chili, di caratteristiche equivalenti (per telecomunicazioni, per osservazioni meteorologiche, per il censimento delle risorse terrestri ecc.). La spesa complessiva, da suddividere nei prossimi anni fino al 1980, è di 4450 milioni di franchi francesi 1973, pari a circa 630 miliardi di lire. Al laboratorio spaziale saranno destinati 240 miliardi, al satellite per la navigazione marittima circa 3 miliardi e 300 milioni di lire, al vettore circa 340 miliardi di lire. Per ora l'accordo è stato sottoscritto soltanto da sette Paesi (Germania federale, Inghilterra, Francia, Spagna, Belgio, Olanda e Svizzera). L'Italia si è riservata di far sapere le proprie decisioni entro il 15 settembre, cioè dopo che il governo itallono avrà riesaminato gli stanziamenti per gli impegni spaziali. Svezia. Danimarca e Norvegia hanno invece chiesto qualche settimana di tempo per ripensarci. Anche il convogliare gli altri sette Paesi verso l'accordo non è stato facile: c'è voluta tutta la pazienza e la diplomazia del ministro belga Hanin. Le posizioni dei vari delegati erano quanto mai condizionate e condizionanti. La Francia, per esempio, si dichiarava disposta a finanziare il 60 per cento del programma relativo al vettore LIII-S, ma avrebbe partecipato al programma Spacelab solo se si fosse deciso di costruire il vettore. La Germania federale si impegnava a finanziare al 49 per cento lo Spacelab, ma avrebbe partecipato all'I. III-S solo se si fosse realizzato lo Spacelab. La Gran Bretagna avrebbe finanziato al 55 per cento il programma dei satelliti per la navigazione, ma avrebbe partecipato al programma Spacelab solo se si fosse deciso positivamente per il programma dei satelliti. Solo l'Italia, che si dichiarava disposta a partecipare allo Spacelab nella misura del 20 per cento, non poneva pregiudiziali d'altro genere. All'inizio dell'ultima seduta la situazione era piuttosto incerta: allo stanziamento per il satellite mancava circa il 45 per cento, a quello per lo Spacelab circa il 25, a quello del vettore circa VII, per un totale di quasi 800 milioni di franchi. Intanto la Gran Bretagna, in attesa delle decisioni sul satellite, aveva ridotto la sua partecipazione al programma Spacelab dal 10 al 6 per cento, pur accettando di realizzare presso le proprie industrie, per 40 milioni di franchi, la centrale di guida inerziale del razzo L III-S. La nostra quota In quanto all'Italia, le proposte di partecipazione erano e sono le seguenti: 18 per cento per lo Spacelab e 3 per cento per il missile vettore. Il nostro Paese, sempre restando ferma la riserva della risposta definitiva dopo la valutazione del governo, si dichiarava disposto ad accollarsi una partecipazione di 350 milioni di franchi, contro i 220 del Belgio, i 1600 della Francia, i 340 della Gran Bretagna e i 1435 della Germania federale. Appena si è accorto che le trattative stavano per entrare in stallo, il ministro Hanin ha sospeso i lavori e ha incominciato una febbrile attività di consultazioni separate. La mattina successiva, alla ripresa delle riunioni, i sette Paesi avevano rialzato le loro quote di partecipazione e il finanziamento era assicurato. Quante probabilità ci so¬ no oggi per rilanciare nel modo migliore e più duraturo una «Nasa europea», dopo i fallimenti e le delusioni degli anni precedenti? Se abbiamo ricordato succintamente le vicende della più recente riunione di Bruxelles, è stato solo per dimostrare quanto sia difficile, ancora adesso, far confluire in un programma unitario tanti Paesi con finalità e interessi assai diversi circa l'utilizzazione pacifica delle conquiste spaziali. L'Italia, come abbiamo visto, ha dichiarato la sua disponibilità soprattutto per il laboratorio spaziale e in misura minore per il missile vettore. Allo Spacelab è interessata anche la Nasa, che nei preliminari dell'accordo ha già dichiarato di gradire il prototipo in regalo e di essere disposta ad acquistarne alcuni esemplari. In cambio si è impegnata a non realizzare, fino al 1° gennaio 1985, altri laboratori spaziali analoghi allo Skylab per concezione e capacità. L'accordo è rinnovabile. Perplessità Il costo dello Spacelab, piuttosto basso rispetto a quello dello Skylab, non deve meravigliare. Il nuovo laboratorio celeste è stato ideato con criteri nuovi, che tengono conto dell'assistenza fornita dalla «navetta» e delle singolarità del suo impiego. In caso d'emergenza il laboratorio può infatti essere recuperato in poche ore da un'altra navetta e riportarlo a terra. Tutti i sistemi di sopravvivenza e di sicurezza richiesti dagli attuali Skylab sono quindi parzialmente superflui. Le perplessità sul programma del missile vettore europeo, evidenziate dalle riserve di numerosi Paesi membri dell'Esro, sembrano comunque giustificate. L'LIII-S, il vettore in questione, dovrebbe esser alto 44,5 metri e pesare 200 tonnellate. Il primo lancio è previsto per il 1979. Con la sua potenza potrà piazzare un satellite da 750 chili a 36 mila km d'altezza. Per i Paesi europei l'L III-S rappresenta sicuramente un progresso tecnologico, dal momento che il suo primo stadio, dotato di turbopompe, sarà il più potente realizzato fino ad oggi nel vecchio continente. Il paragone con i missili americani è però decisamente sfavorevole; rispetto ad essi l'L III-S arriva con quindici anni di ritardo. Prima di impiegarlo per il lancio dei satelliti verranno fatti quattri lanci di prova, due nei 1979 e due nel 198C I so iti per la navigazione .no invece destinati a sostituire te stelle. Slessi in orbita a 36 mila km, cioè ad una quota tanto elevata da restare immobili nel cielo (a quella quota te vetocita angolari della Terra e del satellite coincidono} di■venteranno i punti fissi di riferimento per la navigazione aerea e marittima. Da essi rimbalzeranno i segnali elettromagnetici che fungeranno da guida ai piloti automatici. Navi e aerei potranno viaggiare in assoluta sicurezza, senza alcun rischio di uscire dalla rotta predeterminata. Lanciare questi satelliti con il proprio vettore sarà un indice di indipendenza economica e politica alla quale l'Europa non può rinunciare. L'incognita è però costituita dalle conoscenze tecniche, il famoso knowhow la cui carenza ha avuto la maggior parte di responsabilità nei fallimenti dei precedenti vettori «Europa 1 » ed « Europa 2 ». Bruno Ghibaudi

Persone citate: Hanin