LE PRIME SULLO SCHERMO

LE PRIME SULLO SCHERMO LE PRIME SULLO SCHERMO Eroe negro nel West "Libero di crepare", di Martin Goldman - "L'onorata famiglia. Uccidere è cosa nostra": una storia di mafia Libero di crepare, di Martin Goldman, con Fred Williamson, D'Urvilla Martin, Don Pedro Colley. Western americano a colori. Cinema Corso. ripiega*!"La fortuna de!l'« eroe negro » si allarga a nuovi ruoli: dopo il detective privato (Shaft) e il fuori legge (il «Santo» della serie Super Fly), ecco la volta.del nigger Sharley, il pistolero di colore. Il film di Goldman (un esordiente che viene dalla televisione) ha un certo interesse non solo perché è il primo « hlack western » americano, ma anche perché, specialmente nella prima parte, è teso é ben vibrato. Lo schiavo di colore che prende coscienza della sua dignità di uomo a prezzo di lotte e sacrifici ha il suo prototipo storico in quel Nat Turner che nella prima metà dell'Ottocento sterminò il padrone e la sua-famiglia; ma i produttori hanno preferito ri re su una figura leggendaria, quella appunto di Nigger Charley, campione degli oppressi nel West, prima della guerra di secessione, come più adatta a sostenere, in termini rovesciati, l'impalcatura tradizionale del western. Charley ottiene la libertà dal suo buon padrone in fin di vita; ma il nuovo glie la nega: quindi la grande ira dell'eroe che deve conquistarsi la libertà, di fatto oltreché di diritto, uccidendo l'iniquo schiavista e poi fuggendo dal» la piantagione con due compagni da lui addestrati alle armi, intanto che un cacciatore di taglie perseguita i fuggitivi. Tutta questa parte, dove è questione di umanità conculcata, ha un tono convincente, e non manca di gustose trovate, come quella dei tre negri che incontrano dei pellerossa e si grattano scambievolmente la faccia, per vedere se non siano dei bianchi truccati. Più avanti, quando l'eroe, diventato autosufficiente, toglie su di sé i fastidi del prossimo, e per amore d'una mezzosangue indiana, difende lei e il marito (un contadino bianco) e la loro proprietà dalle prepotenze d'un gruppo di fanatici razzisti con a ca-' po un falso reverendo, allora la situazione stinge nel generico e quel Charley, quale sia il colore della sua pelle, brucia nel logoro cliché del raddrizzatore di torti. Tra alti e bassi, tra pieni e vuoti, tra motivi sinceri o. meri pretesti di spettacolo (compreso il vecchietto loquace), il film tiene del pasticcio, ma nell'insieme, e nonostante la modestia degli interpreti, ferma l'attenzione. !]* L'onorata famiglia. Uccidere è cosa nostra, di Tonino Ricci, con Raymond Pellegrin, Giancarlo Prete, Simonetta Stefanelli. Italiano a colori. Cinema Reposi. Quindici morti ammazzati in un solo film è mi bel numero: è il vanto (forse l'unico) di questa pellicola che s'adopera a spremere qualche nuova stilla imitativa del gran limone del Padrino. Assistito dal buon mestiere del regista, il racconto si'dispone quasi automaticamente sulla falsariga della mafia palermitana, della speculazione edilizia, delle protezioni politiche e clericali, dell'omertà e di altre cose scontate. " Un commissario di polizia che non si vuole rassegnare a questo stato di cose, dopo essersi dato molto da fare, mette insieme tante prove quante basterebbero a incriminare il presunto capo del« gang », ma a questo punto deve amaramente costatare che tale incriminazione non servirebbe a nulla: altri sono i veri responsabili, e un'ombra densa li protegge. Insomma l'autoproliferazlone della'mafia, la sua impunibilità (salvo che alle 'radici), sono un'altra volta dimostrate, senza un particolare accènto di denuncia, ma nel tono oggettivo di un accertamento spettacolare. Qua e là la pigrizia del ricalco è scossa da qualche momento di abile tensione. Il cast, com'è stato già notato, recupera attori che andarono per la maggiore vent'anni fa. Ecco Pellegrin, Edmund Purdonv Umberti Spadaro. E fra le interpreti femminili, ecco Maria Fiore, la non dimenticata eroina di Due soldi di speranza. Quanti ricordi. 1. p.