Forse già identificati due capi-banda del sequestro avvenuto a San Marino di Franco Mimmi

Forse già identificati due capi-banda del sequestro avvenuto a San Marino Si avvicina la conclusione della misteriosa vicenda Forse già identificati due capi-banda del sequestro avvenuto a San Marino Appartengono al gruppo dei pastori sardi? - Gli inquirenti non si sbilanciano nelle risposte - Anche per il delitto dell'auto bruciata vi sono molte ipotesi, per ora nessuna certezza, nemmeno sul nome della vittima (Dal nostro inviato speciale) Perugia, 9 agosto. Tra Arezzo e Perugia si sfoglia la margherita del delitto, con il magistrato aretino che dice: « Il giovane trovato carbonizzato non c'entra assolutamente col caso Rossini » e quello perugino che dice (anzi: fa dire dal capo della Mobile, poiché urgenti impegni gli hanno impedito di rispettare l'appuntamento coi giornalisti) che proprio non è da escludersi che il delitto di Bocca Trabaria abbia a che fare col rapimento di San Marino. In questo gioco delle parti i personaggi, come vecchi attori che conoscono ogni trucco del palcoscenico, si rubano di volta in volta le battute, ma se oggi i riflettori si accentrano sul sostituto procuratore di Arezzo, dott. Marsili, è soprattutto perché si ha la netta impressione che egli abbia e continui ad accumulare validi elementi per proseguire sulla sua pista, quella che porta ai pastori sardi, responsabili del ratto di San Marino. « Ieri abbiamo fatto un buon lavoro — ha detto il magistrato — abbiamo fatto accertamenti che si sono rivelati molto utili. Oggi si continua, e se anche oggi avremo risultati positivi, sabato tireremo le somme ». In questo momento una espressione quale « tirare le somme » può significare solo una cosa: mandati di cattura. E il dott. Marsili ha detto che queste « somme » riguarderanno non più la manovalanza, ma i « pesci grossi » della banda. L'atmosfera che si respira ad Arezzo, classica d'una situazione che sta per esplodere, ha un preciso riscontro a San Marino. Il commissario della legge, Viroli, è partito stamane per uno dei suoi misteriosi viaggi, ma prima ha ribadito quanto aveva affermato già ieri: « / tempi della conclusione sono vicini ». E anche che secondo lui si tratta non più di personaggi marginali ma del basista e dell'organizzatore del rapimento. Vi è anche stata, stamane, una battuta tutt'intorno ai confini del piccolo Stato, compiuta dai carabinieri italiani, e le stazioni dell'Arma sono in allarme anche nei paesi più piccoli. Marsili ha detto che la pista sarda è il risultato delle indagini compiute congiuntamente dai carabinieri di Arezzo e Forlì e da Viroli: « Silvagni non c'entra, col caso Rossini. Bisogna cercare altrove, chiedersi chi era veramente questo giovane, guardare bene cosa faceva, per risalire ai responsabili e al movente di quel fatto. Ma indagini svolte dal maresciallo Massi ci hanno convinto che si tratta di due casi del tutto distinti. Quindi io vado avanti con la mìa pista, e anche Viroli è d'accordo. Possibile che lui, e io, e ì carabinieri di Arezzo e Forlì, abbiamo visto tutti male?». Sale dunque l'altalena dalla parte di Arezzo, scende dalla parte di Perugia. E in effetti nel capoluogo umbro oggi c'è stata una certa marcia indietro. Ieri si era potuto capire che il sostituto procuratore Ariotì aveva in testa più o meno questo pensiero: « Silvagni ha a che fare col rapimento, Silvagni non ha a che fare coi pastori sardi, i pastori sardi non hanno a che fare col rapimento ». Il sillogismo era attraente, esplosivo addirittura, ma evidentemente non molto solido. Gli investigatori pensavano seriamente ad un aggancio tra le due vicende, ma qualcosa si è loro sbriciolato in mano. C'era per esempio la storia dell'auto targata BA vista sul luogo del delitto. Ebbene: ne sono stati rintracciati i proprietari, due ambulanti di Monopoli, presso Bari, i quali hanno potuto dimostrare che da quel le parti c'erano per lavoro, e che comunque hanno trascorso tutta la notte in una pensione, a dormire. E' evidente che il loro aggirarsi a poche ore di distanza dal delitto, in quella zona, ha insospettito qualcuno, che ha ritenuto opportuno avvisare la polizia. Insomma: « La pista è traballante», come ha detto un alto funzionario della questura, il quale ha aggiunto: «E anche per quanto riguarda la soluzione di questo delitto, sia pure preso a sé, slegato dal caso Rossini, non mi sento di dire che ci sono speranze a breve termine». Preso all'inizio come una tipica « esecuzione » sarda, il caso di Bocca Trabaria ha perso via via, nella valutazione degli inquirenti, questa tipicità, si è slegato dal caso Rossini (anche se ancora, forse per pudore, si dice che « non si può escludere il collegamento»), ha visto allontanarsi la soluzione. L'autopsia è stata rimandata, poiché il perito ha consigliato di compiere prima esami radiografici per stabilire eventuali fori di proiettili o fratture causate da percosse, sicché anche la speranza di sapere se si tratti effettivamente di Bruno Silvagni è stata procrastinata. Su Perugia preme la nube dell'incertezza e si ha l'impressione che non si dissolverà tanto in fretta. Anche per ciò che riguarda la personalità del Silvagni si è ancora molto indietro: c'è chi lo descrive riservatissimo, chi ne parla invece come d'un ragazzo portato ad improvvisi entusiasmi anche politici (per l'estrema destra: il suo portachiavi era costituito da una moneta con l'effigie di Mussolini e la scritta « Meglio un giorno da leoni »). Del caso Rossini, per esempio, parlava più del normale, e con passione. Un caso? Fino a ieri, qui, si diceva di no, malgrado la fermezza con la quale Marsili sosteneva la sua opi¬ nione; oggi si è giunti al ni. «Questo delitto — ha detto il capo della Mobile di Perugia — ce lo siamo trovati in Umbria per caso. Riguarda la Romagna, le Marche. Qualcuno ha portato quell'uomo il più lontano possibile da un luogo dal quale si volevano sviare le indagini ». Mentre i capi della banda stanno cercando di sfuggire alla cattura, i cinque che già si trovano in carcere fanno di tutto per uscirne. Stamane l'avvocato dei fratelli Manca ha detto che i suoi clienti rivolgono un appello a tutti quelli che hanno avuto contatti con loro tra il 28 giugno e il 16 luglio (le due date estreme del rapimento) perché contribuiscano a scagionarli. Hanno parlato d'un paio di bar nei quali si fer¬ mavano ogni giorno andando e tornando dai pascoli delle loro greggi, hanno accennato ad un certo Antonio, pastore sardo anch'egli, che sta a Prato: costui dal 29 giugno li avrebbe aiutati a tosare le pecore; hanno parlato di un « pensionato » che proprio nella mattinata del 28, giorno del rapimento, sarebbe andato da loro ad acquistare un agnello e una ricotta. Uno dei due fratelli, Francesco, il 15 luglio, giorno del rilascio dei Rossini, sarebbe rimasto senza benzina alle 5,30 di mattina e avrebbe avuto un passaggio da un giovane con una «Mini» rossa. Tutte cose, come si vede, piuttosto labili: non sarà certo su basi simili che Marsili concederà la scarcerazione. Ma forse il problema neppure si porrà: i termini proposti da Viroli, a San Marino, per la cattura dei « pesci grossi », sono ormai alla scadenza, quelli indicati da Marsili, ad Arezzo, chiedono solo un altro paio di giorni. Franco Mimmi San Marino. Rossella Rossini (Telefoto Ansa)