Spiro Agnew, il "campione,, della maggioranza silenziosa
Spiro Agnew, il "campione,, della maggioranza silenziosa I PERSONAGGI Spiro Agnew, il "campione,, della maggioranza silenziosa Washington, 8 agosto. Il giorno del luglio '68 che Nixon lo scelse come candidato alla vicepresidenza, l'intera America si chiese chi fosse mai Teodoro Agnew. Nel partito repubblicano non vantava esperienza né meriti nazionali, non contava su un seguito imponente né sull'appoggio del big business. A livello locale, quale capo della contea di Baltimora prima e governatore del Maryland poi, non aveva rivelato eccezionali doti amministrative. Tre sembravano i suoi titoli, ma erano più di carattere che politici: il valore dimostrato in guerra, come comandante di una compagnia, in Germania e in Francia; l'attaccamento alla moglie e ai quattro figli nella buona e nella cattiva sorte; e una certa probità di conservatore d'antico stampo. Le prime avvisaglie elettorali svelarono il mistero della scelta di Nixon. Agnew diceva ciò che un futuro Presidente non poteva dire, e lo diceva meglio, un po' per un'innata forza oratoria, un po' per una vasta cultura, e un po' per uno spiccato senso d'umorismo. Si appellava inoltre apertamente alla destra anche più ostinata, cioè a quella grossa fetta dell'elettorato dove avrebbe altrimenti rosic- chiato voti il governatore razzista dell'AOlabama Wallace. IOn una parola, era il «guastatore» del New Richard, il nuovo Riccardo, risuscitato dalla sconfitta ad opera di Kennedy sulle ceneri vietnamite di Johnson. Insediato alla vicepresidenza, Spiro Teodor Agnew non abbandonò il suo stile battagliero. Era forse il tempo della conciliazione. Ma secondo una celebre accusa del New York Times, egli continuò «a compiere opera divisoria» tra gli americani. Coniò e propugnò lo slogan della «legalità ed ordine», inteso non solo come lotta contro il crimine, ma anche come controllo dell'opposizione politica. Condusse una campagna intimidatoria contro la radio e i giornali e la televisione, a suo parere in mano a pericolosi radicali, «snob effeminati». Si presentò come il campione della, middle America, la maggioranza silensiosa, nemica delle innovazioni e dell'intelletto. Le sue invettive divennero causa di polemica. Spiro Teodoro Agnew non è un uomo sciocco. Si accorse che stava perdendo la battaglia davanti alla pubblica opinione e che Nixon stava mettendolo da parte. Perciò, alle elezioni dello scorso anno cambiò volto. Si presentò come lo statista della moderazione, il possibile candidato alla presidenza del 1776, il bicentenario della rivoluzione contro l'Inghilterra. Lo scandalo Watergate favorì la sua metamorfosi. Di tutta la Casa Bianca, egli era il solo personaggio veramente «al dì sopra di ogni sospetto». La stampa, che già aveva raddolcito il tono nella campagna elettorale, smise di attaccarlo: qualche giornale sottolineò anzi che la sua «non appartenenza» alla cerchia di Nixon gli aveva dato «la verginità politica». Negli ultimi mesi, il vicepresidente aveva accentuato il suo distacco dal resto del governo. Riaffiorava ogni tanto la precedente ostilità nell'affermazione che «passare da Nixon ad Agnew sarebbe una tragedia»; qualcuno sottolineava il suo attaccamento al regime dei colonnelli in Grecia come un campanello d'allarme. Ma l'eventualità di una sua leadership non appariva più troppo remota né traumatizzante. Agnew dichiarava: «Sono certo che il Presidente prenderà le giuste decisioni sullo scandalo Watergate... Accadrà ciò che dovrà accadere». E ancora: «Forse mi presenterò alle elezioni del '76 alla Casa Bianca... Lo farò per vincere, e potrò vincere». Con un certo rammarico, Agnew parlava «della frustrazione dei vicepresidenti... senza potere decisionale». La notifica dell'inchiesta giudiziaria a suo carico per corruzione, estorsione, frode fiscale, e i particolari pubblicati oggi dai giornali ha di colpo distrutto l'immagine «bella» di Spiro Teodoro Agnew e insieme le sue prospettive politiche. Come il New York Times osserva stamane, non è affatto certo che il vicepresidente sia colpevole, e fino ad un'eventuale condanna bisogna considerarlo innocente. Ma nel clima di disperazione causato dallo scandalo Watergate, dalla crisi del Cambogia, dal dilagare dell'illegalità, è più facile scagliare che trattenere la prima pietra. Paradossalmente, da Agnew dipende ora il destino dell'amministrazione Nixon, e la soluzione della contesa costituzionale sulla ripartizione dei poteri. Ennio Caretto Spiro Agnew
Persone citate: Ennio Caretto, Johnson, Kennedy, Nixon, Spiro Teodoro Agnew
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