I borsisti e il campus del Bit

I borsisti e il campus del Bit LETTERA AL DIRETTORE I borsisti e il campus del Bit Egregio e caro Direttore, su La Stampa di domenica 29 luglio ho letto l'articolo di Antonio De Vito che mette giustamente in rilievo lo stato di abbandono e di sfacelo di una parte di quello che fu il notevole complesso sorto nel 1961 per commemorare il centenario della proclamazione dell'Unità d'Italia. Mentre sono perfettamente d'accordo nel constatare tutto quello che purtroppo è oggi in rovina — ed auguro che questi richiami valgano a svegliare gli enti responsabili — devo però notare che l'articolo tiene in pochissimo conto che la grande eredità dell'« Italia 61 » è costituita dall'esistenza del Centro internazionale di perfezionamento per i Paesi in via di sviluppo ospitato nel grandioso palazzo di Nervi nel quale era sistemata l'Esposizione del Lavoro. A questo cosiddetto Bit molti torinesi altamente qualificati — anche con il contributo appassionato del sottoscritto e di molti altri italiani — hanno voluto dar vita non « spodestando la città di una larga parte di aree e di attrezzature », ma creando un ente che dà lustro a Torino. L'autore dell'articolo, citando le palazzine che ospitavano la mostra delle Regioni, e che oggi ospitano gli studenti, ne riconosce « l'aspetto decente ». Mi permetto di sottolineare che il « campus » di questa piccola Università è stato giudicato come una delle più belle e festose residenze studentesche del mondo: quando U Thant, segretario delle Nazioni Unite, venne a visitarlo, ebbe a dire che il vivere in questi padiglioni, dove ogni borsista dispone di una camera da letto, con una libreria, un tavolo, servizi igienici nonché di un terrazzo sul Po o sul giardino, costituiva già una forma di educazione e lasciava un ricordo non cancellabile nella mente di chi vi aveva vissuto. Aggiungo che le palazzine che comprendono ciascuna circa 30 stanze si rivelano già insufficienti per il numero dei borsisti che affluiscono a tale Centro. Non si può dire pertanto che « gli ospiti in tutto l'anno sono poche centinaia »: dai primi anni di un rodaggio cominciato con l'inaugurazione dei corsi nel 1966 si è partiti da 300 per superare gradualmente i 1200 all'anno previsti ed in via di aumento. Borsisti provenienti da oltre 120 Paesi in via di sviluppo dell'America Latina, dell'Africa, dell'Asia. E pertanto mi permetta un'ultima osservazione: l'articolo si intitola: « Italia 61, tutto uno sfacelo ». A parte la gestione ben controllata di Italia 61, che diede un risultato positivo per l'Erario, non sembra giusto confondere quello che in parte è destinato a scomparire e in parte a trasformarsi — come ben suggerisce De Vito — a beneficio della popolazione, di fronte alla parte viva, sana, luminosa costituita da un ente dì importanza internazionale quale il Centro Bit. Si eliminino rovine e aspetti di desolazione: con poco sforzo ci si deve arrivare. Ma non si dimentichi che Torino possiede una delle istituzioni più serie del nostro Paese — forse non ancora sufficientemente conosciuta nella nostra città, — realizzazione che concorre, nel campo internazionale della assistenza e della cooperazione tecnica, economica e politica, a risolvere uno dei problemi più gravi dell'ora presente. Ambasciatore Giustino Arpesani Presidente del Comitato per il Centro di Torino

Persone citate: Antonio De Vito, De Vito, Giustino Arpesani, Thant

Luoghi citati: Africa, America Latina, Asia, Italia, Torino