Quali le scelte del risparmio? di Renato Cantoni

Quali le scelte del risparmio? LA CRISI DELLA BORSA Quali le scelte del risparmio? Il crollo delle quotazioni di Borsa e le limitazioni decise dalle autorità monetarie per rallentare l'esportazione di capitali hanno reso assai cauti i nostri risparmiatori. Fino a qualche mese fa l'inflazione crescente, che si ripercuoteva immediatamente sul potere d'acquisto della lira, aveva favorito gli impieghi in azioni. La forte richiesta di titoli, cui si contrapponeva una grande scarsità di offerta, aveva però creato una strozzatura, col risultato di far salire senza logica e respiro le quotazioni. A un certo punto acquistare azioni non era più un atto giudizioso per convertire cartamoneta in un bene concreto, ma il contrario. Il denaro valeva ancora qualcosa e comunque assai più di molti titoli che altro non erano che un bel pezzo di carta filigranata. I clamorosi ribassi degli ultimi tempi sono stati un'amara delusione per coloro che hanno preso decisioni d'investimento troppo alla leggera. Ma non tutti i risparmi andavano in Borsa. C'era una corrente cospicua di capitali che venivano convertiti in titoli azionari e obbligazionari esteri. La legge vigente permetteva di acquistare questi valori ufficialmente presso un qualsiasi sportello di una banca agente, cioè autorizzata ad agire per conto dell'Ufficio italiano dei cambi. Mentre le azioni non erano particolarmente apprezzate per la precaria situazione dei più importanti mercati internazionali, ben diverso era il caso delle obbligazioni. Il rendimento dei valori in dollari, pur avendo una minor remunerazione, lasciava sperare in un buon guadagno sul cambio. Altra pompa aspirante di risparmio erano le organizzazioni dì gestione patrimoniale che proliferavano a vista d'occhio. Il denaro affidato a queste organizzazioni specializzate veniva investito in buona parte in valori stranieri. Ora l'obbligo di depositare in un conto infruttifero, presso la Banca d'Italia, una somma corrispondente al 50 per cento dell'importo investito all'estero rende antieconomiche le operazioni di questo genere. Rimangono perciò tre vie principali per impiegare capitali. Le prime due sono classiche e lecite e la terza è «nera». Vediamo innanzitutto le prime due, cioè l'acquisto di azioni e di obbligazioni italiane. Nonostante i rovesci recenti della Borsa e quelli che potrebbero verificarsi per cause tecniche nelle prossime settimane, anzi proprio per questo motivo, si stanno presentando favorevoli occasioni d'acquisto. Ci sono valori che cominciano ad essere interessanti, soprattutto per impieghi a medio e lungo termine. Non è possibile comperare ai minimi e vendere ai massimi, ed è assai più prudente fare delle «scalette»: per esempio acquistare azioni a poco a poco, a corsi decrescenti, scegliendo ben s'intende titoli solidi, di grande rinomanza e che offrano assieme a un adeguato contenuto patrimoniale, anche un discreto rendimento. Per non correre il rischio di qualche omissione, lasciamo il compito di elencarli e di sceglierli agli specialisti bancari o agli agenti di cambio. In queste ultime settimane sono precipitati i corsi delle azioni offerte recentemente in pubblica sottoscrizione e che erano andate a ruba. Ebbene, ora è possibile scegliere fra queste, pagando il prezzo d'emissione o poco più. L'importante è non avere fretta e non lasciarsi trascinare da spinte speculative. In quanto alle obbligazioni, il momento non è dei più felici. Il rendimento dei titoli di prim'ordine è nettamente inferiore al tasso d'inflazio ne e chi spende il reddito rischia di mangiarsi il capitale. Comunque esistono buoni valori del tipo 6 per cento che, tenuto conto della ridotta vita media e delle grandi possibilità di estrazione per ammortamento, rendono fra il 7,5 e l'8 per cento. E' assai meno di quanto fruttino obbligazioni similari stilate in dollari, in marchi o in sterline, ma è già sufficiente per piccoli e medi redditieri. C'è poi il ricorso al merca¬ tcspstsetbhctnicffpirszpctsn to nero delle valute per procurarsi in questo modo disponibilità all'estero da impiegare liberamente. Le misure antinflazionistiche adottate da quasi tutti i Paesi a valuta forte hanno fatto eccezionalmente lievitare i tassi d'interesse. Depositi a breve termine in sterline hanno un reddito senza precedenti (più del 14 per cento), quelli in dollari rendono ni per cento e, infine, quelli in franchi svizzeri o in marchi, nonostante subiscano forti oscillazioni quotidiane, fruttano sempre parecchio (fra il 7 e il 9 per cento). Sono livelli da favola, soprattutto se si tien conto che in Italia, per depositi bancari medio-piccoli, non si riesce a spuntare più del 6 per cento. Ci sono poi le obbligazioni, che rendono molto di più di quelle nazionali. Non deve perciò fare meraviglia se, resi poco interessanti i canali ufficiali, aumenterà l'interesse per quelli non autorizzati. Occorre però riflettere prima di avventurarsi su questa strada. Sul mercato «libero», eufemismo per nobilitare il mercato nero delle valute, le quotazioni sono assai più elevate di quelle ufficiali. In questi giorni oscillano attorno al 10 per cento in più, se il compratore non è eccessivamente spennato dal mediatore. Inoltre, esiste il pericolo di essere colti in fallo e di subire le severe penalità previste dalla legge. Infine le spese e le commissioni richieste dalle banche estere non sono indifferenti. Bimane poi una considerazione tecnica: la lira italiana, ai corsi attuali, è decisamente sottovalutata rispetto alle altre monete europee, cosa che si può agevolmente accertare confrontando il costo di molti beni all'interno e oltre confine. Vi è perciò la probabilità che, raggiunto un maggior equilibrio nel Paese in seguito alla guerra all'inflazione dichiarata dal governo Rumor, la nostra moneta riprenda una parte almeno del terreno perduto e allora gli esportatori di capitali si vedrebbero automaticamente puniti col minor valore del loro patrimonio in termini di lire. Renato Cantoni

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