I nodi dell'edilizia di Arturo Barone

I nodi dell'edilizia Problemi della casa e d'urbanistica I nodi dell'edilizia I costi di costruzione delle abitazioni, dal '66 al '72, sono aumentati di circa la metà - I prezzi dei terreni nelle aree "libere" hanno raggiunto livelli altissimi - I compiti della Gescal e i rapporti tra costruttori pubblici e privati (Nostro servizio particolare) Roma, 6 agosto. I costi di costruzione delle case, dal 1966 al 1972, sono aumentati mediamente dì circa la metà; per il fattore «manodopera» l'incremento è stato di quasi il 70 per cento. Nel 1973, con la firma del nuovo contratto degli edili, il costo del lavoro ha registrato un ulteriore notevole incremento, mentre quasi tutte le materie prime hanno segnato vistose maggiorazioni. Con la crescente scarsità delle aree fabbricabili libere, i prezzi, specie nelle zone metropolitane, hanno raggiunto livelli altissimi, che li rende inaccessibili per chi voglia costruire case di tipo economico. Persino le abitazioni Gescal costano ormai circa 2 milioni e mezzo a vano; l'appartamento - tipo, di 5 stanze compresi i servizi, e con una superficie netta di 118-120 metri quadrati, costa 12-12,5 milioni per la sola costruzione. Il finanziamento della Gescal, essendo assicurato dai contributi obbligatori dei datori di lavoro e dei lavoratori, non comporta oneri supplem ntari per il costo del denaro. II rimprovero più grave che si deve rivolgere alla Gescal è quello di aver accumulato «residui attivi» in maniera di gran lunga superiore alle sue necessità (sino a 650-700 miliardi), ritardando la costruzione dì case in misura eccessiva. In compenso, la qualità delle case costruite dalla Gescal può considerarsi di livello piuttosto elevato, anche a giudizio di tecnici stranieri del ramo, specie se si tien conto del livello dei fitti, che si aggira mediamente sulle 810 mila lire al mese, naturalmente senza le spese di riscaidamento e di gestione che sono conteggiate a parte Ora, quando si lamenta l'insufficiente intervento dello Stato nell'edilizia abitativa, spesso si trascura il fatto che gli assegnatari delle case costruite con denaro pubblico fruiscono — rispetto al mercato — di condizioni di privilegio. Allo scopo di ridurre l'onere per la finanza pubblica si ritiene opportuno introdurre modifiche che consentano, da un lato, di aumentare i canoni di locazione pro- porzionalmente al reddito e, dall'altro, di comprìmere al massimo i costi di costruzione. Esistono proposte di legge tendenti ad abbassare l'altezza minima degli interpiani (da circa 3 metri a 2,40) e autorizzare la ventilazione forzata delle cucine e dei bagni, permettendo uno sfruttamento maggiore dello spazio, con notevole riduzione dei costi. Queste proposte sembrano incontrare notevoli resistenze in chi giudica l'abbassamento di altezza eccessivo, e tale da generare disagio e persino claustrofobia; quanto alla ventilazione forzata, essa provocherebbe un aumento dei consumi di energia elettrica in un periodo quanto mai sfavorevole. Comunque, l'unificazione per legge dell'altezza dei vani (per esempio a 2 metri e 70) consentirebbe di standardizzare le misure di porte, finestre e altri infissi, superando l'ostacolo delle diversità dei regolamenti municipali che hanno finora bloccato ogni progresso in questa direzione. Tutti sono d'accordo che l'industrializzazione dell'edilizia e l'acquisizione delle aree a basso prezzo sono le vie maestre per un'effettiva riduzione dei costi. Senza una programmazione in grande stile, sostenuta da un flusso continuo e congruo di finanziamenti, non è possibile indurre il settore edilizio, composto per lo più da aziende medie e piccole, ad impegnarsi a fondo sulla strada dell'industrializzazione. Le grandi imprese italiane capaci di impiegare su larga scala le tecniche più moderne si contano sulle dita di una mano, e alcune di esse sono già sotto il controllo dell'Iri, oppure in procinto di cadervi, destando vivissime preoccupazioni in tutta la categoria Il recentissimo accordo fra Viri e la Regione Toscana, per un programma di edilizia abitativa dell'ammontare di 200 miliardi, fa temere alle imprese aderenti all'Ance (Associazione nazionale costruttori edili) che le imprese private possano essere tagliate fuori anche da analoghi accordi in futuro. Potrebbe però anche indurle a dar vita a consorzi operativi, caso per caso, fra aziende specializzate in una singola attività. L'esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato che non sempre la grande impresa realizza le economie di scala teoricamente prevedibili. Ancora più importante ai fini della compressione dei costi è la possibilità di di¬ sporre di aree a basso prezzo e tempestivamente urbanizzate. La legge 167 del 1962 e la legge per la casa del 1971 sono ritenute in materia indispensabili, anche se gli interessi offesi hanno cercato in tutti i modi di renderne impossibile l'applicazione: a tre mesi dalla scadenza dei vincoli della 167 (nel prossimo novembre) il governo Rumor si è già pronunciato a favore della proroga per un altro quinquennio per consentire di attingere ad un patrimonio di aree valutato, alla fine del 1972, in 30 mila ettari, sul quale si potrebbero costruire 5 milioni di stanze, pari a 1,3 milioni di abitazioni. Finora, questi terreni sono costati mediamente intorno alle 1000 lire il metro quadrato, contro prezzi da 20 a 50 volte superiori, ormai correnti per i terreni «liberi». La legge per la casa andrà snellita e modificata (ad esempio per quanto riguarda l'entità dell'esproprio nei centri urbani); il principio dell'esproprio a basso prezzo non sembra tuttavia «rinunciabile», dato che senza di esso non pare possibile alcuna espansione dell'edilizia economica, neppure negli anni futuri. Arturo Barone

Luoghi citati: Roma, Toscana