Giovane legato e carbonizzato nell'auto È una vendetta dei rapitori di S. Marino? di Franco Mimmi

Giovane legato e carbonizzato nell'auto È una vendetta dei rapitori di S. Marino? Atroce delitto scoperto nelle campagne della provincia di Perugia Giovane legato e carbonizzato nell'auto È una vendetta dei rapitori di S. Marino? Dai documenti della vettura, risulterebbe che la vittima è Bruno Silvagni, di 28 anni - Tre punti, sembra, di collegamento col sequestro del medico Rossini e della figlia: il giovane abitava nel Pesarese, presso il luogo del rapimento; è stato trovato nella zona dove gli ostaggi sarebbero stati tenuti prigionieri; è stato assassinato secondo un "rito" sardo e per il sequestro la magistratura segue la pista dei pastori sardi (Dal nostro inviato speciale) Arezzo, 6 agosto. Prima vittima nel «caso Rossini»? Un giovane è stato trovato carbonizzato, legato con filo elettrico al sedile di una «1100 R» bianca a Valpiana di S. Giustino, a circa cento chilometri da Perugia, lungo la statale che, scavalcando l'Appennino al Passo di Bocca Trabaria, collega le Marche con l'Umbria. Appena fatta la scoperta, si è sparsa la voce secondo cui il fatto rientrerebbe nella vicenda del sequestro di S. Marino, in merito al quale sono stati compiuti nei giorni scorsi cinque arresti e altri ne sono previsti, forse già per domani. Anche il dottor Marsili, il sostituto procuratore di Arezzo che conduce le indagini sul caso, non ha nascosto di essere rimasto scosso dalla notizia giunta da Perugia. Però, quando ulteriori telefonate lo hanno informato che, in base ai documenti trovati sull'auto, la vittima si chiamerebbe Bruno Silvagni, di Sassofeltria, assente da casa dalla sera precedente, il magistrato ha affermato che il nome non gli diceva nulla: non si trovava nella lista delle persone sulle quali le indagini stavano convergendo. Un nome Il nome che il dottor Marsili aspettava di sentire era un altro, quello di un uomo ricercato e che da un paio di giorni ha fatto perdere le tracce. Non è detto però che non si tratti proprio di quell'uomo, visto che per dare un nome al morto ci si può basare, finora, soltanto sui documenti dell'auto. Che nel caso di Valpiana di S. Giustino si tratti di delitto è cosa certa: l'uomo è stato legato al sedile con filo elettrico ricoperto di cotone, di quelli usati per il telefono o i ferri da stiro, quindi l'auto è stata cosparsa di benzina e data alle fiamme. Toccherà alla perizia necroscopica sta¬ bilire se l'uomo è morto bruciato o se era già stato ucciso, ma, in questo secondo caso, perché legarlo al sedile? Quanto al collegamento con il rapimento di Italo e Rosella Rossini, il medico sammarinese e sua figlia, esso deriva da tre considerazioni. La prima: il morto (se si tratta del Silvagni) abitava a Sassofeltria, in provincia di Pesaro, non lontano dal luogo del rapimento. La seconda: Bocca Trabaria, cioè la zona nella quale è stata trovata l'auto carbonizzata con la vittima, è, secondo molti, proprio la località nella quale i Rossini furono tenuti prigionieri. La terza: il dottor Marsili sta seguendo con assoluta convinzione la pista dei pastori sardi, e il «rito» col quale il giovane è stato «giustiziato» è tipicamente sardo: un paio d'anni fa, a Todi, la stessa sorte toccò a un pastore trasferitosi in quella zona dalla Sardegna, e alla fine dell'anno scorso scomparve un altro pastore di Matignana, che molti indizi portano a pensare abbia fatto la stessa fine. Che validità hanno queste considerazioni? E se le deduzioni collimano con la realtà, a che cosa ci si trova di fronte? Una vendetta su chi ha visto qualcosa e lo è andato a raccontare, causando così l'arresto di qualcuno che potrebbe portare all'arresto di qualcun altro, non più semplice «braccio», ma «mente» direttiva? Questa sera non è possibile andare al di là delle congetture: in questa nuova parentesi del caso Rossini, il primo passo sarà la sicura identificazione del giovane ucciso. Prima che giungesse la notizia del delitto di Perugia, le indagini ad Arezzo avevano proseguito il loro corso normale. Il dottor Marsili, nel recarsi in carcere ad interrogare di nuovo i tre pastori sardi e l'ambulante palermitano arrestati nei giorni scorsi, aveva confermato la sua convinzione di essere sulla strada giusta. «Siamo partiti da zero — ha detto il magistrato — ma abbiamo fatto parecchia strada. Non abbiamo arrestato persone a cuor leggero; con gli interrogatori fatti, con ciò che ne è emerso, ho potuto agire in piena tranquillità di coscienza». Ma i due fratelli Manca, lo Spiga, il Loi, che è in prigione a San Marino, non sarebbero, a detta dello stesso magistrato, più che «manovalanza», mentre è intenzione di Marsili, che appare convinto della possibilità di realizzarla, di chiudere nella rete, in breve, anche i pesci grossi. Il denaro Sulla via che conduce a questo risultato, vi sono il controllo dei biglietti di banca di vario taglio (dalle 10 mila lire in su) sequestrati ai pastori sardi, il sottoporre ai Rossini alcuni oggetti che essi potrebbero essere in grado di riconoscere. La sicurezza del magistrato trova un riscontro in un'affermazione dell'avvocato Raffaello Giorgetti, nominato di tensore d'ufficio dei quattro in prigione ad Arezzo e poi confermato dai due Manca anche come difensore di fiducia. L'avvocato si dice certo dell'innocenza dei Manca ma dice anche che, dato l'esito degli interrogatori, alcune posizioni «stanno diventando gravi», tanto che presto, secondo lui, si renderà necessario nominare altri avvocati d'ufficio per lo Spiga e il Mormino: «I quattro — dice l'avvocato — danno una versione che, sostanzialmente, collima, ma in certi punti, su certi elementi apparentemente marginali, vi sono divergenze (di date, per esempio), ed alcune gravi lacune». Gli indizi Per ciò che riguarda i suoi assistiti, il legale afferma di non credere ad una loro partecipazione al sequestro. «Se per caso i Manca sono coinvolti in questa storia, è, tutt'al più, per aver fatto qualche favore che veniva loro, più che chiesto, imposto, e del quale loro neppure sapevano lo scopo. Se affrontassero oggi il processo, molto probabilmente otterrebbero la piena assoluzione, e senz'altro quella per insufficienza di prove». Forse ha ragione l'avvocato (che però, come difensore, non potrebbe esprimersi in altro modo) e forse ha ragione il magistrato, che più di una volta ha tenuto a ripetere che se faceva tardare gli arresti era soprattutto perché lavorava anche per il processo, in cui cioè non bastano gli indizi, ma occorrono le prove. L'opinione dei due, invece, converge allorché si parla dell'importanza degli arrestati: «Manovalanza», ha detto Marsili, e Giorgetti scomoda addirittura il Manzoni: «Sono i cenci che vanno all'aria». Ma ci vanno con molta calma, da veri sardi: «Questi sono quasi tutti analfabeti, ma parlano un italiano molto corretto, sono cordiali se interrogati, ma sennò se ne stanno quasi sempre zitti. Non cupi, zitti, semplicemente». Solo «cenci», dunque, ma prossimi, a quanto pare, ad avere una compagnia più «altolocata». Un accertamento compiuto stamane dalla squadra mobile di Arezzo sembra abbia dato risultati molto soddisfacenti; nel pomeriggio, poi, due marescialli dei carabinieri avrebbero lasciato la città per recarsi ad interrogare alcuni importanti testimoni. Se si chiede per quanto è prevista la fine dell'istruttoria sommaria, il magistrato risponde che si andrà per le spicce: sabato, lunedì al massimo. Ma è quasi certo che si tratta di un pronostico prudenziale fatto forse per non mettere in allarme i caporioni. Sabato è lontano; il volto del dottor Marsili è aperto ad un ottimismo per cui viene spontaneo dire piuttosto: dopodomani. Domani stesso. Franco Mimmi San Marino. Rossella Rossini nella sua casa (Telefoto)