La Costituente per l'Europa

La Costituente per l'Europa Petrilli risponde a Spinelli La Costituente per l'Europa L'articolo di Altiero Spinelli Una Costituente europea apparso in questo giornale mi sembra estremamente sintomatico del punto a cui sono giunte le cose d'Europa. Esso non rappresenta tanto una svolta nel pensiero dell'autore ed un ritorno all'originario radicalismo della polemica antifunzionalista da lui condotta in anni lontani, quanto piuttosto l'indice dell'insofferenza con la quale gli uomini migliori dell'attuale gruppo dirigente comunitario guardano al progressivo arenarsi del grande disegno europeistico nelle secche delle difficoltà procedurali e in un'insidiosa bonaccia, fatta di continui rinvìi. Quanti avevano salutato — lo ricorderanno anche i lettori de La Stampa — l'ambizioso e articolato programma di lavoro approvato dal vertice parigino dell'ottobre scorso come la premessa o addirittura la manifestazione evidente di un vigoroso e promettente rilancio europeo, non potranno certo considerare indifferente la circostanza che proprio uno degli uomini più direttamente e volonterosamente impegnati nell'opera di elaborazione dei rapporti e dei progetti operativi, predisposti in applicazione del programma deciso a Parigi, abbia sentito il bisogno di riproporre, anche in tale contesto, il discorso relativo ad una evoluzione politico-istituzionale della comunità in senso federale. Così facendo, Altiero Spinelli viene infatti a confortare con l'autorità che gli deriva dalle sue attuali funzioni, oltreché dal suo passato di pioniere, il giudizio alquanto riservato che molti osservatori avevano dato dei risultati del vertice, per il carattere quasi esclusivamente procedurale delle decisioni assunte in quella sede, carattere che rendeva l'intero programma di politica europea simile ad una scatola suscettibile di essere riempita con contenuti diversi. Ciò che più conta, a mio giudizio, nel pregevole articolo di Spinelli è comunque il riconoscimento che il problema istituzionale, sostanzialmente trascurato dal vertice parigino, ed ancor più la fumosa parola d'ordine di una non meglio precisata unione europea, evocata a guisa di girandola finale al termine del comunicato conclusivo di tale incontro, non possono sensatamente esser relegati in un ancor vago orizzonte escatologico, quali realtà da attingersi solo dopo il pieno compimento dell'unione economica e monetaria; ma vanno, al contrario, affrontati risolutamente fin d'ora, come la principale condizione di un soddisfacente funzionamento di quest'ultima. Tale riconoscimento, che costituisce da parte di Spinelli una importante riaffermazione della tradizionale posizione federalista circa la priorità, logica e cronologica, del momento istituzionale in un processo di integrazione come quello in atto, è significativo proprio in quanto tale priorità è, per così dire, recuperata dall'interno dell'attuale problematica comunitaria, quale condizione, appunto, per la soluzione di nodi altrimenti insolubili. Ed è indicativo che a questo proposito egli non abbia esitato — mettendo da parte ogni considerazione di opportunità diplomatica — a richiamarsi esplicitamente all'originaria ispirazione sovrannazionale del « metodo delle comunità », progressivamente annacquata dopo la sconfitta della Ced e l'avvento del gollismo in Francia. Non è un caso, del resto, che Spinelli proponga di affidare al Parlamento europeo una funzione costituente, pur con l'ovvia riserva della successiva ratifica da parte dei Parlamenti nazionali. Si potrà discutere, certo, circa l'idoneità, non soltanto formale, dell' attuale Parlamento europeo ad assolvere un compito storico di tanta importanza. Rimane tuttavia rilevante, in linea di principio, che la sua proposta individui nel Parlamento europeo — e non già nel Consiglio o nella Commissione — l'elemento su cui far leva per affrontare in termini nuovi il discorso istituzionale, in opposizione all'europeismo dei vertici, che sta conducendo l'intera compagine comunitaria in una via senza uscita. Per cogliere tutto il significato della sua coraggiosa presa di posizione, basta, del resto, ricordare come nell'attuale situazione internazionale non si esercitino sulla Comunità spinte esterne positive a favore del consolidamento della sua coesione, come accadeva invece negli anni della guerra fredda. Impegnati come sono nella ricerca di un accordo globale che consenta la restaurazione ed il consolidamento di un equilibrio bipolare fondato sulla necessaria esaltazione del loro ruolo di potenze egemoni nell'ambito delle rispettive sfere di influenza, Stati Uniti ed Unione Sovietica non hanno — è il minimo che si possa dire — alcun interesse evidente ad un sostanziale rafforzamento della coesione politica della Comunità, foriera di sviluppi difficilmente controllabili. Per quanto li riguarda, gli Stati Uniti sembrano soprattutto interessati al superamento delle distorsioni commerciali connesse alla stessa esistenza della Comunità e desiderosi di contrapporvi nuove forme di cooperazione multilaterale tra tutti i Paesi industriali non collettivisti dell'Atlantico e del Pacifico. In queste condizioni, potrebbe aversi semmai una reazione psicologica degli europei, decisi ad opporsi, attraverso un impegno solidale, a una diaspora politica che ne sancisce la comune decadenza. Che ciò non avvenga — o non avvenga nella misura richiesta dalla gravità della presente congiuntura storica — basterebbero a dimostrarlo le remore frapposte ad una presenza unitaria della Comunità nel prossimo confronto euro-americano proprio da quello dei Paesi membri che ha maggiormente agitato, in tutti questi anni, il vessillo dell'autonomia e dell'indipendenza europea. Ancora una volta, il discorso federalista echeggerebbe quindi nel deserto, armato della sola forza delle sue inconfutabili constatazioni negative, se non vi fossero sintomi che lasciano intravedere il faticoso emergere di una nuova consapevolezza europea da parte dei settori della pubblica opinione che maggiormente avvertono il rischio di esautorazione delle stesse istituzioni democratiche nazionali, connesso alla lunga ad un processo integrativo abbandonato alla sola logica dello spontaneismo del mercato, in assenza di efficaci strumenti di intervento e di controllo da parte dei pubblici poteri. In questo momento, che potrebbe anche preludere ad una crisi decisiva dell'intero disegno politico comunitario, una presa di posizione come quella di Spinelli è un campanello d'allarme che richiama tutti, e in primo luogo il nostro Paese, al dovere di un'iniziativa coraggiosa e qualificante. Giuseppe Petrilli Presidente del Consiglio Italiano del Movimento europeo

Persone citate: Altiero Spinelli, Giuseppe Petrilli, Petrilli

Luoghi citati: Europa, Francia, Parigi, Stati Uniti, Unione Sovietica