Una svolta per l'Asia
Una svolta per l'Asia Una svolta per l'Asia Tokio, 1 agosto. Tanaka ha cominciato il grande viaggio diplomatico che l'impegnerà fino all'autunno: prima Washington, dove è arrivato domenica 29 luglio, poi Londra, Parigi e Bonn a settembre, infine Mosca in ottobre. Questo volo da «vertice» a «vertice» ha, in parte, delle spiegazioni di politica interna: risollevare il prestigio in declino del premier e del suo governo, di fronte all'opinione pubblica giapponese. Ma questa sua iniziativa obbedisce anche a forti motivi diplomatici: mostra il Giappone impegnato a ricostruire la sua politica estera del «dopo guerra fredda». Qualcuno dice che si tratta, per Tokio, di costruirsene una per la prima volta, perché, come satellite degli Stati Uniti, non aveva avuto finora che una politica americana. Fortunatamente, le controversie economiche tra i due Paesi sono quasi appianate, tranne per qualche piccola eccezione. L'urgenza dei problemi della crisi monetaria, la prospettiva della riunione del Gatt a Tokio ecc. daranno certamente rilievo ai colloqui sugli scambi internazionali. Ma saranno soprattutto incontri tra esperti. Tanaka e Nixon riserveranno gran parte del loro tempo a problemi più seri. Ancor più dell'Europa, l'Asia si trova alla fine d'un periodo storico. Quale sarà il nuovo equilibrio, dopo l'armistizio concluso tra gli Usa e i due giganti comunisti, Cina e Urss? Per cominciare, è alla stessa alleanza tra Giappone e Usa che Tanaka sente il bisogno di tastare il polso, con il suo viaggio a Washington. Per il governo nipponico, per quanto esso sia risoluto a farsi una politica indipendente, è assolutamente necessario che continui la validità del trattato d'alleanza. Sì ammette la sua evoluzione, non se ne vuole però il deterioramento. Esso si evolve perché ne diminuisce l'importanza militare, ma aumenta il suo valore politico. E' un fattore essenziale di stabilità in Asia e nella stessa politica interna giapponese. E' soprattutto la miglior carta da giocare nei nuovi rapporti politici con l'Urss e la Cina. Non ci si può sentir forti, davanti a questi due colossi, che restando saldamente aggrappati agli americani. Certo, si sta tentando di tracciare una linea politica indipendente, multilaterale, più vicina a russi e cinesi. Ma, per procedere su un terreno tanto difficile, il Giappone ha interesse a restare legato a un sicuro compagno di cordata, gli Usa. Prima tappa del viaggio di Tanaka, la visita a Washington ha un obiettivo fondamentale, che è quello di preparare l'ultima tappa, la più difficile: la visita a Mosca. Tanaka ha riallacciato rapporti con la Cina l'anno scorso, in modo brillante e a tamburo battente. Vorrebbe fare altrettanto con la Russia, per realizzare una politica di «equidistanza» tra i suoi due vicini comunisti. Ma ecco che Mosca si mostra molto più «coriacea» di Pechino. Primo ostacolo sulla strada del trattato di pace russo-nipponico — ancora non firmato a ventisette anni dalla fine della guerra — Mosca rifiuta cate goricamente, e lo ha appena ripetuto un'altra volta, di re stituire al Giappone le isole Kurili del Sud, che Tokio chiede quale condizione preliminare a ogni «avvicinamento». Adesso è nata anche un'altra difficoltà: Mosca esercita una pressione considerevole perché il Giappone accetti di discutere il «piano Breznev» per la sicurezza asiatica. Per il momento, il Giappone non ne ha affatto l'intenzione, e per molti motivi. Anzitutto, perché questo piano è, ai suoi occhi, un piano di accerchiamento della Cina. Poi perché esso farebbe dei firmatari asiatici altrettanti satelliti dell'Urss. Infine, perché sottoscrivere il «piano Breznev» significherebbe accettare lo statu quo e le attuali frontiere con l'Urss, abbandonando ogni rivendicazione sulle Kurili. In Questo quadro, dove si pongono gli Stati Uniti? Sono disposti a dare una mano al
Persone citate: Asia Tokio, Breznev, Gatt, Nixon, Tanaka
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