Edilizia: è prematuro parlare di "ripresa,, di Arturo Barone

Edilizia: è prematuro parlare di "ripresa,, Secondo i più recenti dati Istat Edilizia: è prematuro parlare di "ripresa,, Nel primo semestre '73 il volume delle abitazioni progettate è aumentato del 20,1%, quello delle abitazioni iniziate del 10,8 per cento: ma l'apparente "risveglio" nasce dal confronto con i bassissimi livelli del '72 - Migliore l'edilizia non residenziale (Nostro servìzio particolare) Roma, 1 agosto. In tutti i Paesi industriali l'edilizia è fattore importante di sostegno della domanda globale, del reddito nazionale e dell'occupazione. Ciò è vero soprattutto in Italia dove, nell'ottobre 1972, nella industria delle costruzioni risultavano occupate 1.883.000 persone, con una flessione di 96 mila addetti rispetto all'ottobre 1971, pari al 4,9 per cento; per quest'anno, un'indagine del ministero del Lavoro sconta un'ulteriore diminuzione del 2,6 per cento, con notevoli differenze fra le varie zone del Paese: — 1,5 per cento nel Centro-Sud, —2,6 nel Nord, —8,1 nelle Isole. Ne soffrirebbero dunque maggiormente le regioni più depresse. Gli studiosi della congiuntura cercano da mesi di cogliere i sintomi della sospirata inversione di tendenza nell'edilizia, ben consapevoli che la ripresa industriale, per consolidarsi e poter avere una certa consistenza, deve estendersi pure al settore edilizio, che vanta anche un'occupazione indotta elevata, valutabile in oltre 800 mila unità. Se l'edilizia, che costituisce il grosso degli investimenti produttivi del nostro sistema economico, dovesse stagnare ancora sui livelli insoddisfacenti del 1972, non solo è in pericolo l'attuale ripresa, ma rischiano di aggravarsi in maniera intollerabile le tensioni sociali. Sennonché le statistiche vanno interpretate correttamente; spesso, infatti, i dati grezzi possono indurre in errore o suscitare speranze destinate ad essere deluse. Questa considerazione è d'obbligo dopo la recente pubblicazione da parte dell'Istituto centrale di statistica dei dati relativi al primo semestre 1973 in materia di edilizia residenziale: nei confronti del corrispondente periodo del 1972 il volume delle abitazioni progettate presenta un aumento del 20,1 per cento e, per quelle iniziate, del 10,8 per cento, mentre prosegue la diminuzione degli alloggi ultimati (—30,4 per cento). Ora, questi risultati hanno dato luogo a commenti ottimistici che sembrano quanto meno prematuri. L'analisi della serie dei dati mensili consente infatti di accertare che nel dicembre 1971 si registrò un eccezionale volume sia di progettazione sia di lavori iniziati. Scadevano infatti alla fine di quel mese importanti agevolazioni tributarie; i costruttori che volevano beneficiarne avevano perciò tutto l'interesse ad anticipare la presentazione dei progetti e l'apertura dei cantieri. Com'era logico attendersi, a quel boom dovuto a una causa amministrativa estranea alla tendenza del mercato segui un periodo di più accentuata depressione: il volume dei lavori progettati, che nel dicembre 1971 era stato di 57.412.000 metri cubi, superò di poco tale cifra nell'intero primo trimestre 1972 (64.984.000); quello dei lavo ri iniziati, da 25.640.000 metri cubi, scese addirittura nei tre mesi successivi a 23 milioni 352.000. Insomma, l'apparente risveglio di quest'anno nasce dal confronto coi bassissimi livelli dell'inizio del 1972. E' un'illusione statistica analoga a quella di chi avesse creduto in gennaio di poter fare previsioni ottimistiche sull'andamento delle vendite di autovetture nel 1973 in base all'eccezionale aumento delle immatricolazioni verificatosi nel dicembre '72, non tenendo conto del più favorevole regime fiscale (l'Ige invece dell'Iva) che indusse molti automobilisti ad anticipare di qualche mese il cambio della macchina. Purtroppo, di ripresa della domanda di abitazioni non si hanno ancora sintomi attendibili. Sotto l'incalzare dell'inflazione vi è stata negli ultimi mesi una corsa al l'acquisto di appartamenti come «beni rifugio», provocando un'impennata dei prezzi di carattere speculativo che non si sa quanto possa durare. D'altra parte, il continuo aumento dei costi di costruzione, il rincaro del denaro, la scarsità di aree urbanizzate edificabili, la prospettiva di più estesi blocchi dei fitti costituiscono altrettanti freni agli investimenti privati in abitazioni che, nel 1972, hanno superato il 96 per cento degli investimenti totali. Previsioni più ottimistiche sono invece possibili per la edilizia non residenziale, per la quale si sconta nel 1973 un aumento dei lavori ultimati del 6-8 per cento; anche il valore, in termini rea¬ li, delle opere pubbliche dovrebbe registrare quest'anno un certo aumento, se non si faranno troppo sentire nel secondo semestre le conseguenze negative dell'esodo volontario che ha eccessivamente sfoltito i quadri dei dirigenti al ministero dei Lavori Pubblici. Ma il nodo in apparenza inestricabile è quello di una più abbondante offerta di abitazioni di tipo economico-popolare: nel 1972 gli alloggi ultimati sono stati complessitivamente 240 mila in tutta Italia e appena 89 mila nei capoluoghi di provincia, e di questi solo una percentuale modestissima era del tipo più rispondente al reddito delle famiglie. Ma l'edilizia privata tende a lasciarne la responsabilità allo Stato; è disposta ad occuparsi anche di edilizia economica solo se lo Stato copre la differenza fra capacità di spesa degli inquilini ed « equo canone » dei fitti. Proprio per questo i programmatori si erano posti come obiettivo dell'edilizia pubblica la copertura del 25 per cento del totale. Di fatto, però, siamo rimasti al 3-3,5 per cento, nonostante che per livello complessivo delle abitazioni ultimate l'Italia sia precipitata ad uno degli ultimi posti nella graduatoria internazionale. Arturo Barone

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