Scompare il tartufo

Scompare il tartufo PREOCCUPATI AD ALBA Scompare il tartufo Leggi imperfette, inquinamento ed esasperati egoismi ne hanno decimato la produzione Per fronteggiare la crisi è nata l'associazione dei "trifulau dell'Arnese e del Monferrato" (Dal nostro inviato speciale) Alba, 23 luglio. Ad Alba, sotto il tiglio nei giardini della stazione ferroviaria, cresce il tartufo. Cosi assicurano gli accaniti cercatori del prezioso fungo sotterraneo, ma la realtà è alquanto diversa. Per il migliaio di «trifulau» delle Langhe e del Monferrato non è tempo d'abbondanza ed il tuber magnatum pico, ossia il tartufo bianco, si fa sempre più desiderare. Leggi imperfette, inquinamento ed esasperati egoismi hanno ridotto la produzione del profumato tubero, vanto d'Alba e delizia per i buongustai. Proprio per discutere della crisi e correre in tempo ai ripari, s'è riunito nella cittadina langarola un gruppo di «trifulau»: l'incontro è stato positivo e ne è nata una nuova associazione, quella «dei trifulau dell'Albese e del Monferrato». Dice Fiorenzo Revello, presidente della Fiera del tartufo d'Alba: « Proprio da quest'anno la Fiera ha superato i confini regionali guadagnandosi l'appellativo di "nazionale". Abbiamo perciò creato questa nostra associasione per evitare che il boom del tartufo d'Alba resti soltanto sulla carta. Il Consorzio fra i "trifulau" istituito nel 70 è fallito proprio per la presenza dei commercianti nelle nostre file. Noi non vogliamo speculatori, ma soltanto cercatori di tartufi capaci di difendere i propri interessi senza alcuna interferenza. Ecco perché ci siamo associati». Il Consorzio, al suo apparire, destò molto ottimismo fra i cercatori ed i consumatori di tartufi. Si parlò di un bollino che doveva tutelare il tartufo bianco d'Alba contro le imitazioni, si disse che finalmente la raccolta sarebbe stata disciplinata, si giurò sulla certezza di prezzi giusti, al di là dei capricci dei singoli cercatori. Ma purtroppo non è andata cosi. Tartufi bianchi raccolti ad Acqualagna, nelle Marche, o in Umbria o in Emilia continuarono a inondare il mercato d'Alba contrabbandati come « trifule» piemontesi; i cosiddetti «bracconieri» del tartufo, inosservanti della legge, hanno persistito a raccogliere il fungo anteriormente al 1° ottobre mentre i prezzi si sono mantenuti su cifre da capogiro con punte di 8000 lire all'etto. «Così non poteva andare avanti» sottolinea Raoul Molinari, vicepresidente della Fiera. E si è corsi ai ripari. Innanzitutto, la nuova associazione dei «trifulau» ha chiesto un anticipo dell'apertura della ricerca al 15 settembre, ossia in coincidenza con la «luna di settembre». Inoltre la legge 501 del '69, detta Salari e riguardante i cercatori di tartufi, limita la loro azione permettendo la creazione di riserve dove la cerca del fungo sotterraneo è concessa ai proprietari del terreno delineato con appositi cartelli e palmato. «E' un sopruso, rileva Raoul Molinari, con questo non vogliamo attaccare la proprietà privata, ma siamo contrari a tale tipo di riserve che limitano l'azione del cercatore. Chiediamo che la legge sia rivista e modificata in favore dei lìberi cercatori». Da sempre il tartufo era stato considerato res nullius, quindi di proprietà di chi lo trovava. Con la legge Salari la situazione è cambiata. Il tartufo è stato riconosciuto «appendice» dell'albero e ad esso connesso: quindi il proprietario della pianta lo è pure del fungo sotterraneo. Da qui la lotta tra proprietari dei fondi e cercatori di tartufi. Anche la Camera di Commercio di Cuneo, per bocca del dottor Orazio Sappa, è d'accordo per la modifica della legge. «E' una guerra che deve finire, dice Sappa, ed il miglior strumento sarebbe una più stretta collaborazione fra "trifulau" e proprietari del fondo. La nuova associazione nasce anche con tale finalità». Ma i problemi non sono finiti. Infatti il magico mondo dei cercatori di tartufi è scosso dai germi dell'inquinamento. Benvenuto Boasso, contadino di Sinio, nell'Albese, nonché «trifulau» è sconfortato. «Roveri, tigli, querce e pioppi hanno le radici impregnate di sostanze tossiche, dice, i diserbanti rendono acidi i terreni ed ì tartufi sono sempre più raramente "espulsi" dalle piante». Ma gli attentati ecologici sono compiuti anche in altri modi. Molti agricoltori preferiscono abbattere pioppi e roveri per venderne il legno pregiato. Avviene cosi un progressivo depauperamento boschivo a discapito dei tartufi che proprio negli umori della pianta hanno la loro matrice. Infine ci sono i cosiddetti «bracconieri» che di notte, già a fine agosto, vanno alla ricerca dei tartufi verdi senza l'ausilio dei cani. Per estrarli dilaniano il terreno, fanno buchi che poi non ricoprono, e distruggono la tartufaia. Rile¬ va Raoul Molinari: «La nuova associazione prevede un gruppo dì guardie giurate che dovranno vigilare contro questi "bracconieri"; inoltre sarà loro compito di segnalare l'abbattimento di alberi onde poter intervenire con un pronto rimboschimento. La strada è lunga, ma speriamo di farcela». Ed occorre far presto. Alba, con il suo tartufo bianco, è ormai nota in tutto il mondo. Il tuber magnatum pico ce lo invidiano i francesi, adesso lo vogliono anche i tedeschi mentre gli americani se lo disputano a suon di dollari. Per la capitale delle Lanche ciò significa un giro di mezzo miliardo all'anno per i soli affari sui tartufi e circa sei miliardi di Introiti ricavati dal turismo che ruota intorno al prestigioso nome della città. Conclude Revello: «La nastra Fiera offre 200 quintali di tartufi all'anno. Vogliamo aumentare questa cifra ma, intendiamoci, devono essere tutti tartufi bianchi d'Alba. La genuinità del prodotto dipenderà dall'onestà di tutti noi, cercatori e commercianti». Ha ragione, perché anche le cose ormai famose, se contraffatte, sono destina te a scomparire. Sarebbe un grave scotto per Alba.

Persone citate: Benvenuto Boasso, Fiorenzo Revello, Orazio Sappa, Raoul Molinari, Sappa