Nixon insiste: "Non mi dimetterò mai,, Il Senato limita i suoi poteri in guerra di Ennio Caretto

Nixon insiste: "Non mi dimetterò mai,, Il Senato limita i suoi poteri in guerra "Che altri sguazzino nel caso Water gate", ha detto il Presidente Nixon insiste: "Non mi dimetterò mai,, Il Senato limita i suoi poteri in guerra E' la prima volta che il capo della Casa Bianca accenna esplicitamente allo scandalo - Il voto dei senatori è il primo formale contraccolpo negativo della vicenda: il Presidente opporrà il veto, ma il parere del Congresso in seduta comune sarà decisivo (Dal nostro corrispondente) Washington, 20 luglio. NeU'infuriare di Watergate, il Presidente Nixon ha lasciato il Bethesda Naval Hospital dopo una settimana di degenza, dichiarando pubblicamente cbe non si dimetterà. DI fronte ai funzionari e agli impiegati riuniti nel giardino della Casa Bianca, egli ha affermato stamane: « Qualcuno parla di dimissioni... Sono sciocchezze... Quanto leggiamo in questi giorni, quanto vediamo va messo neUa giusta prospettiva... Dobbiamo pensare alle grandi decisioni che ci aspettano, e da cui dipenderà per generazioni a venire la pace nel mondo... Dobbiamo ottenere la prosperità senza la guerra, migliori opportunità per tutti gli americani». Il Presidente ha proseguito: « Sono stato eletto nel '72 per realizzare questi e altri grandi programmi... Li realizzerò... Che altri sguazzino in Watergate, io farò il mio lavoro... I medici vorrebbero che rallentassi un po'... Nessuno, alla Presidenza, in questo momento della storia può rallentare... Ci vuole un Presidente che lavori a pieno ritmo ». Nixon ha concluso: «La salute di un uomo non è così importante come la salute di una nazione o del mondo... Ci rimane poco tempo, e Il presidente Nixon ci rimane troppo da fare... ». In un modo che ricorda il suo eroe negli anni della sconfitta, De Gaulle, Nixon ha cosi affrontato per la prima volta il problema di Watergate, e senza dubbio pensa di averlo accantonato per sempre. E' uno squarcio inaspettato nella psicologia e nella strategia del Presidente. Egli vede Watergate come un trascurabile incidente che bisogna ridimensionare. E' indicativo che non abbia avvertito la necessità di rivendicare la sua innocenza, di fornire spiegazioni agli elettori a cui ha fatto appello, e che secondo i sondaggi d'opinione, nella stragrande maggioranza, lo giudicano colpevole. Nixon si considera forse predestinato dalla storia a reggere il mondo in uno dei suoi periodi più delicati. Senza dubbio, ritiene la Presidenza una missione. Ieri, ha ribadito che non consegnerà alla commissione inquirente del senato su Watergate i nastri magnetici con su registrate le sue conversazioni con gli ex collaboratori coinvolti nello scandalo. Li definisce protetti dal principio della separazione dei poteri, sebbene non riguardino affatto la gestione dello Stato, ma lo spionaggio politico tra i partiti. Di fatto, il Presidente antepone oggi la sua permanenza alla Casa Bianca a qualsiasi altra considerazione, nel nome dell'equilibrio internazionale. Questo weekend, Nixon stilerà una lettera di risposta alla commissione inquirente, respingendone le pressioni a presentarsi a testimoniare, o a metterle a disposizione i propri archivi. E* partito da Washington per Camp David, nel Maryland, con la mente già occupata da altro: la guerra nel Cambogia, le feroci polemiche appena scoppiate sui bombardamenti segreti da lui ordinati nel '69, gli interventi di Kissinger, che sta cercando di discolpare la Casa Bianca. Ha annunciato il ritorno per lunedi, per mettere ordine nella confusione insorta a proposito del Sud-Est asiatico, martedi riceverà lo scià di Persia in visita di Stato. Ma questa psicologia e questa strategia restituiranno al Presidente la « credibilità » perduta? Watergate s'è trascinato dietro mille inconvenienti: la sfiducia degli stranieri nel dollaro, la rivolta del Congresso contro il protrarsi del conflitto in Indocina, la denuncia delle bizzarre spese statali per le dimore private di Nixon. Nelle trattative economiche internazionali, gli Stati Uniti potrebbero essere gravemente indeboliti. Non v'è dubbio che, dopo la scoperta delle operazioni militari nascoste di 4 anni fa, il Congresso insisterà affinché, come da esso votato, sia subito concluso l'armistìzio nell'intero Cambogia. La misura del gap di cui soffre il Presidente s'è avuta oggi, con l'approvazione al Senato per 71 voti a 18 della mozione che ne limita ì poteri in caso di guerra. La mozione impedisce praticamente a Nixon di lanciare il Paese in un conflitto senza l'autorizzazione del Congresso. Egli ha già dichiarato che vi opporrà il veto. Ma la Camera ha approvato di recente una mozione analoga, e Nixon potrebbe essere quindi sconfitto nella votazione dell'assemblea plenaria. Senza Watergate, ciò non sarebbe accaduto. Lo scandalo stesso, inoltre, è destinato a aggravarsi. Nixon è già in difficoltà, ma la sua posizione potrebbe divenire insostenibile. Più aumentano i testimoni, e più inverosìmile risulta la tesi che egli fosse all'oscuro di tutto. La conferma è stata fornita oggi dall'ex sottosegretario alla Giustizia Marciian, e dall'ex assistente di Bob Haldeman (il direttore della Casa Bianca fino a tre mesi fa) Strachan. Mardian ha dichiarato che Nixon gli fece asportare dalla sede rìell'Fbi dei nastri di registratore nel timore che l'allora direttore Hoover lo ricattasse. Strachan ha rivelato che nell'aprile del '72, in un memorandum segreto, egli riassunse per Bob Haldeman i progetti di spionaggio politico del comitato per la rielezione del Presidente, e ne precisò il bilancio, 300 mila dollari. Particolarmente dannosa per Nixon è stata la testimonianza di Mardian. Egli ha descritto il Presidente come un uomo ossessionato dalla segretezza e dalla sicurezza, timoroso che le continue «fughe» di notizie e la loro pubblicazione sui giornali gli impedissero di governare e compromettessero la pace nel mondo. Mardian ha anche detto che Nixon ordinò nel '71 attività spionistiche contro i pacifisti. Ennio Caretto

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