Otto condanne (ma tutti in libertà) per i droga-party al Number One di Guido Guidi

Otto condanne (ma tutti in libertà) per i droga-party al Number One La sentenza dopo cinque ore di camera di consiglio Otto condanne (ma tutti in libertà) per i droga-party al Number One Quattro anni a Pier Luigi Torri per falso e calunnia; tre anni a Paolo Vassallo per uso di cocaina - Maria Luisa Figus dovrà scontare due anni per avere calunniato il commissario Gargiulo - Agli altri imputati pene da cinque a due anni - Torri non era in aula alla lettura del verdetto: si trova a Londra (Nostro servìzio particolare) Roma, 19 luglio. Dieci imputati, otto condanne: quelli liberi non tornano in carcere, quelli detenuti hanno ottenuto la libertà provvisoria. Il processo per lo scandalo al Number One si è concluso: Pier Luigi Torri è stato ritenuto un calunniatore, ma non per aver accusato Paolo Vassallo; il tribunale si è convinto che nell'ambito del night, oltre ad un cumulo di chiacchiere e di malignità, si è fatto anche uso di droga; la sentenza non sembra avere soddisfatto nessuno tant'è che, per motivi diametralmente opposti, hanno subito presentato appello pubblico ministero e difensori. I giudici hanno avuto bisogno di cinque ore per decidere. Poi hanno stabilito di condannare Pier Luigi Torri a 4 anni di reclusione (falso e calunnia) per avere inviato al procuratore della Repubblica una denuncia con la firma apocrifa di Bino Cicogna contro il direttore del Messaggero, Alessandro Perrone, contro il finanziere Corrado Sofia e contro Paolo Vassallo accusandoli di avere venduto droga per 63 milioni. Paolo Vassallo a 3 anni e 600 mila lire di multa per avere fatto uso di cocaina; Dante Micozzi a 4 anni ed 1 milione per avere trafficato in sostanze stupefacenti; Maria Luisa Figus a 2 anni per avere calunniato Federico Martignone e il commissario di ps Raffaele Gargiulo; Bruno Ruggieri a 5 anni e 6 mesi per calunnia e detenzione di droga; Beppe Ercole a 3 anni e 3 mesi e 700 mila lire di multa per detenzione di stupefacenti; Giuseppe Albanese a 2 anni e 3 mesi per aver calunniato Reinette De Villiers e Federico Martignone; Jolanda Aveline a 2 anni e 200 mila lire per uso di cocaina. Inoltre hanno assolto Ugo Passin e Bruno Righin dall'accusa di avere calunniato il produttore Gianni Buffardi. Paolo Vassallo, Pier Luigi Torri, Dante Micozzi, Beppe Ercole e Bruno Ruggieri sono stati interdetti dai pubblici uffici per 5 anni. Giuseppe Albanese, Maria Luisa Figus e Pier Luigi Torri dovranno risarcire i danni alle loro vittime. Dante Micozzi, Bruno Ruggieri e Beppe Ercole, in carcere da 17 mesi, hanno ottenuto la libertà provvisoria per cui nessuno dei protagonisti di questo scandalo è più detenuto. Nella sostanza, la sentenza del tribunale consente soltanto una interpretazione. I giudici si sono convinti che Paolo Vassallo, gestore del night, ha fatto uso di droga, ma hanno espresso molti dubbi che Pier Luigi Torri (assolto per insufficienza di prove da questa accusa) abbia nascosto o fatto nascondere nella toilette del Number One della droga per vendicarsi di un avversario. Infine sono giunti alla conclusione che Maria Luisa Figus è una mitomane, o quasi, tanto da condannarla per calunnia quando ha detto che Martignone faceva uso di droga e che il commissario di ps Raffaele Gargiulo le aveva fatto interrompere una maternità, assolvendola invece, per insufficienza di prove quando ha sostenuto di avere partecipato a party-droga. Per due mesi e mezzo (il processo è cominciato la mattina del 30 aprile) i giudici hanno cercato di capire i retroscena di questo scandalo sorto apparentemente su un pizzico di droga (70 grammi di cocaina e 16 grammi di oppio) trovato nella toilette del Number One e nel cofano dell'auto di Paolo Vassallo. I risultati, non sono stati brillanti: il tribunale ha finito per cozzare contro un muro di chiacchiere, di pettegolezzi, di malignità, di rancori poco chiari. Lo scandalo scoppiò con una telefonata alla polizia: per iniziativa di Pier Luigi Torri (40 anni, milanese di nascita ma romano di adozione, ufficialmente produttore cinematografico, un patrimonio considerevole, sempre circondato da belle donne) alla squadra mobile fu possibile trovare, la notte dell'I 1 febbraio dello scorso anno, un pacchettino di cocaina infilato dietro un tubo nella toilette del night. L'indomani, i carabinieri — anche loro avvertiti, ma da un amico di Torri, il produttore Gianni Buffardi, già genero di Totò — trovarono l'oppio nell'auto di Paolo Vassallo che del Number One era il gestore. Sembrava che tutto fosse chiaro o quasi: ma dopo qualche settimana cominciarono a sorgere molti dubbi. Pier Luigi Torri s'era assunto il ruolo del grande accusatore ed aveva sollevato il velo su tutta la vita notturna di una certa Roma-bene: per qualche mese sembrò essere il trionfatore mentre il suo protagonista, Paolo Vassallo (35 anni, romano, figlio di un noto professionista, elegante, simpatico, public relations man prima di dedicarsi alla attività di gestore di nights, fortunato nelle sue avventure galanti) in carcere protestava disperato sostenendo di essere soltanto una vìttima. Poi, ai magistrati sorse il sospetto che Pier Luigi Torri non fosse del tutto attendibile quando trinciava accuse a destra e a manca. La conclusione fu fatale: il produttore venne arrestato a Ferragosto mentre era a bordo del suo yatch Theseus (valore accertato: 350 milioni di lire, lo scorso anno) nel porto di Montecarlo. Ma la droga c'era o non c'era al Number One? In istrut¬ toria, i giudici si sono limitati a prendere atto di quello che avevano trovato: in particolare molte chiacchiere. Riuscirono soprattutto a gettare uno sguardo in uno spaccato di un certo mondo della Roma-bene popolato di ragazze molto sexy pronte a qualsiasi sacrificio pur di arrivare e mai arrivando; di giovani con notevoli disponibilità economiche per questioni familiari, ma senza attività precise; di loschi figuri abituati a vivere ai margini della società non tirandosi mai indietro di fronte a qualsiasi mestiere. Il tribunale si è trovato di fronte a dieci imputati dei quali, però, ha conosciuto soltanto otto perché due (Giuseppe Albanese e Jolanda Aveline) hanno preferito rimanere lontani dall'aula: lui a Londra, lei forse a Parigi o a Beirut. Il più importante fra tutti Pier Luigi Torri, che ha riacquistato la libertà alla vigilia del dibattimento. Poi il gestore del Number One: ritenuto una vittima, per l'accusa (e anche per il tribunale) è rimasto comunque un consumatore di droga. La stessa accusa ha coinvolto Beppe Ercole, titolare di uno dei ristoranti più alla moda di Roma, e Maria Luisa Figus, che è andata oltre con i suoi racconti spesso soltanto fantasiosi per cui è stata incriminata anche per calunnia. Quindi, gli spacciatori: Dante Micozzi ovvero il «robbiere», se è vero che così qualcuno lo chiamava nella Roma notturna, e Bruno Ruggieri, che è finito in carcere anche per calunnia perché ha raccontato, seppure ha poi ritrattato, di avere venduto cocaina a personalità completamente estranee allo scandalo. Infine: Giuseppe Albanese che ha calunniato il figlio di un grande produttore di tabacco, Federico Martignone, dicendo che faceva uso di droga; Jolanda Aveline che ha ammesso di avere preso cocaina, Bruno Righin e Ugo Passin i quali accusarono Gianni Buffardi di avere venduto loro hashish e marijuana. I risultati dell'indagine al dibattimento non sono stati confortanti. E' stato sottolineato il profondo rancore che divide Pier Luigi Torri da Paolo Vassallo: ma nessuno è riuscito a individuarne le ragioni. Pier Luigi Torri ha sempre voluto interpretare, in due mesi e mezzo di udienze, il ruolo del protagonista. Ha rivendicato a sé non soltanto la buona fede nelle sue accuse, ma il proposito che venisse fatta giustizia di chi aveva provocato la fine morale e fisica del suo amico, Bino Cicogna. Ha spiegato, ha urlato, ha blandito: una mattina, mentre il tribunale lo stava interrogando, si è alzato di scatto e se n'è andato perché, disse, non «sopportava tanta confusione». Da quel momento, per protesta, Torri raramente è venuto in aula: oggi era addirittura a Londra. Guido Guidi Roma. Beppe Ercole colto da malore alla lettura della sentenza (Telefoto Team)

Luoghi citati: Beirut, Londra, Montecarlo, Parigi, Roma