Trapianti, fin dove?

Trapianti, fin dove? Scienziati di tutto il mondo a Fiuggi; bilancio conclusivo Trapianti, fin dove? La terapia chirurgico-sostitutiva degli organi ammalati è forse la più recente e grande conquista della medicina, soprattutto per quanto riguarda il cuore - Maggior ostacolo da superare, il "rigetto biologico"; seconda difficoltà, trovare i "donatori" in numero sufficiente L'ideale sarebbe costruire un cuore artificiale, ma siamo ancora lontani - Una polemica fra il pioniere Barnard e il francese Dubost (il chirurgo che operò padre Boulogne): in attesa della pompa meccanica, fatta di plastica e metallo, si deve continuare a operare da uomo a uomo? - L'esperienza dei "trapiantati" che sopravvissero qualche anno, una prova che nessuno si sentirebbe di ripetere (Dal nostro inviato speciale) Fiuggi Terme, luglio. Con l'alto interesse che l'argomento discusso continua a suscitare per la mèta prefissa, cioè la « sostituzione del cuore» sia mediante il trapianto da cadavere a paziente, sia con l'innesto di un cuore artificiale (parziale o totale), ho seguito le discussioni del Simposio internazionale che si è tenuto in questi giorni nella quiete di questa accogliente stazione idrotermale. Un Simposio al quale hanno partecipato come protagonisti i più qualificati esponenti mondiali della materia. Esso è stato la più incisiva puntualizzazione di quel complesso problema cui Barnard sei anni or sono, con calcolato ardire sulla base delle allora raggiunte premesse tecnico-sperimentali fShummay aveva eseguito 1500 trapianti sul cane), volle e seppe dare una prima soluzione chirurgica. Scontro Di questo eccezionale convegno i chiari resoconti giornalieri di Luciano Curino hanno dato ampi ragguagli ai lettori de «La Stampa». Ma tocca ora al medico aggiungere qualche considerazione, mentre già si annuncia per settembre il 6° Congresso della Società italiana dei trapianti d'organo. La prima riflessione sfocia dallo scontro intervenuto tra Barnarc e Dubost, cortese e cavalleresco s'intende da ambo le parti, con pacato accento e sobrietà di parole Dubost, con vivace irruenza e abbondanti dettagli Barnard. Sostenitore questi a spada tratta delia immediata continuazione dei trapianti cardiaci; il Dubost, invece, arretratosi sul parcheggio d'attesa del cuore artificiale, quindi oggi più reverenziale col suo bisturi all'assioma che il trapianto di cuore, anche se superato il lato tecnico, è tuttora un problema biologico ed immunologico e presume il superamento definitivo dell'impasse del rigetto. Se questo superamento non è stato sino ad oggi raggiunto, un certo progresso è stato però fatto sui metodi di selezione e tipizzazione dei donatori e sui mezzi terapeutici idonei a controllare il rigetto in limiti sempre più ampi (farmaci immunosoppressivi, siero antilinfocitario eccetera). Ciò può spiegare la sopravvivenza attuale di un buon numero di trapiantati cardiaci, taluni con ripresa di moderate attività professionali, di alcuni centri cardiochirurgici degli Stati Uniti, specie quello del gruppo di Palo Alto, che detiene la maggiore statistica di interventi. Farmaci Comunque quando Philip Blaiberg rappresentava il paziente «modello» di Barnard, padre Boulogne era l'alfiere del cardiochirurgo francese Charles Dubost. Con la sua presenza a convegni sul trapianto cardiaco ne testimoniava il successo. Si era sottoposto all'intervento volontario pensando, con spirito sacerdotale, che l'esperimento sarebbe comunque riuscito utile alla scienza per la salvezza di altri. In un incontro personale mi fu largo di informazioni sulle sue cure antirigetto ed aggiunse di sopportare cristianamente l'inevitabile stato di «sorvegliato speciale» dei curanti. Il suo cuore, ossia quello del doganiere che glielo donò post-mortem, sembrava essersi adattato anche ai capricci del sistema neurovegetativo. Ma poi vennero le giornate buie, la vita grama assai. L'ospedale fu sempre il suo ricovero. Verso la sua fine a chi gli domandò se avrebbe ripetuto Inesperienza» per sopravvivere ancora due anni rispose sommessamente «no». «Ad un frate — mi aveva del resto detto a suo tempo — la morte non può far paura». Si è parlato di autocritica di Dubost. Pare piuttosto una crisi di coscienza di un sensibile spirito latino, di fronte al ricordo delle soffefereme dei suoi trapiantati. Sollecitato nel Simposio, egli ha aggiunto però significativamente che tra i rischi di infezioni legati al persistente uso di farmaci immunosoppressivi è risultato presente anche quello di virosi a carico del polmone e del sistema nervoso centrale, con le relative durevoli conseguenze che il medico conosce. Ecco perché ora Dubost punta piuttosto sull'im- pegno delle ricerche sul cuore artificiale. Sennonché nell'attuale indisponibilità di uno già applicabile all'uomo (di ultimo grido è quello intracorporeo di Norman, alimentato da energia nucleare e già sperimentato in babuini, al quale si affianca quello dell'italiano ingegner Bosio, sperimentato a Zurigo), ci pare che si possa essere consenzienti sulla conciliante intesa intervenuta tra le opposte posizioni, auspice il magistrale intervento del «moderatore» del Simposio, Paride Stefanini. Si continuino nel frattempo i trapianti di cuore subordinati ad inderogabili necessità, cioè per casi assolutamente irreparabili con terapie mediche o con i più moderni interventi chirurgici conservativi; ma si lìmiti il numero dei Centri a ciò destinati, affinché effettivamente in essi si operi e si attui con la più raffinata ed aggiornata esperienza il lungo controllo delle condizioni post-operatorie, concentrando contemporaneamente le energie contro il fenomeno del rigetto e delle complicazioni infettive e sia inoltre possibile maturare nuovi mezzi per prevedere tempestivamente l'affacciarsi di tali incresciosi eventi, tamponarli sul nascere e rendere sopportabile la nuova vita. Altre riflessioni vertono sui problemi collaterali in attesa di soluzione o di perfezionamento di soluzione. Non sono stati trascurati dal Simposio. Su di essi sono stati apportati anzi validi contributi di studi concernenti, ad esempio, il prelievo, la conservazione ed il trasporto del cuore « donato» e valutato idoneo. Poi sui provvedimenti per evitare il rischio non raro di aterosclerosi coronariche nel cuore trapiantato, anche in soggetti non affetti in precedenza da screzi aterosclerotici. Soddisfacente è stato il chiarimento sul «quando» la situazione di gravità del cardiopatico, le sue condizioni psicologiche e la natura della cardiopatia giustifichino dal lato tecnico e da quello morale questa estrema terapia, fallita ogni altra. Il "dono 99 In quanto al cuore artificiale, nell'attesa del raggiungimento dell'aspirazione di un cuore totale intracorporeo e ad azione permanente, il voto per ora più pertinente è di realizzare un cuore sia pure parziale (e ne siamo sulla via) per supplenze temporanee dell'attività del cuore vero. Si raggiungerebbe praticamente una analogia di possibilità oggi consentite nel campo dei trapianti renali per mezzo del cosiddetto rene artificiale in funzione dialitica. Possibilità soprattutto di attesa della scelta del donatore adatto, di preparazione più esatta e di provvedimenti più cautelativi contro le reazioni immunologiche e possibilità di far riaccedere il paziente ad un nuovo trapianto in caso di fallimento del primo. Il rene Ed ora, mentre per l'ottima riuscita di questo « incontro » ad allo livello va lode al Presidente prof. Paride Stefanini, di fama internazionale nei trapianti renali, ed agli organizzatori, Ente Fiuggi e Centro per l'informazione scientifica del medico, già rivolgiamo l'attenzione al prossimo Congresso della Società italiana dei trapianti d'organo che si terrà a Varese a mezzo settembre. Il cuore vi avrà ancora posto; ma il pro¬ gramma spazia anche dal rene al fegato, dal pancreas al polmone, da intestino a laringe. Tratterà inoltre a fondo l'immunologia dei trapianti, la immunogenetica, la tipizzazione dei tessuti. Infine si soffermerà sulla perfusione e conservazione degli organi. A quest'ultimo proposito conosceremo i risultati della adozione di un particolare apparecchio conservatore del rene. Come è noto il trapianto renale è ormai una terapia quasi di routine, comunque il più sperimentato. Secondo il « Registro mondiale dei trapianti» al 1° marzo di quest'anno il numero dei trapianti renali effettuati risultava 12.669 (riceventi 11.589 poiché in qualcuno il trapianto venne ripetuto): viventi con trapianto 5.000. La sopravvivenza più lunga dopo il trapianto sarebbe stata di 16 anni e mezzo. Le sopravvivenze si ritengono, comunque, di quattro anni in media; le migliori si riscontrano nei casi di trapianti da persona vivente e consanguinea. Mediante, come si è detto, la possibilità d'attesa fornita dal rene artificiale si ha tempo di valutare le caratteristiche antigeniche dei donatori ed altri fattori, quindi la compatibilità con quelli del paziente. Ma non sempre si possono trovare donatori viventi disponibili tra consanguinei e, quindi, generalmente si rende indispensabile il prelievo del rene da cadaveri; di lì l'urgenza della sua utilizzazione nel giro di poche ore prima che si alterino delicate strutture. Di lì il problema della conservazione. L'apparecchio dianzi citato, ideato da Belzer, vanta di poter conservare il viscere in condizioni ottimali per novanta ore, sulla base di uno stato di ipotermia (vale a dire, al freddo) e soprattutto mediante la perfusione dell'organo con plasma ricco dì crioprecipitati, in modo da riprodurre con sufficiente approssimazione le condizioni del rene vitale. Si vedrà al congresso. Di interesse è il fatto che la macchina contiene anche un meccanismo rivelatore del mantenimento o meno della vitalità e della funzionalità dell'organo, rivelando al caso quelle alterazioni microscopiche difficilmente valutabili che sono alla base di molti dei trapianti con esito infausto. Polmone A Barnard durante l'eccitazione del « duello » con Dubost è sfuggito di dire che è pronto ad effettuare, appena il caso si presenti, un trapianto di tutto l'apparato cuore-polmoni. Non sarebbe il primo tentativo; speriamo il suo più felice. Comunque il citato Registro, sempre fino all'inizio di questo marzo dà per effettuati da venti équipes operative complessivamente 32 trapianti di polmone; 32 i soggetti riceventi; viventi con trapianto funzionante zero; sopravvivenze più lunghe dieci mesi. Il primo trapianto polmonare è stato effettuato esattamente dieci anni fa. Nei primi venticinque casi solo sei riceventi sono sopravvissuti più di sei settimane. Alla gran parte degli insuccessi ha contribuito specialmente la difficoltà di mantenere una perfetta asepsi nel polmone trapiantato. Pure al 1963 rimonta il primo trapianto di fegato. Il più autorevole specialista in tale settore si è andato affermando l'americano T. E. Starzl di Denver. Quando lo conobbi anni fa appariva un giovane semplice, schietto e simpatico, brillante nella manipolazione del viscere da asportare al donatore e rapidamente traslocare nel ricevente nel sito lasciato libero dal legittimo estirpato. Mi riferisco al trapianto ortotopico, cioè al collocamento nella sede naturale, implicante una virtuosità chirurgica forse più delicata di quella per il cuore, a causa dei molteplici collegamenti (di arterie, grossi vasi venosi, condutture biliari, legamenti) che occorre dapprima recidere tra il fegato e l'organismo del cadavere e poi ristabilire con quello del ricevente. Fegato E bisogna tener presente che le cellule della polpa funzionale del fegato sono delicatissime e terribilmente sensibili a quella insufficienza d'ossigeno che deriva da una temporanea interruzione del circolo sanguigno. Centoventitré erano sino a tutto gennaio 1972 i trapianti ortotopici, cioè di tal genere, effettuati e trentacinque quelli eterotopici, ossia con fegato collocato in altra sede, nell'addome o altrove, eppoì allacciato ai vasi della coscia. Nel trapianto eterotopico il nuovo fegato si affianca con funzione sussidiaria al fegato malato che non viene asportato ma lasciato in loco. Ecco il rendiconto al primo marzo scorso: 183 trapianti di fegato finora compiuti con 179 riceventi; 15 i vìventi con trapianto funzionante; sopravvivenze massime, più di quattro anni. Al congresso di Varese verrà aggiornata anche la possibilità della sostituzione epatica funzionante temporanea. L'interesse poi convergerà pure sui nuovi tentativi di trapianto del pancreas, le cui prove sperimentali risalgono a molti anni fa, mentre il primo sull'uomo è stato eseguito da Lillehei e collaboratori nel 1967. La natura dell'organo, le facili complicanze oltre, s'intende, ai fenomeni comuni del rigetto, rendono estremamente perplessi gli operatori; tuttavia sinora dieci équipes chirurgiche hanno realizzato complessivamente trentun trapianti di pancreas. Soggetti riceventi trentuno. Attualmente viventi con trapianto funzionante due. Sopravvivenza più lunga un anno e più. Le cifre Portatomi ormai sulla via della citazione di cifre debbo rimontare, per concludere, alla casistica dei trapianti di cuore risultante nel grande Registro mondiale. Da 61 équipes operative sono stati eseguiti 205 trapianti su 202 riceventi, con trenta viventi alla data predetta (primo marzo scorso) con cuore funzionante. Sopravvivenza più lunga quattro anni e mezzo. Il Congresso di Varese coincide, significativamente, con l'apertura della locale Facoltà di medicina. Angelo Viziano Città del Capo. Una foto storica, la prima operazione dì trapianto cardiaco eseguita il 2 dicembre 1967 dal chirurgo prof. Christian Barnard. Sul paziente Louis Washkansky venne innestato il cuore della venticinquenne Denise Ann Darval, morta in un incidente d'auto. Washkansky sopravvisse 19 giorni, ucciso da una polmonite di rigetto

Luoghi citati: Città Del Capo, Denver, Fiuggi, Stati Uniti, Varese, Zurigo