La più grave crisi per Nixon

La più grave crisi per Nixon L'affare Watergate è giunto ad una svolta decisiva La più grave crisi per Nixon Il Presidente è guarito, domani lascia l'ospedale; ha rinunciato a trascorrere un periodo di convalescenza a Camp David, riprenderà subito il lavoro - L'ordine dato agli agenti della Casa Bianca di tacere ha suscitato una tempesta, si chiedono le dimissioni - Un teste dichiara: "Pagammo più di 200 mila dollari per comperare il silenzio delle spie" (Dal nostro corrispondente) New York, 18 luglio. Tra due giorni il presidente Nixon lascerà il Bethesda Naval Hospital per affrontare la crisi più grave del suoi cinque anni di governo. Lo scandalo Watergate, considerato all'inizio un episodio anomalo di spionaggio politico, è divenuto a poco a poco un vero banco di prova della democrazia americana. E' in gioco non solo il futuro politico di « re Ricardo », ma anche il principio delle libertà civili. Non si tratta soltanto più di stabilire se il Capo dello Stato sia o no « colpevole » In senso tecnico, ma di mettere in chiaro se la Costituzione assicura ai cittadini i diritti fondamentali. Siamo costretti a ripeterci. In Europa non si capisce ancora, forse non si capirà mai, il significato dello scandalo Watergate per l'Ameri¬ ca. Ma esso segna la svolta decisiva per questo paese, quasi due secoli dopo la rivoluzione anticoloniale. Nell'espressione, un po' teatrale, della Washington Post, « indicherà se l'America si è avviata o no verso il 1984 di Orwell ». Orwell descrisse una nazione soffocata dall'assolutismo. Al centro dello scandalo Watergate è ora la contesa sui nastri di registratore contenenti tutte le conversazioni del presidente Nixon a partire dalla primavera del '71. Ieri, con una mossa senza precedenti, il Presidente ha ordinato al Servizio segreto, che organizzò l'ascolto e l'intercettazione, di non testimoniare davanti alla Commissione inquirente del Senato. In una lettera al ministro del Tesoro Shultz, il quale è responsabile del Servizio, Nixon ha affermato che «il segreto del potere esecutivo protegge tutte le questioni venute a conoscenza degli agenti nell'esercizio delle loro funzioni alla Casa Bianca». Nixon ha chiesto a Shultz di avvertire la Commissione. Contemporaneamente ha offerto alla stessa di esaminare «eventuali punti controversi sulle procedure in atto nel governo». Gli obiettivi del Presidente sono chiari: da un lato, egli non vuole rendere pubbliche le sue conversazioni sullo scandalo Watergate , dall'altro vuole rivendicare il diritto all'uso dei registratori. Contro Nixon, ha scatenato l'offensiva non solo la Commissione inquirente sullo scandalo Watergate, ma anche il Sottocomitato permanente d'inchiesta del Senato. Il leader della prima, il senatore Ervin, ha scritto al Presidente, «in spirito di collaborazione», chiedendogli un colloquio «al più presto possibile». I nastri di registratore concernenti la vicenda, ha detto Ervin, sono indispensabili se si vuole fare giustizia. Il senatore ha dichiarato ai giornalisti che la Commissione ha dato a Nixon «un periodo di tempo molto limitato per decidersi». Il leader del Sottocomitato permanente, il senatore Jackson, ha annunciato «un'ichiesta sulle intercettazioni telefoniche e gli ascolti abusivi a tutti i livelli », ammonendo che prassi come quelle della Casa Bianca «ledono la libertà d'espressione e di dissenso». Jackson, un violento anticomunista, ha aggiunto con sarcasmo che «cose del genere sono consuete solo nelle dittature all'Est, non nelle democrazie occidentali». L'importanza della contesa è stata illustrata dal Wall Street Journal, un quotidiano che non può essere di certo accusato di ostilità nei confronti di Nixon. Esso ha scritto che l'ostinato rifiuto del Presidente di parlare dello scandalo Watergate accresce solo i sospetti che egli sia colpevole. Il Wall Street Journal descrive la posizione del Capo dello Stato come «insostenibile». E, infatti, egli viene messo sempre più con le spalle al muro. Il «grande inquisitore» della magistratura, Archibald Cox, ha già precisato che metterà le mani sui nastri di registratore «a tutti i costi», ci riesca o no la Commissione senatoriale. Si accumulano inoltre le prove a carico degli ex collaboratori più intimi di Nixon, Bob Haldeman, John Ehrlichman e John Dean, tut¬ ti consiglieri della Casa Bianca, e l'ex ministro della Giustizia Mitchell. Infine, aumentano le proteste dell'opinione pubblica, tra polemiche sulla rimozione del Presidente, o le sue «tempestive» dimissioni. Oggi, al Senato, hanno deposto l'ex avvocato di Nixon, Kalmbach, e un ex agente, Ulasewicz. Il primo ha svelato il testo di una sua telefonata con Ehrlichman, che gli chiedeva di non «coinvolgere» Nixon nello scandalo Watergate. Ha inoltre ammesso di aver pagato 400 mila dollari per boicottare la campagna elettorale di Wallace, il governatore razzista dell'Alabama che sottraeva a Nixon i voti della destra. Il secondo ha raccontato i tentativi, compiuti con Kalmbach, di comprare il silenzio delle spie arrestate a Watergate. «Consegnammo in tutto 219 mila dollari, poi decidemmo di smettere: ne esigevano ancora il doppio, non finiva mai». L'avvocato dava i soldi all'agente, e questi li consegnava in maniere romanzesche alla moglie di una delle spie, la signora Hunt. «Li chiamavamo "biancheria sporca", nel caso che ci sorvegliassero. Li nascondevamo nei depositi bagagli, nelle cabine telefoniche pubbliche, li portavamo nelle borse della spesa, o in pacchetti dì carta». Queste deposizioni hanno fatto passare in secondo piano la notizia della guarigione del Presidente. Al Bethesda Naval Hospital, il medico curante dottor Tkach ha detto che Nixon «si sta riprendendo magnificamente, e rimarrà ricoverato fino a venerdì solo per misura precauzionale». Contrariamente a quanto previsto, non trascorrerà una decina di giorni di vacanza a Camp David, nel Maryland, ma solo il weekend. «Lunedì sarà di nuovo al lavoro alla Casa Bianca». Unica cautela: il Presidente riposerà un'ora alla mattina e un'ora al pomeriggio. Martedì, riceverà lo Scià di Persia. Ennio Carette

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