In bicicletta contro il crimine di Fabrizio Carbone

In bicicletta contro il crimine INCHIESTA SULLE POLIZIE PRIVATE IN ITALIA In bicicletta contro il crimine I metronotte della capitale sono alcune centinaia, divisi fra due organizzazioni Accusati di avere la pistola facile e, alcuni, di collusioni con la malavita, rispondono ricordando i compagni uccisi (cinque negli ultimi 15 anni), quelli feriti, la vita durissima di ogni notte nel confronto col mondo del delitto e del vizio (Nostro servigio particolare) Roma, 18 luglio. Piazzale di Porta Pia, ore 4 dopo la mezzanotte: le «guardie nere» sono davanti al bar «Dell'epoca», che ha le saracinesche abbassate a meta. Sono dieci metronotte, divisi tra quelli dell'«Urbe» e «Citta di Roma». Si distinguono perché i primi hanno la camicia grigia, i secondi azzurra. Fino a qualche anno fa i due istituti di vigilanza che si spartiscono il controllo di Roma si facevano una concorrenza spietata, oggi c'è lavoro per tutti e alla stessa ora l'appuntamento. Nasce un dialogo colorito, sfottente ma rivelatore di una situazione di vita allucinante. Loro sono le falene anticrimine, i padroni della notte di Roma. La scena, illuminata da lampioni al neon, vede personaggi sudati e stanchi alla ricerca di un ennesimo caffè. La bretella diagonale finisce alla cintura dove spicca il fodero nero della Beretta calibro 7,65. L'unica arma che, per legge, possono usare. Sono poliziotti privati Ascoltiamoli. Il più grasso del gruppo, cinquantenne, ex combattente, è anche il più vecchio del mestiere. Parlano senza remore perché fanno un lavoro duro, alienante: soli, quasi sempre, con gli occhi puntati davanti ai fari delle bici, attenti agli angoli delle strade, e con tanta paura addosso. — Voi siete accusati di essere gli uomini dalla pistola facile; di organizzare il racket della vigilanza, di avere contatti stretti con la malavita. Come vi difendete? «Venti minuti fa — mi assale un metronotte giovane — ero all'angolo di via Nomentana e viale Regina Margherita. Erano in due a pulire un negozio; i pali stavano in macchina: un ragazzo e una ragazza che pomiciavano. Non ci ho fatto caso e so' passato accanto. Ho visto la pistola spianata contro di me. Un colpo di clacson e so' fuggiti tutti e quattro, con la "roba". Me volevano investire. Per quelli ci vorrebbe il mitra. Con questa pistola non posso farci nulla; mi serve solo a difendere la pelle». «Lui è giovane — riprende il grassone cinquantenne — e non ha esperienza. Ho fatto la ronda per sei anni al Tiburtìno. E quando vedevo che l'aria si faceva brutta, giravo la bicicletta e prendevo la prima traversa. Da un posto tranquillo chiamavo la polizia. Noi abbiamo il compito più ingrato. Vigilare e servire i clienti che ci pagano e che pretendono il miglior servizio. La nostra divisa non fa paura a nessuno. Non ci dà prestigio ma solo grane: quando spariamo non dovremmo farlo. Ma quando ci sparano addosso nessuno parla, proprio nessuno». Cinque vigili dell'ntTrbe», istituto che dipende dal] 'Associazione combattenti e reduci, ente morale senza fini di lucro, sono morti in servizio negli ultimi 15 anni. Quattro anni fa, al villaggio dei cronisti, Luigi Monconi fu ammazzato da un uomo che aveva sorpreso a pescare pesci da una vasca di un privato. I feriti si contano in media dai 15 ai venti l'anno. Nelle operazioni di polizia non compaiono quasi mai perché non sono i protagonisti. Al massimo un encomio scritto dal questore, come avvenne per Leonardo Biancardino, che collaborò la mattina del primo novembre 1969 alla cattura del marine italoamericano « Raf » Minichiello. Nel grigiore della «routine» capita anche il momento della gloria mondana. La fotografia ha immortalato il sottufficiale del «Città di Roma», Bernardini che scortò Brigitte Bardot in uno dei suoi soggiorni romani. «Ma le pecore nere esistono in tutte le famiglie» dice il colonnello a riposo, Tancredi, che dirige gli uomini del «Città di Roma», società a responsabilità limitata che ha in mano 40 mila contratti all'anno tra privati, enti pubblici, banche. «Abbiamo circa 500 uomini. Li assumiamo dopo rigorosi accertamenti e tre mesi di addestramento. Contratti sindacali ci impediscono una visita psico-fisicoattitudinaria. L'uomo che mandiamo in giro potrebbe quindi essere preso dal "raptus" e sparare, solo temendo un'aggressione. Ma non possiamo prevederlo. L'80 per cento dei vigili è insospettabile. Alcuni invece sono stati scoperti con le mani nel sacco, dai loro stessi colleghi». Tancredi mi mostra il libro che raccoglie tutti i rapporti di lavoro: «In base a quanto riferito — dice — e ai nostri accertamenti, provvediamo a punire o premiare». Il colonnello, già ufficiale di pubblica sicurezza, oggi a riposo lavora senza percepire stipendio, ha un aspetto giovanile, scattante. Nega in modo categorico che i suoi dipendenti possano organizzare racket e ricattare i commercianti, gli inquilini presi dal panico di un furto nello stabile. «Se questo poteva accadere — risponde — lo abbiamo evitato dividendo il compito dei vigili: quelli che stipulano contratti non girano; questi ultimi non avrebbero nessun interesse a favorire ì furti per poi guadagnare la percentuale sui contratti. Come in ogni lavoro ci sono i lavativi e i disonesti. Da 2 anni e 4 mesi che sono a questo posto abbiamo avuto due decessi». Uno di questi è misterioso: pochi giorni fa alle cinque di mattina un vigile ha trovato la morte sul raccordo anulare. Ha sbattuto con la moto contro un palo. Non sembrano esserci tracce di sbandate e l'inchiesta è arenata. Potrebbe essere stato un regolamento di conti? I poliziotti deH'««Urbe» sono per metà combattenti e re¬ duci: la vecchia guardia dei cinquantenni vicina alla pensione; vengono gli orfani di guerra, gli ex agenti di p.s. e gli invalidi di guerra, per servizio e del lavoro. C'è un'ultima fetta di profughi. I metronotte di «Città di Roma» devono essere orfani di guerra, e partono con stipendi di 150 mila mensili, ingrossato da straordinari e indennità a seconda del mezzo che usano, di loro proprietà. I privilegiati sono gli uomini dell'«Uber», l'istituto con sede propria in viale Trastevere (una palazzina moderna a sei piani) e presieduto dall'onorevole democristiano Ruggero Villa. Si parte come mensile base dalle 225 mila lire. «Era meglio che fare il poliziotto ufficiale ma sono andato via lo stesso. Vivevo solo al Testaccio e quando tornavo a casa alle 5. crollando dal forano, pensavo di essermela ca¬ vata ancora una volta. Tante volte — dice un giovane di 27 anni che ora fa l'operaio specializzato a Latina — sono corso dietro a ladri, senza accorgermi che era gente che conoscevo, del quartiere. E quante volte mi sono sentito insultare. Ti prende la paura e la mano va a finire alla fondina. E non ci vedi più dalla rabbia ». E' il metronotte onesto, costretto a un lavoro che lo mette a confronto con il rapinatore, il lenone, la prostituta. Chi non lo è passa dall'altra parte. L'ultimo caso è clamoroso. Il 2 luglio doveva celebrarsi in corte d'assise un processo, rinviato poi a nuovo ruolo. Un metronotte, pistola alla mano, aveva assalito un suo collega, mentre compiva un furto con complici civili, al vivaio di piante della Sgaravatti. Fabrizio Carbone

Persone citate: Beretta, Brigitte Bardot, Leonardo Biancardino, Minichiello, Raf, Ruggero Villa, Sgaravatti