Latina: lezione alla tv per l'ateneo fantasma

Latina: lezione alla tv per l'ateneo fantasma PROPOSTA UNA UNIVERSITÀ VIA CAVO Latina: lezione alla tv per l'ateneo fantasma Registrato un corso su nastro televisivo, si progetta di trasmetterlo ai "terminali" delle sedi decentrate, dove interverrà un assistente - Messa a punto la parte tecnica; perplessità e riserve nel mondo accademico (Dal nostro inviato speciale) Latina, 17 luglio. In mancanza d'una vera università, a Latina, capitale della Ciociaria, hanno deciso di affidarsi alla televisione. Via Teulada non c'entra. Si tratta, invece, di applicare i ritrovati della tecnica ed i procedimenti di trasmissione delle immagini a un progetto di ateneo decentrato; qualcosa di simile alla «open university» già esistente in Gran Bretagna. Mancano aule e strumenti didattici, i professori sono latitanti, la legge impedisce nuove Università consentendo solo il frazionamento di quelle, straripanti, già esistenti? Non fa nulla. Nel centro laziale a una sessantina di chilometri da Roma son sicuri d'aver trovato il toccasana per curare molti mali della nostra Università, in attesa che arrivi la riforma a sistemare definitivamente ogni cosa. E' sufficiente — dicono gli ideatori del progetto — imprigionare su un nastro televisivo la lezione accademica che l'insegnante celebra in cattedra, di solito con rito trisettimanale. Poi trasmetterla a distanza (possibilmente via cavo, altrimenti su apparecchi collegati a un videoregistratore) come un qualsiasi festival di canzonette alle migliaia di studenti appollaiati davanti al video. Quegli stessi che oggi sono costretti a bruciare le loro giornate su affollatissimi treni pendolari per partecipare alla cerimonia d'obbligo che li vede spettatori passivi: un professore che parla vicino alla lavagna, e centinaia che ascoltano, prendono appunti, tentano di capire quanto sta spiegando. La lezione su video viene ricevuta in appositi centri di ascolto (a Latina dovrebbe sorgere il primo; gli altri in seguito, nelle varie località del Lazio) forniti anche di una apparecchiatura ricetrasmittente per i contatti con i professori. A fine proiezione, chi ha dei dubbi può far domande a distanza col protagonista televisivo della lezione, utilizzando una delle bande di frequenza impiegate dai radioamatori. Oppure, se preferisce il contatto diretto, potrà rivolgersi all'assistente, che dovrà essere presente in ogni sede decentrata dell'Università. Questo, sulla carta, il progetto. Per vararlo a Latina attendono però qualcosa di più che non il semplice interessamento delle autorità accademiche romane: il solo « segno » che finora pare sia stato manifestato. «I soldi, dice l'avvocato Ezio Lucchetti, presidente della Camera di commercio, l'ente che sta portando avanti l'iniziativa, già ci sono, e da parte nostra c'è anche tutta la determinazione necessaria. Adesso occorre partire. Dal momento che non è possibile per ora creare una Università di tipo tradizionale a Latina si dovrà almeno cercare una soluzione intermedia, che consenta agli studenti sacrifici minori di quelli attuali. Pensiamo ad una forma di " ripetizione " accademica che possa sostituire talune lezioni teoriche. Inutile farsi illusioni: già oggi allo studente è impossibile partecipare in maniera diretta, da protagonista guai è, alle spiegazioni di massa impartite dagli insegnanti. Tanto vale — finché resta questa situazione — ridurre i disagi di chi deve frequentare ì corsi consentendogli di assistere alla parte teorica di alcune materie standosene nella sua città, davanti a un televisore. Per esami ed esercitazioni pratiche dovrà poi andare all'Università, nella sede centrale ». Già da tempo Latina s'ingegna per surrogare come può la mancanza d'un ateneo. L'anno scorso, e per tutta la durata dei corsi accademici, furono tenute nel cuore della Ciociaria lezioni informali di anatomia e pedagogia da parte di assistenti universitari dell'Università di Roma: qualcosa di simile a un seminario di studi decentrato in periferia. Anziché far spostare una cinquantina di studenti per convogliarli in una aula già gremita, era stato lo stesso insegnante a recarsi in provincia. Nell'attesa che il progetto di un'università televisiva a distanza vada in porto (già sono stati richiesti alcuni imprimatur d'obbligo, ma occorre qualcosa di più: la piena adesione, se non l'entusiasmo, delle autorità accademiche) continuano gli esperimenti per mettere a punto la parte tecnica. L'ultimo è stato tenuto proprio nei giorni scorsi, nella sede della Camera di commercio di Latina, un edificio modernissimo, aria condizionata, soffici moquettes e pareti imbottite. Alla presenza di un gruppo di studenti sono state proiettate lezioni che due insegnanti dell'ateneo romano, il professor Pasquale A vitto, della clinica ostetrica, e il professor Nunzio Jucci, della facoltà di Fisica, avevano in precedenza registrato. Al pianterreno era sistemata la sala d'ascolto, con televisori e apparecchiature di trasmissione; al quarto piano il centro di controllo. «Dal punto di vista tecnico, spiega Adalberto Turriziani Colonna, amministratore della società che si occupa di questo programma, siamo già a posto. Siamo in grado di coprire tutto il Lazio: forniamo trasmissioni registrate nel nostro studio o dal vero, in aula, stabilendo un contatto radio per collegare insegnanti e studenti e consentire un dibattito a distanza». L'ideale per coloro che hanno preso in mano il lato economico dell'iniziativa è (non ne fanno mistero) riuscire a realizzare una sorta di università televisiva autonoma, in grado di confezionare lezioni, programmi e materiale didattico. Non si sa bene se al servizio o in concorrenza con la nostra decrepita Università. Partendo da Latina la « open university » all'italiana potrebbe estendersi alle altre località del Lazio che non possono ragionevolmente nutrire speranze di nuovi atenei: Viterbo, Rieti, Prosinone. Poi, se la formula funziona, via libera sul grande mercato nazionale dell'istruzione. Di costi si parla poco e a denti stretti. Pare comunque che per ogni punto di ascolto sia necessaria una spesa di circa tre milioni. Il costo di un intero ciclo di lezioni per una facoltà come medicina è di quattro milioni e mezzo: in media, cinquantamila lire l'una. L'idea di affidare al piccolo schermo un importante ruolo nel settore dell'istruzione è portata avanti anche in Emilia. La Regione vuole costituire un sistema di cable television per collegare scuole, istituti di ricovero, ospedali per lungodegenti. A chi è costretto a starsene settimane o mesi immobilizzato su una brandina si vuol of¬ frire, come lato per così dire positivo della sua disavventura, la possibilità d'imparare qualcosa di nuovo, che possa restare nel tempo: un corso rapido per diventare elettricista, contabile o floricoltore. Se mai saranno superate le difficoltà burocratiche e psicologiche che possono ostacolare la nascita d'una università televisiva, altre sono già in vista legate soprattutto alla natura del nostro tipo d'insegnamento su¬ periore. Dicono i tecnici, ad esempio, che è difficile trovare un docente universitario che riesca a « rendere » bene in tv, catturando l'attenzione degli studenti con un'esposizione brillante. «Il guaio è che sono tutti troppo professori», dice un esperto di programmi televisivi. L'ingresso delle telecamere nelle aule universitarie potrà forse offrire al mondo accademico un'occasione per aggiornarsi. Giorgio Battistini

Persone citate: Adalberto Turriziani Colonna, Ezio Lucchetti, Giorgio Battistini, Nunzio Jucci, Viterbo