Chi deve operare le scelte

Chi deve operare le scelte Il problema più grave della società attuale Chi deve operare le scelte Crisi dell'energia, alimentazione, malattie, inquinamento; a chi spetta dirigere lo sforzo dei ricercatori, indirizzare gli studi? Ai filosofi, agli scienziati, ai politici? - Necessaria la collaborazione internazionale - Recente congresso In una recente inchiesta previsionale condotta negli Stati Uniti e rivolta a differenti strati sociali, è stato chiesto di indicare quale sia il più grave problema che la società ha di fronte. Come era logico attendersi, non vi è stata una concordanza di risposte: per i tecnici il problema più grave è quello della crisi di energia; per i militari quello della difesa nazionale; per i biologi quello dell'alimentazione; per altri quello dell' incremento demografico, della polluzione, delle malattie incurabili. E' evidente, quindi, che di fronte alla molteplicità di opinioni (e ne abbiamo anche noi, tutti i giorni, esempi diretti) circa la priorità da dare alla risoluzione dei molti e gravi problemi che incombono, si auspichino scelte oculate e generalizzate su scala mondiale. Ma a chi spetta operare tali scelte? Agli scienziati? Ai tecnocrati? Ai politici? Ai filosofi? Il congresso della «International Society for Technology Assessment » tenutosi il mese scorso ad Hague, sulla Manica, con vasto concorso di eminenti personalità scientifiche ed umanistiche, ha cercato di gettare le basi per una « organizza¬ zione» della tecnologia, al fine di individuare indirizzi comuni sui quali concentrare gli sforzi di tutti per la risoluzione di determinati problemi. Il livello odierno delle conoscenze ed i mezzi di cui può disporre l'uomo sono tali, infatti, che moltissimi problemi tuttora insoluti potrebbero — quasi certamente — giungere a soluzione se affrontati in maniera adeguata e con il concorso di tutti. Anche se il congresso di Hague è stato definito « un'orgia di parole », esso va considerato come il primo coraggioso tentativo di porre l'umanità di fronte ai compiti che l'attendono — e non è presto per farlo — al fine di assicurarle la sopravvivenza e, forse, una vita migliore. Può già considerarsi un successo l'aver avviato una discussione tra i « decision makers » di molti Paesi, ed aver tenuto a battesimo una nuova disciplina scientifica che dovrà valutare l'influenza della tecnologia sulla società attuale e futura. Il fatto che siano mancate, sinora, delle indicazioni pratiche universali ed una identità di vedute, non infirma, a nostro avviso, la validità del concetto secondo il quale la te¬ cnologia — ormai adulta e pericolosamente potente — non può più essere lasciata nelle mani di pochi uomini il cui punto visuale è talvolta influenzato da aberrazioni professionali o di parte. Al tempo stesso, la collaborazione multinazionale può consentire, a differenza degli sforzi isolati, il raggiungimento rapido e completo di obiettivi di grande aspettativa. Per i pessimisti, il coordinamento della tecnologia è un mito; per altri (con i quali concordiamo) è una entità opportuna oggi, indispensabile domani. Secondo S. Aegerter, della Fondazione Nazionale Svizzera delle Scienze, tale coordinamento deve essere credibile, cioè completo e comprensivo; e per essere comprensivo deve risultare sistematico, quindi basato su metodi rigorosi. D'altra parte, il prof. R. Baum del «Rennselaer Polytechnic Institute » (Usa) ha affermato che la scienza non è di per sé obiettiva, e che sono gli uomini a doverne giudicare l'obiettività. In altre parole, non si può far ricorso ad una metodologia disumanizzata, né si deve dimenticare «il buon senso ». Gino Papuli

Persone citate: Baum, Gino Papuli, Hague

Luoghi citati: Stati Uniti, Usa