Il Plauto di Buazzelli

Il Plauto di Buazzelli "Pseudolo,, nella cornice del Rignon Il Plauto di Buazzelli L'attore romano ha scelto, interpretato e diretto la commedia dello scrittore classico - Un istinto malvagio anima il protagonista - Portata all'esasperazione la carica farsesca dell'opera Le stagioni teatrali all'aperto hanno, da noi, due precise e inderogabili caratteristiche: i temporali che falcidiano i bilanci degli enti che le organizzano (ma non delle compagnie: piova o non piova, sono pagate, come è giusto, lo stesso) e le commedie di Plauto. Quest'anno, per tacere di certi scempi che si consumano di solito da Roma in giù, i Plauti sono almeno due: un Miles gloriosus che Foà va portando in giro per la penisola e lo Pseudolo che Buazzelli ha presentato l'altra sera, e ancora replica stasera, al parco Rignon. Tino Buazzelli, romano, nutre una vera passione per l'umbro Plauto: da quattro o cinque estati ormai, è lui che sceglie il testo (affidandosi per la traduzione a un insigne studioso come Ettore Paratore), è lui che lo mette in scena, è lui che ne interpreta il personaggio principale. E' un po' la sua beneficiata, la cornice essendo abbastanza dimessa e l'esecuzione abbastanza approssimativa. Per carità, non che si chieda un rigore filologico, del resto impossibile: bravo chi sa come Plauto veniva rappresentato e più bravo ancora chi riesce, oggi, a rappresentarlo. Anche questo Pseudolo, composto in età matura e fra le migliori, a detta dell'autore stesso, delle commedie plautine, e il testo del quale è giunto a noi meno guasto e incompleto di altri (si sa persino la data della prima rappresentazione, 191 a.C, sebbene alcuni filologi cavillino che forse è la data di una ripresa), risulta poi in palcoscenico piuttosto sgangherato e meno per le interpolazioni e le esuberanze buazzelliane, le une in verità meno vistose di quanto si immagini e le altre rattenute da una lodevole autodisciplina, che per l'elementarità delle situazioni e la grana piuttosto grossa della sua comicità. Quante volte nelle commedie di Plauto il servo astuto e briccone si adopera per il padroncino innamorato e scialacquatore contro l'arcigno e taccagno padre di questi? Anche qui tutta la vicenda consiste negli stratagemmi di Pseudolo per procurare al piagnucoloso Callidoro, senza sborsare un soldo, la ragazza di cui il giovane è invaghito sottraendola al ruffiano Bainone che l'ha già quasi venduta a un soldataccio. Ma se lo schema, indubbiamente ricalcato su un modello greco, forse Menandro, è sconnesso e stereotipato, i personaggi che lo riempiono hanno una vivezza, e anche una finezza psicologica, che costituiscono i veri pregi della commedia. Specialmente il lenone è una figura così riuscita nella sua torva e sfrontata furfantaggine che il grande attore romano Roscio preferiva questa parte a quella di Pseudolo. Ma anche altre figurine sono da Plauto ben delineate, per tacere del protagonista nel quale Buazzelli, come attore, mette una punta di allegra cattiveria che gli si addice anche se poi, come regista, preferisce buttare tutto in farsa, o addirittura sul circo quando si raddoppia, in singolare contrasto con la sua corpulenza, in uno smilzo giocoliere-clown (Guglielmo Mulasso) che, con lazzi più o meno freschi, interferisce continuamente nell'azione, o sul music-hall con ì balletti di cinque prosperose fanciulle che, per quanto siano firmati da un coreografo, Enrico Sportiello (le musiche sono di Romolo Grano), smuovono imbarazzanti ricordi dell'avanspettacolo. Ma che soprattutto si tratti, suppongo intenzionalmente, di una farsona lo conferma, oltre alle violente truccature, ma talvolta Buazzelli usa veri e propri mascheroni, e agli stravaganti costumi (di Nino Ghiazza come la scenografia), la recitazione esagitata e cari\cata di Leo Gavero, Roberto Paoletti, Enrico Poggi e di altri attori (unica e rapida apparizione femminile, con le danzatrici, la giovanissima Gloria Ferrerò) che strappano al pubblico applausi e risate alla buona. (Un amico, che abita all'altro capo della città e non ha la macchina, mi chiede come può andare al parco Rignon. Gli spiego che cos'è il decentramento e aggiungo che ci sono gli autobus, il guaio è che gli spettacoli cominciano sempre in ritardo, l'altra sera quasi alle dieci e mezzo, e finiscono quando l'ultima corsa è passata da un pezzo). Alberto Blandi

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