Festa del Piemonte

Festa del Piemonte LA CITTA' E LA REGIONE Festa del Piemonte E' cominciata ai primi di luglio ed ha il momento culminante oggi e domani a Ceres e a Lanzo • Ricerche di scolari sui proverbi, usi e costumi - Le città che potevano battere moneta Sesta «Festa del Piemonti), manifestazione che con gli anni si è allontanata sempre più dal tradizionale ricordo della battaglia dell'Assietta (19 luglio 1747: un migliaio di soldati piemontesi fermarono l'esercito francese che scendeva su Torino) per assumere il significato di unione di tutto un popolo intorno alle sue tradizioni, alla sua storia. Si è cominciato nel 1968 al santuario di Graglia Biellese per iniziativa della «Companla dij Brande» che intendeva far rivivere per un giorno gli antichi usi e la lingua piemontese e si è finito quest'anno nella Valle di Lanzo con manifestazioni e incontri che si protraggono per un mese intero. Oggi e domani il culmine, a Lanzo, con discorso del presidentte del Consiglio regionale, avvocato Gianni Oberto, piemontese di antico stampo. La storia del Piemonte, le tradizioni, la lingua, sono ancora radicate, oggi che tutti parlano italiano? Certo, se si resta in città, il risultato è deludente, ma basta allontanarsi e ci si accorge ohe qualcosa è rimasto. Anche per merito di alcuni benemeriti ricercatori che hanno convinto prima i ragazzi delle scuole, poi gli insegnanti a riscoprire il perché di certi atteggiamenti, di certi costumi, di certe usanze che ancora sono vive. Leggende A Lanzo è aperta una mostra di questi lavori, disegni e scritti nei quali abbondano anche proverbi dimenticati. Tre bambine di Cordo presentano cosi la loro ricerca (in dialetto con traduzione a fianco): «Dapprima il nostro compito è stato molto difficile, perché i nostri nonni, genitori parenti e conoscenti o non prendevano la cosa sul serio oppure ci rispondevano che non ricordavano nulla. Non ci siamo perse d'animo e piano piano, con pazienza e delicatezza abbiamo scavato nella loro memoria, finché sono venute fuori delle buone cose. Ci siamo recate nelle borgate vicine per poter vedere personalmente costruzioni e attrezzi e così " dal vivo " è stato tutto molto più interessante». Hanno scoperto, tra l'altro, un oggetto misterioso che i vecchi chiamano « La tenebra ». E' nient'altro che la raganella e le bambine hanno appreso dalle nonne che serviva per i loro modesti giochi, ma veniva anche usata in chiesa il Venerdì Santo (venerdì delle tenebre, di qui il nome) in sostituzione della campanella. « Ora nessuno più la usa, commentano le tre bambine, nemmeno la Chiesa ». Tra i proverbi ha grande successo: « Quand 1 sol s'abasa, 'l poltron s'amasa», quando il sole tramonta il poltrone si ammazza di lavoro, per far vedere che è stato attivo tutto il giorno. « Questi ragazzi — dice la dott. Poggetto, direttrice della biblioteca civica di Lanzo — hanno scoperto con le loro ricerche il perché di certi metodi ancora in uso per la fienagione e il trasporto del fieno, hanno trovato la risposta a molte domande che si facevano passando davanti alla "ca dèi pan" o sentendo certe espressioni in dialetto che soltanto certi vecchi usano ancora ». C'è l'intenzione di raccoglierle in volume, perché di questa « Festa dèi Pie- 1 • rimanga un ricordo tangibile. diurne sono già state raccolte, a Viù, le musiche delle quindici versioni della t Corenta », il ballo tradizionale della località. « Si ballava anche la quadriglia — dice la prof. Ada Cane, animatrice di queste iniziative — più di cent'anni fa e siamo riusciti a ricavarne la musica dai ricordi di un vecchio contadino che l'aveva sentita cantare dalla nonna. Anche per le versioni della Corenta non c'era partitura scritta, ma se la tramandavano i musicanti di padre in figlio come segreto di famiglia. Il maestro e il fisarmonicista del gruppo folkloristico le hanno trascritte e così abbiamo conservato una testimonianza culturale della nostra valle ». Queste ricerche non sono fatte dai ragazzi, ma da persone adulte appassionate delle antiche tradizioni. Le giovani del gruppo folkloristico hanno in corso un'altra iniziativa: fotografano tutti i piloni votivi che ci sono sulle sperdute mulattiere e tutti gli angoli caratteristici che hanno saputo resistere alla avanzata di villette e condominii. Su un vecchio camino si scorge quello che può essere considerato l'antenato della moderna segnaletica stradale: un uomo indica col braccio teso a un viandante la strada per una frazione. Anche i ragazzi delle scuole hanno fatto le loro ricerche e in molte spuntano le « masche », le streghe. Paese di agricoltori, ma anche di minatori, Viù non poteva tra¬ scurare queste figure femminili che vivono negli antri bui. Un ragazzo ha raccolto una storia che parla di un caprone che bloccava l'uscita della miniera. Fu ucciso e « dal suo ventre uscirono le masche ». Le quali ballavano alla luce della luna o, quando non c'era, rischiarandosi con dei lumi che non erano altro che le lanterne dei minatori. La « corvée » della miniera assumeva questa fantastica trasformazione, buona per mandare i bambini a letto presto. Non era stato ancora inventato Carosello con il famoso invito di Topo Gigio. Ma nella « Corenta dei minatori », una delle tante versioni del ballo, i danzatori tengono in mano una lanterna. Chi, se non gli specialisti di numismatica, avrebbe mai pensato che il Piemonte contasse tante zecche? In passato Alessandria, Arquata, Asti, Aosta, Avigliana, Biella, Carmagnola, Casale, Campi (provincia di Pavia), Chivasso, Orevacuore, Cuneo, Desana, Frinco, Ivrea, Masserano, Montanaro, Novara, Passerano, Susa, Tassarolo, Tortona, Valenza, Vercelli, battevano moneta per privilegi imperiali o regali. Alcuni esemplari sono esposti nella mostra che il Circolo numismatico di Lanzo ha allestito per questa Festa. Di altre zecche: Alba, Cisterna, Cortemilia, Busca, Benevello, Varce non è stato possibile reperire esemplari, che sono rarissimi. Le monete Una delle monete più interessanti, che l'organizzatore iella mostra, Attilio Bonci, definisce « estremamente rara e di ottima conservazione » è il « denaro » di Emanuele Filiberto, battuto in seguito a un'ordinanza dell'I 1 dicembre 1541. E' la prima moneta nella quale compare 10 stemma del Piemonte: lo scudo con la croce sormontato dal lambello a tre gocce. Un'altra moneta curiosa è 11 « Luigino » coniato ad Arquata nel 1669. Corrispondeva a un dodicesimo di scudo, cioè a mezza lira ed era particolarmente ben accetto sui mercati del Levante. Proprio per questo motivo fu molto contraffatto sia nel conio che nella lega d'argento di cui era composto. Ancora una moneta: il « 10 soldi » di Carlo Emanuele III coniato ad Alessandria nel 1746 durante l'assedio delle truppe franco-spagnole. La città fu liberata il 10 marzo 1746 dopo sei mesi di fiera resistenza e il dieci soldi cessò il suo corso. Per questo è oggi rarissimo. Si potrebbe continuare, le monete esposte sono 98 e ciascuna ha una sua storia, un pezzo di storia del Piemonte. Domenico Garbarino 11 «Filiberto» del 1S41