Montevideo: gli aperai sono ritornati al lavoro

Montevideo: gli aperai sono ritornati al lavoro Dopo 15 giorni di sciopero in Uruguay Montevideo: gli aperai sono ritornati al lavoro Termina così il lungo braccio di ferro tra il regime e i sindacati - Un incontro segreto -1 rappresentanti dei lavoratori rifiutano un impegno a non scioperare per 180 giorni in cambio della libertà per gli arrestati Montevideo, 12 luglio. I lavoratori uruguaiani in sciopero sono tornati al lavoro oggi, dopo che il sindacato « Cnt » (che era stato posto fuorilegge dopo il «golpe») ha revocato l'astensione dal lavoro. Era ormai da quindici giorni che i lavoratori, in segno di prò* testa contro il nuovo regime nato dal colpo di Stato appoggiato dai militari, si astenevano dal lavoro. La sera di mercoledì, poche ore soltanto dopo che lo sciopero è stato revocato, il governo di Juan Maria Bordaberry si è impegnato a concedere la formazione di sindacati « liberi, forti e autentici». Dopo una riunione svoltasi in segreto mercoledì (erano stati spiccati mandati d'arresto contro cinquantadue esponenti della « Cnt »), l'organizzazione sindacale ha definito «misura tattica» la sospensione dello sciopero. Il sindacato ha dichiarato che l'astensione dal lavoro ha saputo conferire «maggiore corresponsabìlizzazione» alle masse, e ha «compromesso l'immagine» del governo, sia in patria che all'estero; ha aggiunto che la ripresa delle attività nelle fabbriche e negli uffici non costituisce una sconfitta, bensì «un altro passo nella battaglia contro il regime ». Nell'incontro segreto c'erano esponenti politici e sindacali, da un lato, e autorità militari e civili del regime, dall'altro, nel tentativo di far ristabilire le «libertà civili, revocate dal regime d'ispirazione militare». Fonti bene informate hanno riferito che gli esponenti civili erano tre, guidati dall'ex ministro della Difesa e delle Finanze, Armando Malet. L'attuale ministro dell'In- terno, Nestor Bolentini, ha confermato lo svolgimento dei colloqui, ma si è rifiutato di aggiungere commenti. Sia i sindacalisti, sia i politici, hanno chiesto il rilascio delle migliaia di sindacalisti e manifestanti arrestati, e il ritorno di almeno alcune componenti di vita democratica, come condizione per la fine della vertenza. n sindacato, a Incontro trascorso e sciopero revocato, ha detto di aver rifiutato un'offerta governativa, che chiedeva un impegno a non scioperare per centottanta, giorni in cambio della liberazione degli arrestati, del ripristino dei diritti sindacali e della revisione degli accordi salariali. L'astensione dal lavoro ha colpito molti interessi vitali del paese, e numerose migliaia di dipendenti hanno ignorato un decreto governativo, che minacciava il licenziamento, e la perdita della retribuzione finora maturata e non incassata, qualora non fossero tornati ai posti di lavoro subito. Si ha notizia che alcune industrie hanno approfittato del decreto governativo per licenziare i dipendenti « in eccesso ». Fabbriche e punti strategici, come i depositi del materiale rotabile, sono stati occupati dalle truppe. I lavoratori dell'unica raffineria di petrolio dell'Uruguay sono stati arruolati nell'esercito, rischiando cosi il tribunale militare se avessero continuato a rifiutarsi di lavorare. La «Cnt» ha dichiarato: «Nelle circostanze attuali, la continuazione ad oltranza dello sciopero non faceva che usurare le nostre forze, e consolidare quelle dell'avversario ». Alcuni ambienti sindacali ritengono che, malgrado il ritorno al lavoro, la « Cnt », disciolta ufficialmente subito dopo il « golpe », non sarà « riabilitata ». Secondo gli osservatori, la fine dello sciopero generale non significa la fine della crisi che il paese attualmente attraversa. Negli ultimi giorni la tensione è fortemente cresciuta, in seguito all'arresto dei principali dirigenti del «Frente Amplio » (il fronte delle sinistre) e del partito «Bianco », senza contare lo stato di detenzione del militanti d'opposizione. ( Ansa-Reuter )

Persone citate: Juan Maria, Malet, Nestor Bolentini

Luoghi citati: Montevideo, Uruguay