Dire amante e fuori moda di Lietta Tornabuoni

Dire amante e fuori moda IL COMPORTAMÉNTO DEGLI ITALIANI INNAMORATI Dire amante e fuori moda pochade" o aure peccaminose; adesso, con spregiale testano più o meno quelli di sempre, mascherati da anche se nessuno osa confessare le "esigenze del cuore" Roma, luglio. L'amante non c'è, nella geografia malsicura e intricata del nuovo costume amoroso: o almeno nessuno vuole ammetterne l'esistenza, quasi tutti ne rifiutano l'identità. « Ma perché usa una parola simile, "amante"? », si risente uno dei molti intervistati infastiditi. Perché no? « Fa pensare a un signore in vestaglia e con il foulard di seta che si affanna con lo spruzzaprofumi a imbalsamare la garsonnière completa di dolci, champagne, musica mielata: un seduttore comico, alla Dapporto. O fa pensare al signore in mutande, chiuso dentro l'armadio, accoccolato sotto il letto, sorpreso tra le lenzuola, schiacciato dietro la porta, eroe buffonesco di milioni di vignette cretine. O fa pensare ai girotondi ilaro-frenetici di Feydeau, alle mutrie tragico-sentimentali dei vecchi film di Hollywood. La parola "amante" è buffa, è antiquata; nel caso migliore, ha un suono losco ». Può darsi: ma almeno è chiara. « Mica tanto ». Il "fidanzato" Ha ragione lui. La figura dell'amante, un tempo così netta nella tradizipne e nella letteratura amorosa drammatica o comica, ha perduto i suoi contorni e rischia di perdere persino il nome. Viene Infatti definito oggi «amico» (mai: « l'amico »); viene magari definito, rifacendosi ironicamente alla cautela ipocrita con cui i rotocalchi illustrano legami tra personaggi famosi, «fidanzato»; viene definito a volte dalle donne,' con'disperata presunzione più che con esattezza, «il mio»; viene soprattutto definito, in una [Vertigine di genericità, « uno ». Tra i giovani della borghesia urbana che « fa il costume»^ la confusione dei termini'rispecchia, oltre ài ripudio dello svilito linguaggio dei padri e ad un pudore riduttivo o pavido, la indeterminatezza della realtà, la gran confusione contemporànea dei, ruòli passionali. ' «Vuol chiamare amante ìiiio che fà.'l'ànióré"còffyha ragazza o vive con lèi senza averla sposata? Assurdo. Sono due che stanno insieme, e basta», polemizza un altro intervistato, sulle svine. L'argomento rende nervosi quasi tutti gli uomini interrogati, li costringe in un silenzio caparbio oppure li spinge a spiegazioni e allocuzioni loquaci. Questo, fortunatamente, è del genere ciarliero: « Per esempio: io ho un'amica. La conosco da anni, da molto prima di sposarmi. Anni fa ne ero innamorato, ora non più. Ma le voglio bene, è una ragazza simpatica, è sexy. Qualche volta, raramente, con intervalli anche lunghissimi, quando e se capita, se e quando lo desideriamo, facciamo l'amore. Secondo' lei, io sarei l'amante di questa ragazza? No, sono suo amico: e chi ha stabilito che l'amicizia escluda altri rapporti? Secondo esempio: mi succede, ogni tanto, di conoscere donne, di èsserne attratto, di andarci insieme una, .dite,, cinque. voltjev di non .vederle", più. àòna,li'loro fiw^^.flp.; Insomma,,.mettere, agli. uomini l'etichetta di fidanzato, marito o amante mi sembra impossibile e impreciso». Marito in più Sì potrebbe forse continuare a classificare come « amante » quello classico: colui cioè che ha una. relazione amorosa e sessuate con una donna sposata o convivente, essendo magari a sua volta convivente o sposato? Macché, neppure quello: «Sono tipi inesistenti, e se esistono hanno certo' più di quarant'anni. Quando si può divorziare, che bisogno c'è di tenere in piedi pasticci simili?». , Ha torto. Il divorzio, an¬ che se fosse più rapido o costituisse già un'abitudine nel costume amoroso italiano, non basterebbe a cancellare l'aspirazione. comune a uomini e donne delle ultime generazioni, forte di ógni generazione: volere tutto. Nel desiderio di non scegliere, di non rinunciare à'itulla, l'amante' "innominata** 'diventa un marito alternativo, oppu- "■ TeWfwrifo ìnffl?'^' Còme marito alternativo; l'amante ha perduto certe sue antiche caratteristiche: avere sempre, per esempio, una moglie malata o almeno frigida; salvaguardare l'unità familiare esclusivamente per il bene dei figli; sentirsi incompreso; darsi alla latitanza durante vacanze, «ponti», domeniche ed altre festività; dimenticare in tasca con funeste conseguenze lettere d'amore, rivelatori biglietti di cinema, eloquenti conti d'albergo; essere soggetto a repentine crisi etiche e tardivi rimorsi di coscienza. In compenso, ha spesso acquisito tutte le caratteri-stiche che il giovane marito ■ contemporaneo non ha più: è protettivo, autoritario,, geloso, possessivo, ardente e antifemminista. Accanto a lui le giovani mogli ritrovano con vile sollievo la parte più succuba e debole di sé, smettono di essere, autonome e indipendenti, si abbandonano alla volontà itltrui, si TastìàM'gUiOetre'e'tomandare cóme non consentirebbe'Wytài'àl mimiój'' Come marito in più^ l'amante è protagonista dei grovigli complessi, dei legami intricati che avvincono il rapporto a tre: o anche a quattro, a cinque.'«A dirlo sembra chissà cosa », riflette uno di loro. « Invece tutto succede molto semplicemente, molto naturalmente. Ci si conosce, si diventa amici, si fa l'amore. Ma resti amico anche del marito di lei: magari più del marito che di lei. Si continua a -frequentarsi, poi nel gruppo c'è qualcuno che piace a tua moglie, e tu resti amico anche di quello: magari più amico suo che di tua moglie. Non sono faccende complicate ». Ma, in pratica? « In pratica ci. si vede nel gruppo, amichevolmente. E si fa l'amore dove e quando si può, a casa di' uno, in albèrgo, possibilmente non in automobile».- Non dir bugie '"'Non'sembrano còmbina[, zioni molto diverse dai traIdizionali 'vìtupìn' dell'adulterio borghese. Che uomini e donne siano poligami non-è certo una novità antropologica: con tutte le cautele, le segretezze e i rispetti umani imposti dall'organizzazione sociale, la poligamia è sempre stata esercitata attraverso l'adulterio. Dov'è la novità? «C'è almeno una differenza: manca la finzione, manca la mistificazione ». Vuol dire che ciascuno è sincero con l'altro e con gli altri, che tutti si dicono tutto? « Non si dicono, almeno, bugie. Forse non dicono, ecco. Non se ne parla. Ma è come se ci si fosse detto tutto ». Non è proprio lo stesso, e poi queste sono probabilmente finte disinvolture, vanterie un poco ingenue. Anche se si traducono in realtà i terzetti fantasticati da Henri-Pierre Roche in Jules et Jim o in Deux anglaises et le cqntinent, da tanti altri autori di romanzi, dal regista di Cesar et Rosalie, da tanti altri registi; anche se quasi si realizza, con maggiore equità distributiva, l'harem sognato da Fellini in Otto e mezzo, i nuovi rapporti multipli non si stabiliscono senza fatica, né senza dolori e dispersioni. La colpa è ancora una volta, secondo gli uomini-amanti, della neoaggressività femminile. Le giovani donne — si lamentano — non sono discrete, non sono delicate, non hanno senso dell'oppor'tunità. Si gloriano con tutti delle proprie conquiste, raccontano con troppi particolari le ultime passioni: «Perché andare a dirlo in giro, a cosa serve, che senso ha?». Senza delicatezza, sprofondano in commistioni sempre più inestricabili: a tutti ripetono gli stessi epiteti, raccontano gli stessi sogni notturni,, elargiscono gli stessi gesti affettuosi o le stesse battute, « cosi quando si è in gruppo non si capisce più niente, o non si trova più niente da dirsi ». Con virulenza, non si preoccupano degli altri: « Un'amica mi telefona a casa alle due del mattino. Risponde mia moglie, il telefono sta sul suo comodino, e lei, tranquilla: "Ciao, sono Anna, mi fai parlare con Dario?". Mia moglie sa del nostro legame, va bene: ma perché provocarla nell'orgoglio, indispettirla o anche semplicemente disturbarla con tanta indiscrezione? ». Sono le stesse insensibilità che le dònne hanno sempre rimproverato agli uomini: ritrovarle capovolte è soltanto uno dei sintomi di quanto siano dovuti al diverso atteggiamento femminile quei mutamenti che sotterraneamente, inavvertitamente, hanno stravolto i rituali dell'amore. Non dappertutto, è naturale: non per tutti. Per la maggioranza degli italiani inna¬ morati, la nuova libertà di rapporti è una sorta di fiaba contemporanea che si legge nei libri o sui giornali, che incanta con le sue promesse al cinema o nei discorsi. Per il grande esercito dei ragazzi, dei giovani mariti e degli « amici », la spregiudicatezza è tutta esterióre, si esprime in una ruvidità di modi più antica che futura, si manifesta soprattutto nelle eleganze virili ostentatamente erotizzanti, nel taglio dei capelli femminilmente elaborato: quanto al resto, come semme «amore vuol dir gelosia», significa sentimento e sentimentalismo, affetto e bugie, possesso e infedeltà. Ma anche nei gruppi per cui l'amore è ginnastica serpeggiano debolezze e nostal¬ gie, rimpianti. L'amante, si scopre infatti facendo il bilancio di tante confidenze reticenti o polemiche, esiste. C'è, ha una propria identità, e si può definirlo risalendo all'origine etimologica del termine. Amante è colui che ama: e che perciò si interessa a una donna, si occupa e si preoccupa di lei, sta volentieri ad ascoltarla, tiene conto dei suoi desideri e dei suoi umori, desidera il suo bene e se del caso la ammira persino. Tra i nuovi innamorati carnali e laconici, nevrotici ed egocentrici, insicuri e promiscui, che adoperano le donne e ne vengono usati con indifferenza senza emozioni e golosità senza passione, l'amante che. ama è certo il più amato. Lietta Tornabuoni Roma. Foto-ricordo del viaggio di nozze in Piazza Venezia: i riti sentimentali resistono al tempo (Foto Team)

Persone citate: Dapporto, Fellini, Feydeau, Henri-pierre Roche

Luoghi citati: Hollywood, Roma