Facce da poker in una giungla
Facce da poker in una giungla L'Hilton dietro le quinte Facce da poker in una giungla Moschino della Reggina è l'ultimo degli arrivati nella schiera degli allenatori (Dal nostro inviato speciale) Milano, 11 luglio. Quasi tutti hanno la « faccia da poker ». Impenetrabili, facce dure, scavate, portate in giro da gente che è l'emblema stesso della sicurezza, del coraggio, della strapotenza fisica. Proprio i tipi che mettono sotto Woody Alien, per intenderci. Sono gli allenatori e i dirigenti delle squadre di calcio. La famiglia degli allenatori è destinata sempre ad arricchirsi (nel numero, anche se c'è chi sostiene che l'affermazione è validissima soprattutto sul plano finanziario), perché i giovani spingono e i vecchi non mollano la presa. Ultimo arrivato: Giovan Battista Moschino, con il fulmineo trasferimento da giocatore della Lazio ad allenatore della Reggina, in serie B. La sua non è una faccia da poker, sembra piuttosto spaesato, con l'espressione da ragazzo perbene portata in un mondo di « supermen » tutti in grado di stritolarlo. Nessuno glielo dice apertamente, anzi lo chiamano « mister » con estrema cordialità; ma è chiaro che molti lo guardano con una certa rabbia. « Ci mancava anche lui! », è il commento inespresso. Il povero Moschino è costretto a fare gli scongiuri non appena gli arrivano congratulazioni. «Troverà duro anche lui, come tutti noi — dicono i colleghi più anziani —; ha scelto davvero un mestieracclo ». Unanimi ì consensi, ma Giagnont, più realista, conclude: « Già, un mestieracclo, ma tutti vogliono farlo. Per piacere, slamo sinceri con noi stessi, non parliamone troppo male ». « Coverciano è una grande fabbrica di disoccupati », dicono sconsolati gli allenatori. « Le squadre sono sempre le stesse e noi aumentiamo di numero a un ritmo vertiginoso. Diventa sempre più difficile trovare un posto ». / posti disponibili, infatti, sono pochissimi. C'è il Venezia, e si è aperta una grande caccia. In lizza, fra i primi, sono Vlviani e Conti, l'ex « secondo » di Scopigno a Cagliari. Dopo otto anni di servizio onorato (e dopo aver sostituito il « filosofo » in panchina per una stagione, quando era stato squalificato), lo hanno liquidato da un giorno all'altro, senza preavviso. « Le cose non stan¬ no esattamente cosi — commentano i colleghi maligni —, è che gli hanno ridotto lo stipendio e lui non ha accettato. Gli sta bene ». L'altra panchina Ubera, quella del Livorno, non invoglia nessuno. C'è fallimento e curatore di mezzo, si possono guadagnare soltanto grattacapi lavorando senza un parco-giocatori e senza stipendio. Allo Hilton dicono addirittura che il Livorno si è iscritto al campionato ma che « lascerà » dopo due o tre giornate. Anche chi è disoccupato preferisce stare alla larga, aspettando magari che cominci il campionato: qualche posto libero si farà senz'altro, dopo una serie negativa di partite. Osservato con particolare curiosità Invernizzi, che è passato al Taranto. « Da quelle parti cambiano quattro allenatori all'anno, vedremo quanto resisterà 11 Gianni — si commenta sempre plii malignamente —. Per fortuna che ci sono squadre con queste abitudini: almeno qualcuno di noi riuscirà a lavorare per tre mesi ». Evidentemente, proprio un ambiente « fraterno ». Moschino ne è vagamente impressionato. «Chissà se durerò in questo tipo di atmosfera », si domanda, con la sua espressione di ragazzo educato, che stride enormemente con quelle che lo circondano. Ma è una testa dura, questo ci tiene a precisare. « Ho le mie idee e non mi faccio impressionare da quelle degli altri. Mi rendo conto di dare fastidio, ma non mi tiro indietro. Non ho una grande squadra, mi manca il portiere, un difensore, un centrocampista e una " punta ". Non è poco. C'è da lottare per mettere in piedi una squadra che possa figurare decentemente, ma farò l'impossibile. 11 mio passaggio nella categoria è avvenuto a tempo di record: so di rischiare grosso, magari di bruciarmi se sbaglio, ma vale la pena di tentare, visto che ho cominciato. Troverò un ambiente nuovo, nuovo e difficile. Darò l'anima per riuscire ». E conclude con una battuta: « Nessuno è stato tanto svelto quanto me a cambiare mestiere: una cosa che potrebbe fare soltanto il grande Pelé! ». Già, ma se Pelé corresse all'Hilton in cerca d'ingaggio, troverebbe le sue brave difficoltà, con tanti colleghi pronti a ridimensionarlo. Beppe Bracco
Persone citate: Beppe Bracco, Giovan Battista, Invernizzi, Scopigno, Woody Alien
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