Napoli, alla ricerca di se stessa

Napoli, alla ricerca di se stessa Indagine di tre cronisti nella capitale del Sud Napoli, alla ricerca di se stessa Prisco, Rea, Compagnone, Sarno giudicano la loro città Vasco Pratollni, anni fa, cominciò a scrivere un romanzo su Napoli. Riempi pagine, vi si dedicò con passione e tenacia. A metà dell'opera tuttavia fu costretto ad alzare bandiera bianca. Abbandonò tutto nel momento in cui credette di aver colto la chiave per capire Napoli. Non era il primo ad arrendersi di fronte ad una città cosi sfuggevole e complessa, non sarà l'ultimo. Ci raccontano l'aneddoto alcuni fra i più autorevoli rappresentanti dell'» intellighenzia » partenopea che ci parlano della loro città. Sono: Michele Prisco, Domenico Rea, Luigi Compagnone, Pellegrino Sarno (vincitore dell'ultimo premio letterario «Viareggio »), scrittori, Vittorio Viviani drammaturgo e storico, Alberto Marotta, editore; all'incontro ha partecipato Adriaco Luise, corrispondente de «La Stampa» da Napoli. « Conoscere Napoli è la più grossa presunzione che si può avere » hanno commentato i sei riferendo l'episodio di Pratolini. li colloquio avviene in un ristorante di Posillipo, di fronte al mare. Su un minuscolo tratto di spiaggia e scogli, s'ammassano festosi i bagnanti che non esitano a tuffarsi nelle putride acque color noce. Non è una tavola rotonda, la nostra; vorrebbe essere una chiacchierata tra amici, diventa un po' alla volta l'incontro di sei personaggi in cerca d'autore. L'« autore » è naturalmente Napoli. Compagnone: « Un tempo c'erano alcuni miti che la sostenevano, le conferivano un fascino inconfondibile. Che differenza sostanziale c'è ora tra Napoli e Milano-TorinoRoma? Tutto s'appiattisce. La libidine del guadagno, dell'auto, del vestito all'ultima moda potrà riempire il vuoto lasciato dai miti? La nuova società è assolutamente improvvisata, io da vecchio napoletano preferisco ancorarmi a quelli d'un tempo ». Prisco: «Napoli è un microcosmo dove i mali d'Italia sono moltiplicati per due-cinque-dieci volte. E' una città parassitaria, senza vocazione, dove su dieci persone, tre hanno un lavoro fisso, le altre o non ce l'hanno o è saltuario ». Rea: «E' un altro pianeta con le classi più retrive del mondo. La maggior parte degli amministratori mira quasi esclusivamente al potere e a conservarlo ». Sarno: «Il più grande male della città è il populismo, 1' "embrassons-nous" come emblema del vuoto. Qui non c'è mai stata una borghesia illuminata, viva, aperta. Le caste curiale e avvocatesca quale ruolo innovatore hanno avuto? Il ceto imprenditoriale è a basso livello. La industrializzazione? E' finita per diventare un altro equivoco. E' stata indotta dal Nord e alcuni hanno investito per speculare. Qui hanno predominato i furbeschi, non gli intelligenti ». Viviani: «Lo diceva già Torquato Tasso: " I mariuoli non vivono a Napoli ma sono quelli che vengono da fuori ". La nostra è la città delle ri- bellioni, non delle rivoluzioni. L'unica rivolta che avrebbe potuto sfociare in rivoluzione risale alla metà del Seicento con Masaniello. Perché aborti la sommossa popolare del pescivendolo di Amalfi? Perché la casta curiale si schierò subito con i potenti». Compagnone: « Napoli è la sola città ad avere una canzone che irride alla libertà. "La libertà — dice quella canzone popolare del Settecento — noi la prendiamo a calci in c... ". Qui migliaia di persone si levano al mattino e non sanno se, quando e che cosa mangeranno, ma trovano più spontaneo ribellarsi nel caso che il presidente della squadra di calcio decida di vendere il beniamino locale (quindici giorni fa, alcuni focosi appassionati della squadra partenopea hanno picchiato il figlio del presidente del Napoli perché gli rimproveravano di voler vendere il calciatore Improta, n.d.r.) ». Prisco: « La città non dispone di centri decisionali politici ed economico-finanziari e ha perso la qualifica di centro d'informazione e di cultura. Da dove vengono i direttori dei quotidiani locali? E' il "governo centrale" che manda i suoi " governatori" nella colonia. Mancano case editrici di largo prestigio, istituti di ricerca, centri culturali. L'ultima rivista di ampio respiro sorta a Napoli " Ragioni narrative " risale al '60. Vi collaboravano i più bei nomi della cultura del Mezzogiorno. Durò 14 mesi, poi fu costretta a chiudere perché l'editore falli. La rivista invece era attiva, numerosi gli abbonamenti, tanto che due editori del Nord si dichiararono disposti a prelevarla. Ma che senso aveva pubblicare a Milano quella rassegna nata e alimentata da Napoli? Un loro ventaglio culturale e un respiro nuovo continuano ad avere "NordSud" e il quindicinale "La voce della Campania " ». Marotta: « I fermenti nuovi potrebbero nascere all'Università, ma questa, oberata da mille problemi, sovraffollata e con strutture antiquate, è diventata una fabbrica di lauree. Il movimento studentesco è vissuto sull'impor¬ tazione dei fermenti germinati a Torino, Milano, Trento. Un Capanna a Napoli non troverebbe un suo spazio culturale e politico». Sarno: « Si spiega cosi la disponibilità al fascismo di una parte dei napoletani. Il fascismo è alimentato dal qualunquismo che trova in questa città un terreno fertile per la ottusità di una certa classe dirigente incapace di iniziare il benché minimo rinnovamento di questo incandescente organismo urbano». Prisco: « Per Napoli si può far qualcosa soltanto col silenzio, è una valigia a doppio fondo, la cui chiave s'è smarrita da tempo ». Rea: « E' una città che va a ruota libera, ma da qui io non mi muoverei mai. Ho già respinto allettanti offerte di lavoro al Nord. Il significato dell'amore, della vivacità, del canto che lascio trasparire nelle mie opere resta incomprensibile al di fuori dello sfondo naturale di povertà e di disperazione ». Compagnone: « E' una città ideale per uno scrittore, un continuo invito alla surrealtà. L'unico modo per uscire dall'angoscia è proprio questo: trasferire la "napoletanità" sul piano del surreale e dell'assurdo ». Quattro scrittori parlano di Napoli: Michele Prisco, Domenico Rea, Pellegrino Sarno e Luigi Compagnone tèa ( Il , & m\ — i>] ^ ijy ... ^sM^^x La vecchia Napoli pittoresca e popolare non ha più attrattiva per i turisti