La morte di Horkheimer di Remo Cantoni

La morte di Horkheimer USCÌ DALLA "SCUOLA DI FRANCOFORTE 99 La morte di Horkheimer Amico di Adorno e di Marcuse - La sua filosofia fu un'aristocratica apologia della ragione Norimberga, 9 luglio. Il filosofo Max Horkheimer è morto ieri, all'età di 78 anni. Tedesco di nascita, era rientrato in Germania ventiquattro anni fa, dopo che il nazismo l'aveva costretto all'esilio per motivi razziali e politici. Il suo nome era notissimo in Germania anche fuori d l mondo degli studi: come gli altri suoi compagni più eminenti della «Scuola di Francoforte», anzitutto Adorno e Marcuse, godeva d'una larga celebrità. (Ap) La polemica con la scienza Con la morte di Max Hokheimer scompare uno dei massimi protagonisti della « Scuola di Francoforte », l'amico fraterno di T. W. Adorno. Nato a Stoccarda nel 1895, si laureò nel 1922. Il suo primo amore filosofico fu Schopenhauer: nel filosofo del pessimismo egli apprezzava l'aspra critica della realtà sociale. Ma furono soprattutto Hegel, Marx e Freud a lasciare tracce profonde nel suo pensiero. « La lettura di Schopenhauer e quella di Marx sono state per me due esperienze contemporanee e convergenti » ha dichiarato Horkheimer nel 1970, in una conversazione trasmessa dalla radio svizzera. Divenuto nel 1930 ordinario di filosofia teoretica e sociale nell'Università di Francoforte, diresse l'istituto di ricerca sociale. Quando nel 1933 il nazismo prese il potere, riparò a Ginevra, a Parigi, e infine a New York, ove si recò esule nel maggio del 1934. Anima gemella di Adorno, pubblicò con lui e altri collaboratori la monumentale ricerca tati tolata La personalità autoritaria. Rientrato dopo la guerra in Germania e ripreso a Francoforte l'insegnamento universitario, scrisse con Adorno la Dialettica dell'illuminismo (1947). La sua opera più nota è certamente Eclisse della ragione (1967), che reca il sottotitolo significativo «Critica della ragione strumentale». Il tema centrale del pensiero di Horkheimer è la lotta appassionata contro una ragione solo tecnica e formale, ridotta a strumento servile dell'industria culturale o di forze indiscriminate che detengono il potere. La ragione dialettica — dirà il filosofo — è soprattutto «pensiero negativo», ossia superamento e rifiuto della realtà come questa si mostra nella volgarità del senso comune o nella formalizzazione del pensiero scientifico. Una ragione che sia apologia del presente, delle sue contraddizioni e irrazionalità, è una ragione che si avvia al tramonto e si umilia in compiti ancillari. Una ragione autentica non rinuncia mai alla sua funzione di guida responsabile della condotta umana. Se si distacca dai fini e dai valori che le sono congeniali e si accontenta di prestare utili servizi alla tecnica, alla scienza e all'economia, la ragione è dimissionaria dal suo compito di essere l'educatrice del genere umano. L'atteggiamento neutrale, agnostico, disimpegnato non si addice al filosofo. Una ragione formalizzata diviene fatalmente sterile, scettica, pronta a servire tutti i padroni. La funzione impegnativa e responsabile del filosofo è, infatti, quella di illuminare e guidare l'uomo nelle sue scelte, là dove si decide davvero il senso della sua avventura terrestre. La diagnosi che Horkheimer compie della società contemporanea è oltremodo severa. Ovunque egli scorge il dominio di rozze ideologie, prive di vera universalità, anche se vissute in buona fede. La cultura moderna scivola spesso nel « prodotto » industriale, ed è espressione di un processo di involgarimento. Il triste esito di questa dissoluzione dei valori e dei significati che costituiscono la dignità dell'uomo, è la capitolazione dell'individuo di fronte allo strapotere della massa, la spersonalizzazione burocratica dell'uomo. I numerosi avversari di Horkheimer e dei «francotortesi» in genere — da Fromm a Marcuse — non condividono il loro atteggiamento di totale disprezzo per la civiltà moderna, il loro moralistico rifiuto della « società di massa», il tono sofisticato e altezzoso con cui trattano la scienza, la tecnica, l'economia e le filosofie a sfondo neopositivistico e logico-matematico. Filosofia, ribatte Horkheimer, è critica della scienza e della società, contestazione critica. « Io non sono affatto ostile alla scienza — egli dice — ma provo una forte ostilità verso l'innalzamento della scienza al rango di pura e semplice verità in un determinato contesto sociale». La scienza, insomma, non basta a dare « senso all'esistenza » e a garantire la libertà individuale. Ben pochi, credo, sono disposti a condividere l'affermazione di Horkheimer che lo «spirito scientifico» finisca per «trasformare la ragione in stupidità» o l'altra, fin temeraria nel suo orgoglio, che la filosofia abbia la missione di essere «il correttivo della storia». Ma siamo assai vicini al filosofo quando con umiltà afferma che «una parola libera non manca mai di avere conseguenze pratiche». Remo Cantoni