Cgil: un'opposizione strisciante contro il futuro centro-sinistra

Cgil: un'opposizione strisciante contro il futuro centro-sinistra Sta cambiando l'atmosfera del Congresso di Bari Cgil: un'opposizione strisciante contro il futuro centro-sinistra Scarsi applausi al socialista Boni (vicino a De Martino), il quale ha detto: "L'attuale formula governativa segna un cambiamento che chiama tutti alla coerenza" - Acclamato il socialproletario Lettieri ("Il padronato punta sul nuovo governo per una tregua sociale") (Dal nostro inviato speciale) Bari, 6 luglio. A cinque giorni dall'apertura dei lavori, il «malumore» del Congresso della Cgil nei confronti del futuro governo di centro-sinistra è continuamente aumentato. Non si tratta di manifestazioni clamorose di opposizione (tutti i dirigenti sindacali comunisti stanno molto attenti a non chiudere anzitempo le porte attraverso le quali il pei potrebbe avviare un dialogo con la futura maggioranza), ma di sfumature, che però sono nettamente percepibili. Per esempio, oggi il discorso del segretario confederale socialista Piero Boni (che nel psi è vicino alle posizioni di De Martino) à stato accolto dal congresso con applausi cosi tiepidi da sembrare persino venati di polemica. Eppure Boni, con la sua ormai certa nomina a segretario generale aggiunto della Cgil, si appresta a diventare il «numero due» della più potente organizzazione del lavoro italiana, a fianco del segretario generale comunista Luciano Lama, che sarà riconfermato. La «colpa», o il coraggio di Boni, è stato di parlar chiaro. Rivolgendosi ai dirigenti sindacali comunisti (per la parte che li riguarda), ma soprattutto ai socialproletari, ai socialisti lombardiani o manciniani, ai comunisti inquieti, i quali hanno già comincato ad esprimere giudizi negativi sul governo che deve ancora nascere, Boni ha detto: «Se è pur vero che le formule non devono incantare, è anche incontestabile che non tutte le formule sono uguali, e non tutte contengono le medesime premesse. La formula non basta se non è sorretta da un'effettiva volontà politica e da un adeguato programma. L'attuale formula governativa che si prospetta segna però obiettivamente un cambiamento che chiama tutti alla responsabilità, agli impegni e alla coerenza». Queste parole sono scivolate come acqua sul marmo e sono passate sul Congresso come se il colossale salone, dove siedono 1600 delegati e 500 invitati, in quel momento fosse deserto. Poi Boni ha riscosso applausi misurati — probabilmente provenienti dalla sola parte del Congresso che la pensa come lui — quando ha aggiunto: «Se non partissimo da questo dato sarebbe un gravissimo errore. Questa è la nostra coerenza». Mezz'ora prima, invece, uno dei segretari nazionali dei metalmeccanici, il socialproletario Antonio Lettieri, si era fatto molto applaudire affermando: «Per quanto riguarda la nuova situazione politica, non so se si possa dire che la borghesia ha "semplicemente cambiato spalla al suo fucile" d'affermazione è del segretario nazionale comunista dei tessili Gara vini, n.d.r.), ma è certo che il padronato punta sul nuovo governo, come un governo che possa favorire una tregua sindacale ». Ci siamo dilungati sull'accoglienza avuta da Boni e da Lettieri perché «l'applausometro» congressuale può aiutare a capire gli umori e le linee di tendenza dell'assemblea ed anche i problemi che i dirigenti sindacali comunisti più ortodossi si trovano a dover affrontare. Non c'è dubbio che l'apparato sindacale del pei (se veramente lo vuole) riuscirà a contenere queste «fughe in avanti», però il «malumore» affiora. Tornando all'intervento di Boni, egli ha chiarito che nei confronti del governo l'atteggiamento non dev'essere soltanto d'attesa. «Come sindacato — ha detto — abbiamo concorso a creare questa nuova situazione. Adesso il sindacato deve, con la sua propria e specifica funzione, concorrere ad indirizzare la nuova situazione nella direzione che esso ritiene valida e necessaria». In altre parole, per Boni è necessario che il sindacato aiuti le forze avanzate presenti nel governo a prevalere su quelle moderate. Tra l'altro, riferendosi agli incontri che i sindacati hanno avuto nei giorni scorsi con i partiti, Boni ha rilevato: «Sono stati colloqui significativi. Sarei lieto di poter dare atto al senatore Fanfani di aver corrisposto con i fatti a quanto ci ha detto. Fanfani no:i pensa a limitazioni del diritto di sciopero, la democrazia cristiana è favorevole all'unità sindacale, c'è una convergenza sulle nostre proposte per il Mezzogiorno, la casa, la scuola, la sanità». In materia di unità sindacale, esistono due «nodi» riguardanti le residue incompatibilità tra cariche sindacali e politiche ed i rapporti sindacali internazionali. Boni ne ha parlato con chiarezza. Sulle incompatibilità, la situazione oggi è la seguente: nella Cisl e nella Uil, tutti i sindacalisti hanno già rinunciato alle cariche che avevano nei partiti; nella Cgil, i socialisti non hanno più cariche nel partito. I comunisti della Cgil, invece, hanno attuato solo in parte le incompatibilità. Boni a questo proposito ha detto: «Bisogna risalire anche quest'ultimo gradino per coerenza con la politica unitaria. Non bisogna cioè aver timore che ciò comporti una politicizzazione nel sindacato. Per il sindacato unitario tutti dobbiamo essere soltanto i dirigenti di tutti i lavoratori». Sembra, però, che la maggioranza comunista della Cgil non intenda concedere molto su questo punto, collegando la sua azione dell'incompatibilità all'effettivo avanzamento del processo unitario attraverso i consigli di fabbrica. Per i rapporti internazionali, oggi la Cgil aderisce alla Federazione sindacale mondiale, formata in prevalenza dai sindacati dei Paesi comunisti. Cisl e Uil hanno invece aderito alla Confederazione sindacale europea. Boni ha detto: «La Confederazione europea è il nuovo terreno di incontro e di sviluppo del sindacalismo. Nella Federazione sindacale mon diale noi della Cgil da tanti anni facciamo battaglie di rinnovamento. Però, in quella realtà noi siamo dei vasi di coccio tra vasi di ferro. Non ho più fiducia di poter incidere su quella realtà. Perciò la Cgil deve mutare il suo rapporto associativo con la Federazione mondiale». Sergio Devecchi

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