L'Europa in ritardo di Franco Maria Malfatti

L'Europa in ritardo La lettera del sabato L'Europa in ritardo Non a caso il dibattito per la formazione del nuovo governo — che è un momento importante di riflessioni critiche per tutto il Paese — ha presentato questa volta tra le sue caratteristiche anche il tratto distintivo di un particolarissimo interesse per i problemi comunitari. La Stampa e // Corriere della Sera, ad esempio, hanno sentito la necessità di approfondire questi problemi con articoli dei loro più qualificati collaboratori, collegando i temi trattati con l'azione che ci si augura venga condotta dal governo. Ora esistono certamente problemi aperti, assenze o ritardi da parte italiana. Segno d'impotenza Tuttavia bisogna stare attenti a non perdersi dietro a questioni che talvolta sono addirittura minori, dimenticando i veri e grossi problemi europei sul tappeto. Un Paese membro della Comunità deve sforzarsi non solo di colmare i propri ritardi e di superare le proprie contraddizioni, ma deve concorrere a superare quelli della Comunità in quanto tale. Mi riferisco a tre campi di azione che rappresentano il cuore del nostro processo di integrazione, della nostra volontà di esprimere a livello internazionale l'identità dell'Europa. Ho letto che, nell'ultima riunione dei ministri delle Finanze della Comunità, da parte di qualche delegazione si sarebbe manifestato il proposito di rinviare di uno o due anni il passaggio alla seconda tappa dell'unione economica e monetaria. A mio giudizio sarebbe un gravissimo errore. Se si sostiene che, alla luce dell'esperienza, sia opportuno riconsiderare modalità specifiche della prevista trasformazione della Comunità, ciò mi sembra legittimo. Ma ciò può e deve essere fatto, appunto, in via contestuale alle decisioni operative da adottare per passare nei termini prescritti alla seconda tappa e per avviare le politiche comuni che sono componenti fondamentali di tale trasformazione, come è il caso della politica regionale. Se, al contrario, la riflessione critica è un pretesto per « gelare » la trasformazione della Comunità che pure si è deciso di compiere, per rinviare sine die l'avvio di politiche europee che sono essenziali non tanto per l'interesse di questo o di quel Paese, ma per affrontare problemi comuni a tutti i oartners della Comunità, allora non si può che contrastare vigorosamente un indirizzo che finirebbe per risolversi in nuli'altro che in un colpo gravissimo inferto alla credibilità comunitaria. L'unione economica e monetaria non può divenire il miraggio del deserto o peggio il segno della nostra impotenza. E non si comprende che cosa consigli il rinvio, quando tutto — al contrario — starebbe ad indicare l'urgenza di un colpo di acceleratore. Sottili distinzioni Vi è un secondo problema che riguarda ad un tempo i temi istituzionali e quelli di politica estera della Comunità. Siamo pienamente convinti che i vari negoziati e i differenti problemi sollevati dalla riforma del sistema monetario, dal negoziato multilaterale commerciale, nell'ambito stesso della difesa, non possano essere ricondotti ad un unico negoziato globale. Resta il fatto, di tutta evidenza, che siamo entrati nell'era della ridefinizione dei rapporti tra Europa e Usa. Che senso ha, per conseguenza, lasciare fuori della porta i rappresentanti della Commissione (che pur dovranno esprimere la voce unica europea nel negoziato multilaterale per la ridefinizione delle relazioni economiche internazionali), quando i ministri degli Esteri trattano di questi problemi? Le sottili distinzioni tra competenze comunitarie e quadro intergovernativo sono travolte sul piano dei fatti. Qui non si tratta di pregiudicare in un senso o nell'altro il futuro quadro istituzionale dell'Europa: si tratta solo di non sfidare elementari regole di buon senso. Del resto quando alla Commissione viene affidato il compito, insieme con il Consiglio ed il Parlamento europei, di preparare un rapporto sull'unione politica, andando per conseguenza ben al di là delle materie formalmente coperte dal Trattato di Roma, non si può pretendere poi di rinchiuderla in un arbitrario recinto di competenze formalistiche. In ogni caso, al di !à dei problemi formali vi sono i problemi di sostanza. Se la Comunità vuol essere un interlocutore attivo sulla scena internazionale, non può essere privata di una visione politica d'insieme e questa visione d'insieme non può prescindere dal fondamentale problema del rapporto dell'Europa con gli Usa. Infine è urgente definire al più presto la politica verso i Paesi dell'Est. Anche qui, e lo abbiamo già sostenuto su queste pagine, non ci si può nascondere dietro alla lettera del Trattato di Roma. E' un dato di fatto che se il problema non viene affrontato alle radici, la politica commerciale comune rischia di essere ridotta ad un fatto secondario, se non marginale, rispetto al diffondersi degli accordi bilaterali pluriennali di cooperazione economica, scientifica, tecnica. Ora non si può ignorare che uno dei capitoli importanti della conferenza sulla sicurezza è proprio quello della cooperazione economica. E' anche su questo terreno che ci si deve attendere da parte della Comunità una politica d'iniziativa, come componente fondamentale anch'essa del nostro contributo per un migliore equilibrio di tutto il continente europeo. Non si può, al contrario, risolvere la politica europea nella semplice registrazione notarile degli obblighi comunitari dei Paesi membri. Franco Maria Malfatti presentato que

Luoghi citati: Europa, Roma, Usa