Tutti i nomi forse domani

Tutti i nomi forse domani Tutti i nomi forse domani (Dal nostro corrispondentej Roma, 5 luglio. I quattro partiti, democristiano, socialista, socialdemocratico, repubblicano, hanno detto sì al governo organico di centro-sinistra, hanno accettato il programma sommario concordato dalle delegazioni: ora si entra nella fase, forse la più difficile, della composizione del governo. Un governo vale, più ancora che per il programma, per gli uomini che reggono i ministeri: tante belle affermazioni rimangono sulla carta se non c'è chi sa tradurle in pratica. Senza contare che tutti i programmi finiscono sempre per essere indicativi, mentre la realtà si incarica di procurare giorno dopo giorno esigenze nuove, sovente impreviste. A rendere ancor più delicato il compito delle attribuzioni questa volta c'è il fatto che si presentano (meglio, si presentavano) come possibili candidati tre ex presidenti del Consiglio (Moro, Colombo, Andreotti) e un ex segretario del partito (Forlani). Diamo per prima la notizia dei no: non entreranno nel governo né Andreotti, né Forlani. L'ex segretario già lo aveva comunicato ieri sera a Fanfani. Questa mattina Rumor e Fanfani alle 10 hanno ricevuto in Piazza del Gesù Andreotti, e gli hanno rivolto l'invito di assumersi il dicastero della scuola o un dicastero finanziario. La risposta è stata: «Prima di questa sera vi farò conoscere le mie decisioni». Alle 11 Fanfani e Rumor hanno ricevuto Forlani, gli hanno ripetuto l'invito di entrare nel governo, alle Partecipazioni statali o alla Cassa per il Mezzogiorno. Forlani ha confermato il suo no, dicendo che preferiva dare tutto il suo impegno al partito; aggiungeva: «lo non entro, ma consiglierà Andreotti ad entrare». Alle 14 l'on. Evangelisti si è recato a Piazza del Gesù, dove ancora erano al lavoro Fanfani e Rumor, a portare la risposta di Andreotti: «Grazie dell'offerta, non partecipo, assicuro la mia più leale collaborazione». Perché il no di Andreotti e di Forlani? Un motivo dichiarato è la coerenza: essi sono autori della politica di centro, quella politica è uscita sconfitta al congresso nazionale, ed essi per ora si mettono in disparte. Ricordiamo le parole con cui Andreotti chiuse il suo intervento al congresso: «Mi auguro che per il bene del Paese non vengano mai giorni di acuta difficoltà in cui i politici debbano pagare duramente di persona: ma prego Iddio, in un'evenienza del genere, di essere all'altezza di una vera coscienza di democratico e di cristiano. E sono certo, amico Forlani, che anche quel giorno continueremo a trovarci vicini». Sono parole di effetto (e grandi furono gli applausi), ma un poco oscure. Né intendiamo chiosarle, però assicuravano che Andreotti e Forlani sarebbero rimasti insieme. Ma se Forlani sempre aveva dichiarato che si sarebbe messo in disparte, Andreotti la decisio ne l'ha maturata questa mattina, dopo lunghe incertezze. Il mini stero della Pubblica Istruzione, proprio perché difficile e di grande rischio («è un settore disastrato»), sino all'ultimo lo aveva solleticato. Ma dal congresso della Cgil a Bari ieri si erano alzate voci di protesta contro l'atteggiamento più morbido, diciamo cosi, proposto da Lama verso questo governo. Si osservava che il nuovo governo non prometteva un cambio di politica, visto che introduceva uomini legati al centrismo. «E un cambio di etichetta, non di contenuto». Perché non vedere nell'atteggiamento di Andreotti la preoccupazione di non danneggiare il governo? Non crediamo a chi afferma che con Forlani si prepara ad un'alternativa di centro. Contro i no di Andreotti e di Forlani, ci sono i si ufficiali di Moro per gli Esteri e di La Mal¬ fa per il Tesoro. Moro entra, e in un posto di prestigio, su pressante invito di Fanfani e di Rumor. E' stato lui a condurre con Fanfani la battaglia al congresso democristiano per il ritorno alla collaborazione con i socialisti, e la sua presenza al governo in un certo modo è la presenza di Fanfani. La Malfa ufficialmente ha deciso oggi. Il suo impegno è: « Sulla sostanza dei problemi non cederò ». Scherzando, dice di essere un ministro ciclico. Dal 1951 sino al 1953 (sesto e settimo governo De Gasperi) fu al Commercio estero e riuscì a liberalizzare gli scambi dando una svolta all'economia italiana. Nel 1962, come titolare del Bilancio, nel quarto ministero Fanfani, in tre mesi portò a termine la nazionalizzazione dell'energia elettrica. «Adesso mi consegnano il Tesoro, che non è, come dice Fanfani, un ministero senza portafoglio, ma un ministero con un portafoglio pieno di cambiali». E' un compito difficile, quasi impossibile. Tutte le altre assegnazioni (meno Bucalossi, noto cancerologo, che va alla Ricerca scientifica) saranno decise tra domani e sabato mattina al massimo. Pare che De Martino rinunci alla vicepresidenza: i motivi sono interni al suo partito, ed esterni. La vicepresidenza ai socialisti significava un riconoscimento di preminenza rispetto a socialdemocratici e repubblicani; questa mattina i socialdemocratici han- no fatto sapere di non accettare simile distinzione ed hanno chiesto una vicepresidenza per Saragat. Allora gli autonomisti sono insorti: se va Saragat come padre del centro-sinistra, deve andarci a egual titolo anche Nenni. Tre vicepresidenti sono un po' troppi e allora è preferi bile nessuno, Giovanni Trovati Roma La Malfa durante i lavori del consiglio nazionale del pri (telefoto Ansa) t

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