L'antigene "Australia,, e i casi di epatite virale

L'antigene "Australia,, e i casi di epatite virale DOPO LA GRANDE SCOPERTA DEL 1964 L'antigene "Australia,, e i casi di epatite virale Fra la sostanza rintracciata dal Blumberg nel sangue di un aborigeno australiano e la malattia del fegato esiste un rapporto diretto; forse l'antigene è lo stesso virus - Quattro sottotipi diversi - Necessaria un'estrema attenzione per le trasfusioni I soggetti sottoposti a numerose trasfusioni come ad esempio gli emofiliaci hanno molte probabilità di infettarsi con il virus epatitico di tipo B. Molto verosimilmente il siero di tali soggetti contiene anticorpi contro il virus epatitico. Utilizzando come sorgente di anticorpi il siero di soggetti politrasfusi, Blumberg nel 1964 identificò nel sangue di un aborigeno australiano un antigene da lui denominato Antigene Australia (Au). In un primo tempo fu ritenuto che l'Antigene Australia costituisse un ulteriore esempio di una caratteristica umana su base genetica; tuttavia è stato successivamente dimostrato che esso è presente nel siero di soggetti affetti da epatite virale. Si comprende facilmente come l'anticorpo contenuto nel siero dei soggetti politrasfusi possa essere utile per svelare con opportune metodiche immunologiche il virus (Antigene) epatitico contenuto nel siero di soggetti affetti da epatite virale B o portatori di virus di tipo B. Caratteristiche Subito dopo la scoperta dell'antigene Au uno dei più interessanti aspetti fu quello di stabilire se esso fosse associato all'epatite di tipo A o a quella di tipo B o ad entrambe. In un primo momento si ritenne che esso potesse essere associato ad ambedue i tipi di epatite, ma allo slato attuale tutti i più autorevoli studiosi di questo problema sono giunti alla conclusione che l'Antigene Australia è associato solo all'epatite di tipo B o che costituisca il virus stesso o parte di esso, talché secondo la terminologia attuale il nome di «Antigene Australia» è stato sostituito con quello di «Antigene dell'epatite B » (HB ag = Hepatitis B antigen). La microscopia elettronica ha evidenziato per l'Antigene Australia in preparazioni purificate le seguenti caratteristiche: a) particelle sferiche di 20 millimicron di diametro; b) particelle sferiche di 40 millimicron di diametro: queste sono costituite da una parte esterna e da un nucleo centrale di 27 millimicron; sono state denominate particelle di Dane e sarebbero il virus stesso. Almeida con un detergente, il twen 80, è riuscito a rompere l'involucro esterno di queste particelle in modo da ottenere libero il componente interno. E' stato dimostrato che nel siero di soggetti affetti da epatite virale esistono anticorpi contro il componente interno e non contro quello esterno. Attualmente si ritiene che nei nuclei delle cellule epatiche umane avvenga la formazione del componente interno (acido nucleico); questo passerebbe attraverso la membrana nucleare nel citoplasma dove si rivestirebbe del mantello proteico costituendo il virus maturo. c) Forme filamentose lunghe 100 millimicron e larghe 20 micron. Sarebbero dovute a eccesso di materiale proteico presente nella cellula necrotica. Dove si trova Esistono almeno 4 sottotipi antigenici dell'Antigene Australia e sono in corso studi sulle loro caratteristiche ed il quadro di malattia che determinano. L'Antigene Australia ha una mobilità elettroforetica di una alfa I-globulina, una gravità specifica minore di 1,21; resiste a 56-60 gradi centigradi per 60 minuti; al congelamento-scongelamento, alla permanenza per 6 mesi a temperatura ambiente per 20 anni a —20°C. E' inattivato a 85-100°C per 60 minuti; contiene proteine, lipidi, RNA (5 per cento), DNA-polimerasi; non contiene carboidrati; è inattivato da un inibitore del tessuto intestinale di soggetti normali. Numerosi tentativi eseguiti al fine di coltivarlo in vitro hanno dato risultati dubbi. E' presente nel sangue, bile, saliva, urine di soggetti affetti da epatite B. Si riscontra con elevata frequenza nei soggetti affetti da epatite cronica attiva e questo dato è di importanza considerevole in quanto indicherebbe che la presenza del virus gioca un ruolo fondamentale nel condizionare la evoluzione della malattia verso la cronicizzazione (De Ritis). L'Antigene Australia è strettamente collegato col virus epatitico di tipo B. Al momento tuttavia non è possibile asserire se esso sia il vero virus epatitico B o una parte della sua struttura virionica, o se invece, pur non derivando direttamente da virus, rappresenti una proteina sintetizzata dalle cellule dell'organismo, verosimilmente quelle del fegato, sotto lo stimolo del virus epatitico. Quale che sia la definitiva interpretazione di tali rapporti è certo che il sangue di individui portatori di Antigene Australia è da considerare infetto da virus epatitico B e come tale non utilizzabile, né per le trasfusioni, né per la preparazione di emoderivati. I portatori di Antigene Australia devono essere considerati come la riserva naturale del virus epatitico B dalla quale, attraverso i diversi meccanismi epidemiologici noti (trasfusioni, iniezioni con siringhe non sterilizzate, lesioni di continuo della cute delle mucose, probabilmente insetti ematofagi ecc.) il contagio può essere diffuso ai soggetti recettivi. La presenza dell'Antigene Australia nel sangue di uremici da sottoporre ad emodialisi periodica crea dei gravi problemi tecni¬ ci, in quanto infetta le strutture del iene artificiale che non sono sterilizzabili, tanto che per questi soggetti si è ritenuto di dovere creare delle unità emodialitiche a parte, alle quali non possono essere ammessi i soggetti Au negativi. Nella popolazione normale è presente con una estrema variabilità; ad esempio nel Nord America nello 0,5 per cento, in Sicilia nel 9 per cento. E' differente immunologicamente dall'antigene fecale di Ferris nelle feci di soggetti con l'epatite di tipo A. Fernando De Ritia Direttore Cllnica Medica li Università di Napoli

Persone citate: Blumberg, De Ritis, Ferris