Quante manovre per lo "Strega,, di Liliana Madeo

Quante manovre per lo "Strega,, GRAN GALA PER IL PREMIO LETTERARIO A ROMA Quante manovre per lo "Strega,, Incertezza fino all'ultimo fra i due favoriti: Piero Chiara e Manlio Cancogni - Lo scrittore toscano, dichiarandosi estraneo ai nostri clan di letterati, spiega perché ha deciso di concorrere (Nostro servizio particolare) Roma, 4 luglio. Sono venuti proprio tutti, questa sera, alla consegna del 27" Premio Strega: intellettuali e attori, belle sconosciute e vegliardi scortati dall'ossequio generale, come Aldo Palazzeschi, arrivato di persona a consegnare la sua scheda. La votazione si è protratta a lungo, in una notte calda. La lavagna su cui venivano trascritti i voti di preferenza ha polarizzato per ore gli sguardi degli invitati, dal fondo del ninfeo di Valle Giulia. Il risultato Anale è stato incerto sino all'ultimo minuto. Il gioco delle previsioni si presentava difficile, anche per i più sperimentati « addetti ai lavori ». Il numero di voti su cui Piero Chiara (« Il pretore di Cuvio ») e Manlio Cancogni («Allegri gioventù») potevano contare, si eguaglia¬ va all'incirca: alle 21,30 — quando s'è iniziata la votazione — ciascuno dei due scrittori poteva diventare il vincitore del Premio Strega 1973. «Gli animi sono elettrizzati — diceva con palese soddisfazione Maria Bellonci, la grande animatrice della manifestazione. — Anche un voto solo può essere determinante. Ogni elettore si sente quello che decide la vittoria dell'uno o dell'altro ». Faceva scorrere lo sguardo sopra la solita folla elegante che affluiva nel ninfeo di Valle Giulia e assaporava il trionfo della padrona di casa cui è riuscito di offrire ai suoi ospiti un prezioso motivo in più di animazione e divertimento: la suspense. La giornata, oggi, è incominciata presto per tutti, direttori editoriali, elettori, candidati al premio, amici dei candidati. Alle 9 l'attività era già intensa nelle sedi delle case editrici, la catena delle telefonate — fra alcune centinaia di persone — era continua e serrata, l'altalena delle speranze si propagava per ondate alterne nel mondo delle lettere italiano, per l'occasione confluito tutto a Roma. Si facevano i conti: Mondadori (Chiara) ha vinto per due anni di seguito, un successo di Rizzoli (Cancogni) darebbe soddisfazione a molti, Chiara si presentava favorito finché la Bellonci non aveva scoperto le sue carte, adesso che si è compreso in quale direzione vanno le sue simpatie, Cancogni può contare su un bel numero di voti in più, i fedelissimi della scrittrice, il pasaggio di un direttore editoriale alla casa concorrente avrebbe procurato uno slittamento di voti — ma quanti? — a favore del suo candidato e a svantaggio dell'altro. Si ricordavano le edizioni analoghe, quando un voto decise del vincitore: il '61 con La Capria che batté Arpino e la Cialente, il '67 con la Ortese che prevalse su Brignetti. La serata presentava alcune novità: Luigi Barzini, presidente del seggio esonerato dall'incarico e sostituito da Cassola; la tradizione dell'attrice delegata a scrivere i numeri sulla lavagna interrotta, essendo stata incaricata del compito Ilaria Rattazzi, «creatura gentile, di prestigiosa casata, ha anche dimestichezza con i libri, dato che lavora in una casa editrice » come raccontava la Bellonci; il dono di un quadro — che quest'anno è una tela di Corrado Cagli — aggiunto al premio di un milione di lire. Questi innovazione ha fatto dire a Guido Pio vene: « Decisione ottima. Perché non le si dà valore retroattivo?». Nel crescere della tensione, mentre si avvicinava l'ora dello scrutinio, tre dei finalisti venivano dati ormai fuori gio¬ cpClndpdmmVSpdac«mndegspAbzssnnlstlttgvuIsSrccEEpcfplnloznccddrMGgolzct co; Enzo Siciliano (« Rosa pazza e disperata»), Guido Ce ranetti (« Aquilegia »), Carla Cerati (« Un amore fraterno»). Si attendevano notizie di Piero Chiara, partito ieri per Firenze, e dato sulla via del ritorno fin da stamattina: ma a Roma è giunto poco prima che le luci al ninfeo di Valle Giulia si accendessero. Si cercava Manlio Cancogni, per carpirgli le dichiarazioni di rito, ma lo si incontrava accaldato, indifeso, in maniche di camicia, che diceva: « Certo che ci tengo al premio! Sono qui apposta e se non me lo dessero non saprei davvero fingere indifferenza ». Nel suo modo tumultuoso e colorito di parlare, proseguiva: « Ho accettato di presentarmi senza convinzione, poi ho preso tutto sul serio. Avevo passato un periodo brutto, di tensione e amarezze. Pensavo che questo pensiero sarebbe servito a distrarmi. Credo invece che non mi abbia giovato per niente ». Cancogni fa anche il giornalista e il professore d'Università, vive in America e soltanto di passaggio si mescola ai letterati italiani. Ad uno scrittore come lui che cosa importa del Premio Strega? «Prima di tutto è un traguardo che, una volta scelto, vien voglia di superare. Poi è un'occasione per guadagnare. I miei libri non hanno mai superato certe tirature. Lo Strega automaticamente mi renderebbe almeno 20 mila copie in più. E alla mia età certe soddisfazioni contano. E' un riconoscimento, inoltre. E nessuno, per quanto critico e disincantato, è del tutto insensibile a tali lusinghe ». Per chi vive lontano dagli ambienti letterari della capitale, che effetto fa trovarvisi tuffato, e in una situazione particolare come questa? « / miei rapporti con i letterati italiani sono difficili, forse anche per colpa mia. Io non so mentire. Non so dirmi sempre aggiornato su tutto. Non posso dosare le parole, per un semplice scambio di idee. Non so usare le carte con cui si gioca. Sono estemporaneo, amo la mia libertà, sono semplice, i miei divertimenti preferiti sono le passeggiate solitarie e le fantasticherie. Stare alle regole della società letteraria mi logora. E poi sono regole tutte nostrane: in America ogni scrittore vive solo, con la gente che gli piace a fianco; corre da solo la sua corsa, e non si aspetta da chi fa il suo lavoro la telefonata quotidiana, la protezione e la complicità del clan ». Liliana Madeo

Luoghi citati: America, Cassola, Cuvio, Firenze, Roma