L'assalto al palano di Allende

L'assalto al palano di Allende Inquietudine dopo un colpo di Stato mancato sul nascere L'assalto al palano di Allende E' fallito venerdì scorso (ventidue morti negli scontri) - Da allora in tutto il Paese c'è praticamente lo stato d'assedio: il provvedimento, chiesto dal Presidente, deve essere approvato dalle Camere - Voci di rivolte nelle guarnigioni periferiche - Durissima censura sui giornali, stazioni radio - Sono accresciuti i contrasti tra i partiti (Dal nostro inviato speciale) Santiago, 2 luglio. A tre giorni dal fallito assalto al palazzo presidenziale, il tentativo di tracciare un quadro dell'attuale situazione politica cilena urta contro una barriera di interrogativi che lasciano la via aperta ad ogni ipotesi, non escluse le più avventurose. Dal primo pomeriggio, la Camera sta discutendo il provvedimento presentato da Salvador Allende per applicare in tutto il Paese le misure dello stato d'assedio durante i prossimi tre mesi. L'opposizione democristiana e del partito «National» è decisa a respingerlo: afferma che la legge lascerebbe al governo poteri quasi assoluti e alle forze che ne sono fuori nessuna possibilità di controllo e di critica. Ma anche nella coalizione di «Unidad popular» esisterebbero delle perplessità in proposito, malgrado il blocco che sostiene Allende si mostri tuttora sostanzialmente compatto. Di qui sorge la prima domanda, cui nessuno azzarda una risposta. Solo è possibile raccogliere considerazioni. Se è vero che lo stato d'assedio sottrae mezzi di pressione al centro democristiano e alla destra del partito «National» — si dice — è altrettanto vero che limita anche le possibilità d'azione delle sinistre a livello di massa. Con l'ordine pubblico nelle mani dei militari, occupazioni di fabbriche, concentrazioni di militanti, manifestazioni di piazza divengono impossibili o quantomeno assai pericolose da realizzare, anche in caso di estrema necessità. L'ultrasinistra del «Movimiento de izquìerda revolucionaria» (Mir), ma anche alcune tendenze del partito socialista ne sono preoccupate. Non è difficile immaginare l'esistenza di un dibattito interno anche vivace. Esempi a sostegno di certi timori già sono possibili oggi, in conseguenza dello stato di emergenza e del coprifuoco vigenti nella capitale da venerdì scorso. In ciascun giornale, in ogni stazione radio e televisiva, non esclusi quelli governativi, due ufficiali dell'esercito applicano una ri- garosa censura. Ieri, l'organo del partito comunista, El Siglo, è uscito in edicola con ampi spazi bianchi; interi periodi di numerosi articoli erano stati tirati via dai censori. Altrettanto è accaduto al giornale democristiano La Prensa e al El Mercurio. Oggi, tutti i quotidiani, compreso La Nacion, di proprietà del governo, portano un taglio nello stesso comunicato ufficiale della segreteria generale di Allende in cui si precisa la sua posizione di fronte agli ultimi avvenimenti. Soltanto El Siglo riporta per intero il testo, così che si può leggervi la parte mancante negli altri. Si riferisce al tentativo di uccidere il generale Prats, comandante in capo dell'esercito, compiuto da un tenente delle forze ribelli quando queste già stavano arrendendosi al loro comandante supremo. Non aiuta a comprendere la ragione dell'interven¬ to della censura, tuttavia il fatto resta. E con il coprifuoco, alle 11 di ogni notte il governo affida formalmente la capitale alle forze armate fino all'indomani mattina alle 6,30. Il lealismo dimostrato dalla grande maggioranza dei militari è riconosciuto da tutte le parti politiche. Ho veduto stamane, in diverse circostanze, il generale Carlos Prats, i « ca.rabir.eros » di guardia al palazzo della Moneda e il presidente Allende applauditi dalla gente che s'incontrava al loro passaggio. Il governo assicura al tempo stesso che la situazione è tranquilla. Cinque terroristi di estrema destra si sono rifugiati nell'ambasciata equadoriana. José Toha, socialista e ministro della difesa, ha precisato oggi che i morti di venerdì sono 22, di cui 13 militari. Ha poi smentito oggi le insistenti voci che da ieri mattina parlano di gravi insubordinazioni nelle guarnigioni del Sud. Qualcuno continua nel sostenere che gli ussari del reggimento Valdivia sono stati fermati sul portone della loro caserma dal generale Enrique Pinochet, nel momento in cui stavano uscendo, forse diretti a Santiago. Un episodio analogo sarebbe avvenuto ad Angol, sempre nel sud. A circa quattrocento chilometri dalla capitale tutte le truppe coinvolte in queste presunte sollevazioni appartengono alla cavalleria blindata. « Quel che è certo è che tra soldati non si è sparato nemmeno quando il colonnello Roberto Souper Onfray e i suoi uomini hanno tentato di impadronirsi della Moneda » commenta un membro della commissione politica del partito socialista. E lascia intendere che tra esercito e ' carabinieros esisterebbe una rivalità di corpo, che aggiunge una spiegazione in più. all'accanimento di entrambe le parti nella battaglia di Plaza Constìtudòn. Diventa ragionevole supporre che i diversi punti di vista presenti in Unidad popular vadano riassumendosi in due linee divergenti: quella del presidente Allende, tuttora convinto di poter condurre il Cile al socialismo, attraverso una serie di riforme che si mantengono all'interno del quadro istituzionale e quella della maggioranza di socialisti e comunisti i quali manifestano la certezza della impossibilità a continuare per questa strada. Essi contano e contemporaneamente sono sollecitati da una base tanto vasta quanto radicalizzata, come la folla che venerdì sera chiedeva ad Allende «mano dura, mano dura» e per la prima volta lo ha fischiato quando ha risposto che avrebbe continuato a rispettare fino in fondo le norme costituzionali, aggiungendo soltanto più tardi che pensava ad un referendum popolare. Il presidente mostra di avere scelto forse irrevocabilmente la contrattazione permanente: con i militari, che rivuole al governo; con l'opposizione, la quale spesso ottiene modifiche sostanziali nei progetti di legge con le élites operaie, infine, come nel caso dei minatori di El teniente, ai quali ha concesso gran parte di quanto chiedevano ed è riuscito in tal modo a chiudere uno sciopero che andava avanti da quasi due mesi, provocando danni enormi (un milione di dollari al giorno) alla già asfittica economia cilena. Ma ha aggiunto un motivo di più alle discordanze manifeste in Unidad popular. Livio Zanotti Vidi di b

Luoghi citati: Angol, Cile, El Mercurio, Santiago