Guerra alle "massaggiatrici,,

Guerra alle "massaggiatrici,, Il convegno delle estetiste a Rivanazzano Guerra alle "massaggiatrici,, Sono stanche d'essere confuse con le "nuovissime, elegantissime, riservate, esperte, tutto relax, orario continuato" - Chiedono: riconoscimento giuridico, autonomia sindacale, istituzione di scuole pubbliche regionali (Dal nostro inviato speciale) Voghera, 2 luglio. «Che fare quando qualcuno s'informa sulla tua professione? Ignorare che, appena l'han saputa, le donne sorridono con ironia mascherata di tolleranza e gli uomini tossicchiano imbarazzati? Dire "sono estetista" oggi equivale a una confessione». Stanche d'esser confuse con le «nuovissime elegantissime massaggiatrici riservate esperte tutto relax orario continuato», che sempre più spesso compaiono tra le inserzioni pubblicitarie, le estetiste vere — quelle che curano l'epidermide e basta — han dichiarato battaglia. Domenica, le iscritte all'Associazione italiana si sono riunite nella sala conferenze dello stabilimento termale a Rivanazzano per discutere i problemi della categoria e per illustrare i due disegni di legge presentati al Parlamento nell'estate scorsa e ancora non discussi. Erano presenti la presidentessa dell'A.l.E. Carmen Carnati, la segretaria nazionale Piera Grassi, l'onorevole democristiano Fortunato Bianchi, il sindaco di Rivanazzano, il sindacalista Culli e il direttore delle Terme, Leidi. Al- l'ordine del giorno, i quattro problemi più sentiti: riconoscimento giuridico della categoria (per ora considerata «affine» al mestiere artigiano di barbieri e parrucchieri), autonomia sindacale, formazione professionale e istituzione di scuole pubbliche regionali, o autorizzate dalla. Regione, con programma approvato dai ministeri della Pubblica Istruzione e della Sanità. Benché le presenti al convegno fossero poco più d'un centinaio, il numero delle estetiste in Italia ammonterebbe a circa 30 mila. Questo, almeno, secondo una indicazione fornita dal ministero della Sanità. Lavorano in una miriade non meglio precisata di istituti di bellezza («I censimenti continuano a ignorarci» lamenta la presidentessa Caniati) e attorno a loro gravitano i 500 miliardi annui di fatturato dell'industria cosmetica. La polemica più vivace è con le Commissioni provinciali per l'artigianato: «E' a questi enti — dichiara ancora la Caniati — che le leggi demandano il compito di certificare la qualificazione professionale. Ma proprio qui si è toccato il fondo dell'assurdo: sono stati accettati titoli conseguiti in scuole private e si sono rifiutati gli attestati di qualifica professionale ottenuti presso l'Iniasa, che per legge è abilitato a istituire corsi complementari per l'apprendistato. Tutti sanno che le scuole private spesso non sono uno specchio di serietà: molte non si preoccupano di preparare le allieve, altre sono legate a grossi interessi industriali». Ma fatalmente il discorso è scivolato sulla «difesa della dignità professionale». «Credere che estetista sia sinonimo di ragazza squillo è diventato un luogo comune diffuso al punto che spesso ì due termini sono usati indifferentemente. E questo è avvenuto anche in tribunale, a Genova, durante un importante processo. Il nostro non è un atteggiamento codino o di caccia alle streghe. Che esistano altre professioni, lecite o no, morali o meno, a noi non interessa. Ciò che ci ferisce è che, per abuso di titolo compiuto da altri, siamo sottoposte a una censura sociale che non meritiamo. Non solo: dobbiamo scontare autentiche persecuzioni». Si raccontano episodi incresciosi e grotteschi. «Molte di queste ragazze — sostiene il sindacalista Gulli — sono "volanti". Si spostano da una città all'altra e alloggiano spesso in albergo. Trovano sovente portieri premurosi che informano subito la clientela maschile dell'arrivo di un' "estetista". Le noie che ne derivano son facili da immaginare». I guai possono cominciare anche quando si tenta di aprire uno studio. «Arrivano subito le telefonate — dice una signora mantovana —. Di tre tipi. Le prime insolenti: uomini che chiedono appuntamenti e difficilmente si convincono di avere sbagliato indirizzo. Credono a uno scherzo e s'arrabbiano. Le seconde sono intessute d'insulti: donne che inveiscono contro di noi "svergognate". Ci sono infine le chiamate di minaccia. E a tutte è arrivata almeno una telefonata inspiega¬ bile, subito dopo aver cominciato a lavorare. E' sempre una voce d'uomo che s'informa sulle nostre intenzioni fin nei minimi dettagli: se intendiamo proseguire la professione, chi sono i clienti. Molte sono propense a credere che si tratti di un accertamento di polizia, ma nessuna è in grado di provarlo. Il rimedio a questa situazione è uno solo: istituita una scuola regolare, riconosciuta la professione, si potrà ricorrere a provvedimenti anche legali contro gli abusi». Eleonora Bertolotto

Persone citate: Eleonora Bertolotto, Fortunato Bianchi, Gulli, Leidi

Luoghi citati: Genova, Italia, Rivanazzano, Voghera