Le Regioni studiano un piano per vincere gli inquinamenti

Le Regioni studiano un piano per vincere gli inquinamenti Tutte d'accordo, senza distinzioni politiche Le Regioni studiano un piano per vincere gli inquinamenti Vogliono una programmazione che tenga conto della battaglia ecologica e chiedono che il Cnr, annualmente, fornisca un rapporto sullo stato dell'ambiente - Se non si rimedia fra cinque anni in Italia ci sarà la stessa devastazione del Giappone (Dal nostro inviato speciale) Urbino, 30 giugno. La seconda giornata della conferenza nazionale sull'ambiente ha contribuito al chiarimento di alcuni punti fondamentali per il passaggio dalla fase delle indagini a quella della formazione di una politica che dovrebbe essere attuata dal nuovo governo, dalle Regioni e dagli enti locali. Ammesso che la relazione della Tecneco, in parte pregevole e in parte discutibile, ha acceso la miccia sotto una situazione esplosiva (fra cinque anni, se non cambiano le tendenze in atto, l'Italia sarà inquinata e devastata come il Giappone), si tratta ora di rispondere a una serie di domande per il fui uro: come e con quali poteri e mezzi restaurare l'ambiente, come programmare in modo effettivo l'uso del territorio e delle risorse naturali, a chi affidare responsabilità e decisioni. Il dibattito in corso a Urbino offre una serie di indicazioni. Anzitutto si va profilando la convergenza delle Regioni, di ima parte degli organi dello Stato e delle forze culturali, su alcune idee che fanno intravedere i lineamenti di una politica ambientale democratica, più vicina ai bisogni effettivi dell'uomo, più coerente con la necessità di conciliare sviluppo e tutela della natura. Dal documento unitario delle Regioni alle proposte di Bassani a nome di «Italia Nostra», al discorso di Giovanni Berlinguer, corre un filo abbastanza solido. Si sta formando uno schieramento, rafforzato da buona parte degli scienziati che chiede queste cose: a) per la conoscenza e la ricerca scientifica venga potenziato il Cnr, senza deleghe a società pubbliche o private; b) la politica nazionale per l'ambiente deve essere ge stita attraverso le Regioni, le Province, i Comuni; viene perciò respinta l'ipotesi di un superministero dell'ambiente; c) non basta affidare alla tecnologia il compito di disinquinare, è indispensabile ri muovere le cause degli inqui namenti e della degradazione ambientale, modificando i processi produttivi e scegliendo le produzioni che arrecano minor danno; d) l'aggiorna mento delle norme che regolano l'uso del territorio (in particolare la vecchia legge urbanistica) è indispensabile per realizzare una seria politica ecologica. In un fascìcoletto verde (il colore potrebbe alludere al risveglio di interessi per l'agricoltura) le Regioni autonome hanno presentato la loro prima presa di posizione unitaria, senza distinzioni o riserve dovute alle diversità delle maggioranze che le governano. Fatto nuovo, di importanza eccezionale. Vediamone in sintesi il contenuto. Le Regio ni rivendicano il potere legislativo in materia ambientale e intendono suddividere col Parlamento e il governo la responsabilità di fronteggiare la crisi ecologica. Affermano che è impossibi le fare una seria programma zione economica se non si tiene conto delle risorse naturali e dell'ambiente, ed esigono di partecipare alla programmazione stessa (esiste una commissione paritetica dallo scorso anno). Le Regioni chiedono anche che il Cnr sia incaricato di presentare annualmente al Paese un «rapporto generale sullo stato dell'ambiente» (la relazione fatta dalla Tecneco per incarico del governo Andreotti), col contributo informativo delle Regioni e degli enti locali. A questo punto è evidente che le Regioni autonome dicono fermamente «no» a ogni ipotesi tecnocratica. Non accettano che la «Tecneco» continui in futuro a fornire la base conoscitiva e indicano il Cnr; jion accettano V«inammissibile ingerenza di agenzie operative». Ricordiamo che da qualche parte si continua a parlare ài-^agenzie», Iri o diverse, che assumerebbero la gestione dell'ambiente in Italia quasi si trattasse di costruire e gestire autostrade. Aperta la battaglia per il potere ecologico, si tratta di stabilire come usarlo, con quali obiettivi. Il generico ac cenno del documento regiona le a nuove produzioni non inquinanti e a minori consumi delle risorse naturali ha un supporto interessante nelle proposte che «Italia Nostra» ha presentato all'onorevole Rumor per il programma del nuovo governo. Giorgio Bassani ne ha parlato alla Conferenza. Considerato il fatto che la produzione di elettricità e il consumo di petrolio contribuiscono largamente all'inquinamento e alla degradazione dell'ambiente naturale, «Italia Nostra» propone di verificare quali siano i reali fabbisogni di energia (in par¬ titdagfbv«fdèpedcbnlrctpbigcczp te motivati da produzioni non indispensabili, come una parte della chimica di base, cioè della «plastica»). Dilatando all'infinito i consumi di energia, principalmente quella fornita dal petrolio, si avrebbero danni gravissimi e irreversibili. Altra proposta di «Italia Nostra», veramente fondamentale: ima legge-quadro per l'urbanistica. Bassani è stato esplicito: «Occorre separare il diritto di proprietà e il diritto di edificare, concedendo quest'ultimo contro corrispettivi che permetterebbero di acquisire aree destinate a servizi pubblici». Il nodo resta sempre quello: dirigere l'uso del territorio. Soltanto avendo il pieno controllo del suolo si può vietare di costruire case o di impiantare industrie dove l'ambiente naturale deve restare intatto. Diversamente i progetti di parchi restano sulla carta (ormai si contano a centinaia) e la programmazione si riduce a un elenco di propositi. Va riconosciuto, tuttavia, che lo Stato e le Re¬ gioni non hanno dato prove brillanti dove potevano disporre di suoli pubblici o acquisiti. Valga l'esempio della Petrolchimica di Stato nella Valle del Tirso. Per il futuro si può citare l'impianto siderurgico negli oliveta e aranceti di Gioia Tauro (nessuno ha mai accertato quanti posti di lavoro darebbe un'agricoltura specializzata). Per correggere queste storture, a Urbino si parla sempre più chiaramente di svolte negli indirizzi di sviluppo. La Petrolchimica ha avuto un attacco documentato da Virginio Bettini, direttore di «Ecologia»: la colpa dell'aumento fortissimo degli inquinamenti è dello sviluppo di tecnologie non necessarie (materiali che sostituiscono sostanze biodegradabili già esistenti) ma fornitrici dei massimi profitti. Ci stiamo infestando di Pcb, più pericoloso del Ddt (in Svezia lo proibiscono), un additivo della plastica. Fatto saliente è il ritorno alla ribalta dell'agricoltura, come attività umana in per¬ fetta armonia con l'ambiente. L'aumentata disponibilità di informazioni non consente di affermare che il nostro Paese è soggetto più di altri a erosioni, frane, alluvioni, disastri, perché condannato dalla natura. Mille partecipanti alla Conferenza di Urbino continuano assiduamente i lavori; si concluderanno lunedì. Una rassegna di opinioni imponente, che è impossibile riportare anche per soli accenni. Nella tarda serata, quando il Palazzo Ducale sarà chiuso, ci sarà una contro-conferenza ecologica indetta dal Movimento studentesco. Parlerà Capanna, venuto da Milano per combattere la «mistificazione ecologica» degli ambienti ufficiali e per indicare i lineamenti di una diversa politica in difesa dell'uomo e dell'ambiente. Il problema, evidentemente, ha raggiunto la sua massima maturazione; non è più ritenuto l'invenzione di esaltati che amano dipingere il futuro in modo drammatico. Mario Fazio

Persone citate: Andreotti, Bassani, Giorgio Bassani, Giovanni Berlinguer, Mario Fazio, Rumor, Virginio Bettini