Quando il palco diventa un ring

Quando il palco diventa un ring Lo spettacolo del R.A.T. Theatre in scena a Chieri Quando il palco diventa un ring Urla, mugolìi e ansiti con pochissime parole gridate o sussurrate - Sull'esigua pedana allestita nella cappella di San Filippo gli attori sono impegnati in un vero combattimento di lotta libera (Nostro servizio particolare) Chieri, 30 giugno. Perché questi cinque giovani, quattro ragazzi e una ragazza, s'abbracciano e si baciano piangendo e ridendo, noncuranti degli spettatori che gli si stringono intorno, nella cappella di San Filippo di Chieri dove hanno appena dato una rappresentazione? E' il loro modo di scaricare la tensione accumulata durante lo spettacolo, di spegnersi addosso, reciprocamente, le vampate di odio, passione e violenza dalle quali si sono sentiti investiti per oltre un'ora. Quasi un rito, liberatorio, che prolunga e conclude quello al quale hanno or ora partecipato. Non per niente il gruppo inglese, che ha presentato al festival «I giovani per i giovani» due suoi spettacoli, si chiama «Ritmi and Tribal Theatre». Termine improprio Teatro gestuale è qui un termine improprio, e abbastanza equivoco. Serve soltanto a ricordare che gli interpreti assumono come gesti, con le urla, i mugolìi e gli ansiti, anche le pochissime pa¬ role che gridano o sussurrano. Per il resto converrà' parlare di fisicità o di corporeità, essendo il corpo il solo veicolo di trasmissione delle idee. E queste, a loro volta, più che idee sono situazioni di una società che non si riesce a immaginare se non primitiva, tribale appunto, anche quando, in realtà, sono i meccanismi della nostra che vengono messi a nudo, smontati e triturati. Non importa poi se questa società, o tribù, si collochi alle origini dell'umanità, come potrebbe essere collocata quella di Hunchback (ma, ripeto, è anche la società di oggi), o dopo l'annientamento dell'umanità stessa, provocato da una catastrofe nucleare, come avviene in Blindfold. Quel che conta sono i rapporti che si determinano all'interno di essa e che non sono soltanto, si badi, quelli che vengono per così dire drammatizzati, ma anche quelli che si stabiliscono, prima e durante le rappresentazioni, fra gli interpreti, e fra costoro e il pubblico. Così, su una situazione di partenza, nata magari da un'improvvisazione da labora¬ torio, si sviluppa una struttura, o una costruzione scenica che può essere la lotta continua di un individuo emarginato che tenta di inserirsi nel tessuto di una società superiore e da questa viene incessantemente respinto ("Hunchback, cioè «Il gobbo»), oppure il confronto tra un minorato, unico superstite di un'esplosione atomica, e i bambini non ancora nati che egli ha strappato dal grembo materno ma che ha bendati per assicurarsi su di loro una superiorità che la sua minorazione non gli consentirebbe (Blindfold, cioè «Ad occhi bendati»). L'azione vissuta In entrambi i casi, lo spettacolo è il risultato di un lungo e intenso lavoro in comune sul proprio corpo. Il modello è chiaramente Grotovski, sia direttamente sia per il tramite di Barba (con il quale il Rat Theatre ha trascorso un periodo di studio all'Odin Teatret di Holstebro), con la sola differenza di una più esasperata materialità che spinge questi ragazzi a scambiarsi botte da orbi (non è un modo di dire, almeno in Blindfold; ; in un combattimento senza esclusione di colpi che a volte trasforma in un ring di lotta libera l'esigua pedana di legno sulla quale essi recitano e, alla fine, giacciono contusi e spossati. Ma recitano? Direi che, inventatasi una situazione, prima la studiano, poi vi si chiudono e finiscono col viverla. E questo è già un grosso limite con l'aggravante di essersi fermati alle tecniche violente (e sadomasochistiche: penso al Principe costante; che Grotovski e altri gruppi esercitavano cinque, dieci anni fa. Ma le esercitavano come un mezzo, lo si è visto dopo, non come u:t fine. Il lavoro del Rat, invece, non ha sbocco, e il coinvolgimento del pubblico che forse potrebbe contribuire a sbloccare o a mutare una situazione, diventa impossibile in uno schema irrigiditosi e solidificatosi durante le prove e che l'intervento dello spettatore può, se mai, spezzare, non certo modificare o sviluppare. Eccoci in un'impasse di tanta avanguardia d'oggi. Abolita o ridotta al minimo la parola, inventato o ritrovato il gesto, il teatro rischia poi di segnare il passo in ammirevoli ma sterili esercitazioni. I gruppi sperimentali più aperti lo hanno capito e, pur non abbandonando le strade battute, altre ne tentano che con quelle s'incrocino. E ricuperano, ad esempio, le tradizioni popolari passandole al filtro di una nuova sensibilità, lo si è visto proprio a Chieri. Oppure non dimenticano che il teatro è anche gioco, nel senso più ampio della parola. Al punto che un modesto, ma talvolta acuto divertimento sul Macbeth scespìriano degli studenti del liceo Segrè di Torino, guidati però da un attore provetto come Franco Brancìaroli, può essere preso come un segno del vento che cambia. Alberto Blandi

Persone citate: Alberto Blandi, Barba, Franco Brancìaroli, Segrè

Luoghi citati: Chieri, Holstebro, Torino