Giallo e karaté

Giallo e karaté PRIME SULLO SCHERMO Giallo e karaté "Melinda" di Hugh A. Robertson, con attori negri - "La fabbrica dell'orrore" di Ted Hooker Melinda di Hugh A. Robertson, con Calvin Lockhart, Vonetta McGee, Rosalind Cash. Americano a colori. Cinema Torino. (a. v.) Il « black cinema », il cinema dei negri, non solo si rifà ai moduli del «giallo» hollywoodiano, ma chiede in prestito le risse collettive basate sul karaté e divulgate anche troppo dai prodotti di Hong Kong. Protagonista di Melinda non è la bellissima ragazza mulatta di questo nome, alla quale tocca la malasorte d'essere ammazzata quasi subito, bensì il suo ultimo e sfortunato amante, il negro Frankie, ciarliero intrattenitore d'una stazione radiofonica e frequentatore assiduo d'un corso di arti marziali. L'uccisione di Melinda lo pone al centro d'un intrigo lche l'obbliga a trascurare le lezioni di karaté per dare la precedenza alle indagini rivolte a stabilire perché e da chi la fulgida ragazza di colore è stata non solo colpita a morte, ma anche sfigurata orrendamente. La curiosità investigativa di Frankie non garba alla ghenga responsabile del crimine e il volonteroso giovanotto rischierebbe egli pure una brutta fine se al momento critico i suoi amici esperti nei colpi più micidiali del karaté non arrivassero a dargli una soccorrevole mano. Prodotto commerciale non di prima qualità, Melinda appare tuttavia un « giallo » che si fa perdonare le varie rozzezze dell'intreccio criminoso e delle interferenze politiche grazie alla scioltezza del ritmo narrativo e all'innegabile furbizia della confezione. Calvin Lockhart non manca dell'istrionismo necessario al ruolo di Frankie, mentre tra le donne la brava Rosalind Cash soverchia Vonetta McGee, costretta dalla parte di Melinda, l'uccisa, a sparire prestissimo dallo schermo, lasciando un rimpianto molto vivo anche nello spettatore. .-- ★ ★ La fabbrica dell'orrore di Ted Hooker, con Mike Raven, James Bolan, Mary Maude. Inglese a colori. Cinema Ariston. (a. v.) Vicenda macabra, non delle più chiare e semplici, raccontata da un film inglese di seconda serie, dominato dalla figura d'un folle criminale che aspira all'immortalità come artista creatore di statue fuse sul corpo nudo di modelle vive. Il kimono, per dir cosi stregato, vestito a suo tempo da una delle vittime, capita successivamente tra le mani, e poi sulla pelle, di una nuova giovane allieva del mostro: dall'indumento ella eredita una specie di potere arcano che la fa iniziatrice e strumento d'una vendetta crudele. Approssimativamente la storiella è questa. Il suo svolgimento, non perspicuo, cerca di seguire la routine dei film dell'orrore, come è anche precisato dal titolo italiano. Il risultato è abbastanza scialbo, salvo che nel concentrato epilogo, sostenuto da una certa intensità drammatica.

Luoghi citati: Hong Kong, Torino