Cave di pietrisco deturpano come una carie la selvaggia rupe della Sagra di S. Michele

Cave di pietrisco deturpano come una carie la selvaggia rupe della Sagra di S. Michele Mentre la famosa abbazia ha raggiunto i mille anni Cave di pietrisco deturpano come una carie la selvaggia rupe della Sagra di S. Michele Spostata la miniera principale, le cui mine facevano tremare la costruzione sulla vetta, ne restano altre tre che hanno raddoppiato il fronte di scavo • La "Pro Natura" contro il "delitto estetico" che minaccia uno dei più bei paesaggi italiani - Un decreto del presidente Saragat e un esposto degli abitanti della zona non hanno ottenuto alcun risultato Uno dei paesaggi più suggestivi d'Italia, l'alta selvaggia rupe del Monte Pirchlriano su cui, all'imbocco della valle di Susa, sorge la Sagra di San Michele rischia di essere irrimediabilmente deturpato. Da anni la montagna viene corrosa dalle macchine e dalle mine di alcune cave di pietrisco. Il monte si mostra ora per ampi tratti spoglio di vegetazione, 1 Banchi aperti da brutte ferite: prima che la situazione possa tornare quella di un tempo, nel punto più battuto, secondo gli esperti dovrà passare almeno un secolo. Ma c'è il pericolo che la cocciuta resistenza del verde venga debellata del tutto. Cosi non rimarrà che l'immagine sgradevole di un grande « canino » corroso dalla carie. Le cave, un tempo, erano cinque. La più grande, detta Bertassi, otto anni fa ha chiuso i battenti e il cantiere è stato spostato a pochi chilometri, oltre la statale. Erano scoppiate polemiche per la « Bertassi »: 1 padri rosminiani, che reggono l'abbazia, protestavano per le vibrazioni prodotte dalle mine. Dice il padre Andrea Alotto, 71 anni, dal 1951 rettore della Sagra: « Anni fa c'erano preoccupazioni per la stabilità della costruzione. Quando esplodevano le mine, a mezzogiorno, il monte sembrava vibrare. Poi la cava che dava più pensieri venne spostata: si era scoperto che, a forza di scavare, l'aspetto del Pirchirìano cambiava, naturalmente in peggio. Oggi pericoli per la stabilità non ce ne sono più, anche se gli altri scavi non sono certo belli a vedersi ». Per impedire questo « delitto estetico » si muove anche la Pro Natura Torino che ha stampato tremila copie di un volantino che verrà distribuito oggi ai gitanti: «La Sagra, a mille anni dalla fondazione, dopo avere sfidato in- iasioni, assedi, terremoti, sta per sparire distrutta dalle cave che disgregano il Monte Pirchlriano per produrre pietrisco di seconda scelta. E tutto questo avviene nonostante vi sia un decreto firmato dal Presidente della Repubblica Saragat, che protegge sia la Sagra che il Monte Pirchlriano. Quello che non hanno osato fare nell'arco dt dieci secoli le soldataglie di tutta Europa, lo si sta tranquillamente e silenziosamente facendo alla luce del sole ». Con il decreto citato nel volantino, che risale al 16 febbraio 1971, la zona dell'abbazia viene dichiarata di « notevole interesse pubblico ». Nel manifesto si sottolinea che « oltre alla deturpazione ambientale esiste una situazione di grave disagio per gli abitanti della zona, a causa dei rumori e del pulviscolo ». Su questo problema un esposto con trecento firme venne Inviato, il 19 maggio scorso al Prefetto, al presidente della « Pro Natura » e all'Ispettorato ripartlmentale delle foreste. Dice Ugo Campagna, presidente della Pro Natura: « Negli ultimi tempi il lavoro delle cave rimaste è aumentato sensibilmente e il fronte di scavo in alcuni casi è raddoppiato, con grave danno per l'ambiente. Noi lavortamo in tutte le direzioni, speriamo di ottenere presto i primi risultati. Insomma, mi domando: " Con tante pietre che ci sono in Italia, è proprio necessario andare a cercarle lì? ". E' un'ostinazione che non ha giustificazione ». I controlli della Pro Natura sono accurati e continui. Prosegue il presidente: « Possiamo contare su due squadre molto efficienti di giovani, il gruppo ecologico e quello addetto alla salvaguardia delle montagne. Siamo andati al catasto e abbiamo ricostruito nei dettagli la zona e il profilo del monte ». Ai piedi dello sperone su cui sorge l'abbazia, una delle tre cave attive è quella « Pllonetto » dei fratelli Gillio: Vittorio, 65 anni, e Giuseppe, 62. Da alcuni anni si occupa del cantiere anche il figlio di uno del titolari, Pier Maurizio, 32 anni. Dice Vittorio Gillio: « Quando venimmo qui, nel 1951, la cava c'era ffià, anche se allora le pietre venivano estratte con la mazza. Oggi i sistemi sono cambiati, si usano le mine, una ogni tanto, però. Nel cantiere lavorano nove operai, estraiamo un tipo di pietra chiamato " sergentino " -impiegato nella costruzione delle strade ». Secondo Vittorio Gillio le esplosioni non minaccerebbero la stabilità della montagna: « Noi abbiamo una produzione limitata, 100 al massimo 150 metri cubi al giorno. Ci siamo sempre tenuti nei limiti segnati dalla concessione. Il limite di scavo, in altezza, ènergrqtivsdtefimmtfqèMmnlièmgqgddosdlnmamgdpgsfin è fissato a 500 metri: noi ci teniamo assai al di sotto ». Se la cava dovesse venir chiusa e il cantiere spostato, l'impresa rischierebbe il collasso. Prosegue Gillio: « Abbiamo macchinari per oltre 200 milioni, alcuni dei quali nuovi e molti intrasportablti. Poi esiste la difficoltà di trovare un'altra vena di questo stesso tipo di pietra. Certo ci rendiamo conto che anche l'ambiente va difeso, altrimenti i nostri figli non avranno più un posto dove vivere. Ma facciamo di tutto per compromettere il meno possibile ». Una delle cave nei pressi della Sagra di S. Michele. L'esplosione di mine rappresenta un grave pericolo per l'abbazia

Persone citate: Andrea Alotto, Gillio, Pier Maurizio, Saragat, Ugo Campagna, Vittorio Gillio

Luoghi citati: Europa, Italia, Susa, Torino