LETTERA DA JOHANNESBURG

LETTERA DA JOHANNESBURG LETTERA DA JOHANNESBURG Finché si trova l'oro Philippe Decraene Le Monde Al principio del secolo, a Pretoria o a Città del Capo, era di moda dire: « Johannesburg durerà soltanto sino a quando si troverà dell'oro... ». A quell'epoca Johannesburg era reputata la città più dissoluta del globo, un luogo di perdizione nel mondo civilizzato. Nel 1886, quando si diede un nome al luogo dove abitavano una cinquantina di coloni, il presidente Paul Kriiger lo scelse per onorare tre alti funzionari della Repubblica Boera del Transvaal che avevano come nome proprio Johannes, Joubert, Meyer e Rissik. I contadini di ori¬ li Soweto, da sola, raggruppa quasi un milione di Bantu. Collocala nel cuore del Transvaal, che è la provincia più popolata della Repubblica Sudafricana, Johannesburg ha richiamato oltre due terzi della potenza industriale di un Paese che è tra i più ricchi del mondo. E' la più grande città dell'Africa dopo II Cairo ed è nello stesso tempo la più grande città europea di tutto il Continente Nero. Johannesburg è rimasta più inglese che « afrikaneer » e « boera » ed i discendenti dei primitivi coloni la considerano come una risorta Babilonia, « la città del Diavolo » (Duiwelstadt). Tuttavia rappresenta la prosperità, il successo, la ricchezza, l'espan¬ gine olandese che colonizzavano il Paese facevano conto soltanto sull'agricoltura e sull'allevamento. In conseguenza davano giudizi molto severi sugli affaristi e sui minatori richiamati nella zona dalla catena dei monti del Witwatersrand (la catena delle acque bianche) dove erano stati scoperti filoni auriferi ancor oggi sfruttati. Nel 1887, Johannesburg contava tremila abitanti; tredici anni dopo, all'inizio del secolo 250 mila e 651 mila nel 1951; infine un milione e mezzo nel 1970. Oggi è una « megalopoli » nel senso in cui questa parola è impiegata dai moderni geografi, soprattutto se si tiene conto delle sue immense periferie abitate dai negri, delle qua¬ sa che « il tempo non rispetta ciò che viene fatto senza di lui ». Fabra non ha pertanto lesinato gli sforzi per spulciare i testi degli « antichi » della scienza economica, tracciare paragoni, confutare tesi e abbattere nozioni per dimostrare che spesso le interpretazioni, specie marxiste, dissimulavano l'essenziale. Una ricerca così paziente del nocciolo della politica economica ha lo scopo di riabilitarla. Si tratta di una « restituzione » di grande attualità perché da tempo ormai è acquisita la constatazione che non esiste più il bisogno, o se si vuole, il desiderio di consumare che deve essere il motore dello sviluppo. Per continuare sulla via del progresso economico, scopriamo che bisogna ridurre i consumi improduttivi « per liberare un surplus più grande (il prodotto netto) e renderlo disponibile ai compiti immensi che ci attendono: preparare le nuove rivoluzioni tecnologiche, ristrutturare l'economia dei trasporti, aumentare la produzione agricola, equipaggiare i Paesi poveri, creare un modello di vita più attraente ». « L'anticapitalisme » è questo. L'uomo distrugge il capitale, così come sciupa le materie prime e corrompe la natura. E' giusto che rinsavisca. Paul Fabra rivolge coraggiosamente un invito ai responsabili delle politiche economiche senza tuttavia lasciarsi andare ad eccessive illusioni. La sua opera, che parte appunto dai « padri fondatori » dell'economia politica, è un'impresa troppo rara per essere letta superficialmente. Pierre Drouin « La crise » di Sicco Mansholt, Editions Stock. Parigi, 249 pagine. Non siamo più nel 1931, durante la «crisi », ma un terzo di secolo più tardi, e le nostre preoccupazioni di ieri fanno quasi ridere leggendo quest'opera di Sicco Mansholt, ex presidente della Commissione del Mercato comune, pubblicata con il titolo « La crisi ». La sua formula si basa su un colloquio con la signora Janine Delaunay, una formula in gran voga, un po' compiacente, ma che in ogni caso facilita la stesura del testo e la sua lettura. Dopo un riassunto, secondo la tradizione di questo tipo di libri, della vita dell'autore, un personaggio di indubbia attrattiva, si entra nel vivo del soggetto parlando dell'Europa. Ecco subito la prima occasione per criticare la Francia che preferisce gli arabi agli europei (la Francia è qui un bersaglio permanente) ma anche per condannare qualsiasi forma di capitalismo insostenibile. Penetrando di più nel campo economico,

Persone citate: Fabra, Janine Delaunay, Joubert, Meyer, Paul Fabra, Paul Kriiger, Pierre Drouin, Sicco, Soweto

Luoghi citati: Africa, Babilonia, Cairo, Città Del Capo, Europa, Francia, Parigi, Pretoria