INTERVISTA A J. K. GALBRAITH

INTERVISTA A J. K. GALBRAITH INTERVISTA A J. K. GALBRAITH Le formule economiche per la lotta all'inflazione II professor ]. K. Galbraìth è amante del paradosso e si compiace di smentire la formula di Carlyle secondo cui « l'economia è una scienza lugubre ». Attraverso un certo numero di pirottic, si ritrovano delle figure costanti. Una dì queste si ispira al ruolo delle grandi imprese nella società di oggi. Secondo l'esperto americano la loro presenza sulla scena economica è così imponente che la politica degli Stati e la stessa morale ne sono fortemente influenzate. Ricordato questo, Galbraith espone il suo punto di vista in merito alla lotta contro l'inflazione, Karl Marx, le arti « che -dovrebbero rappresentare una parte crescente del reddito nazionale » <e la burocrazia. L'intervista è stata raccolta per Europa da facqueline Grapin, Le Monde. EUROPA — Secondo lei, professore, che cos'è che è più cambiato nel mondo economico e sociale durante gli ultimi dieci anni? GALBRAITH — E' una domanda che mi viene posta raramente. L'ipotesi implicita degli economisti è' sempre stata che la vita economica è come la storia naturale: non cambia. Secondo me cambia più rapidamente di quanto non si immagini e la forza motrice del cambiamento è la grande impresa, sempre più potente e, di conseguenza, sempre più tenuta sotto controllo dal governo. EUROPA —,// cambiamento deriverebbe dunque più dal comportamento delle grandi aziende che da quello dei singoli individui? GALBRAITH — Oh, sì. Io sospetto che vi sia un fondo di verità nel modo di vedere la vita degli economisti, se si tiene conto che il popolo e le aspirazioni non cambiano poi molto. Certamente c'è una grande differenza tra le popolazioni dei Paesi opulenti e quelle dei Paesi poveri e la differenza di grado può diventare una differenza di natura. ' Mi sembra tuttavia certo che gli individui sono più costanti che le imprese nel loro comportamento economico, Le aziende cambiano/'e ' si ingrandiscono. Méntre le' p'iccòle' Imprese* àll%Mo "-d'ér-sé-1 colo non potevano controllare' i loro prèzzi, le grandi industrie controllano largamente i propri. Di conseguenza il negoziato che ne risulta con i sindacati — che sono la risposta naturale alla loro potenza — spiega ampiamente l'inflazione alla quale dobbiamo far. fronte. Altrimenti non si dovrebbe parlare di politica dei redditi, perché questa risulterebbe più o. meno dal gioco del mercato. Oggi essa è frutto,di un negoziato. Ingrandendosi, l'impresa ha così un'influenza diretta sul consumo. Una grande quantità di beni che sono considerati come indispensabili sono prodotti diretti della capacità dei fabbricanti a convincere gli individui. L'integrazione sta crescendo tra le grandi compagnie e lo Stato. L'interesse di uno tende a diventare la politica dell'altro. Così si spinge la produzione militare e lo sviluppo tecnologico. 11 Concorde ne è un buon esempio. E' tutto ciò, il cambiamento... Anche il livello morale della società è influenzato dalle grandi imprese. Non si è mai cercato di sapere, nell'affare Watergate, come è nata la tentazione alla disonestà. 11 denaro destinato a operazioni illegali proveniva in buona parte dalle grnndi industrie americane per vie più o meno contorte. Quando si scopre che il dirigente di un gruppo come la Itt ha versato così ingenti contributi, ci si accorge che la legge — in questa occasione — è veramente cieca. C'è una tolleranza generale per il comportamento illegale ai vertici. EUROPA — Lei non crede che la nostra epoca sia caratterizzata dalla rimessa in causa dell'economia In funzione di intendimenti di natura sociale? GALBRAITH — Quasi certamente. Keynes pensava che, po'co dopo di lui, l'economia sarebbe stata trascurata poiché i problemi economici avrebbero trovato una soluzione. Ciò è ancora lontano dal realizzarsi. I problemi non sono stati risolti, ma hanno assunto, come lei dice, un aspetto molto più sociale. Man mano che il livello di vita aumenta le necessità di consumo dipendono sempre più dalla società, mentre nelle civiltà più arretrate gli individui provvedono da soli alle proprie esigenze. Nelle grandi città, dove le persone vivono ammuc- chiate una sopra all'altra, non, è evidentemente possibile sopperire da soli a bisogni tanto elementari come l'alimentazione, l'abbigliamento, l'alloggio. Uno dei più fantastici errori di calcolo del nostro tempo deriva dal costo reale della metropoli moderna. Mantenere l'ordine, garantire la proprietà dell'acqua e dell'aria, l'educazione dei giovani, eccetera... in metropoli come Nuova York, Londra o Parigi sono compiti di una così vasta portata che o si stringono i tempi, oppure il 'consumo sociale dell'individuo sarà nettamente superiore al suo consumo privato. _ EUROPEA —- Che'cosa ci riserva dunque il' prfàsijl&'aiivetiiré?' GALBRAITH — C'è una vecchia regola tra gli economisti: quando non si sa di che cosa sarà fatto il futuro, occorre supporre che più o meno sarà conforme al passato più recente... EUROPA — E' davvero ciò che è accaduto fino a ora? GALBRAITH — E" una regola abbastanza sicura. Osservi, per esempio, l'inflazione. Io lavoro attualmente a un libro sulla storia della moneta, e sembra che la sua evoluzione sia legata nel passato a cicli d'una durata abbastanza lunga: sette od otto anni. Dopo' un periodo di instabilità monetaria, la gente è disposta a fare sacrifici per avere più sicurezza. E quando, nel corso di un periodo buono, ha raggiunto la stabilità, è incline a rischiare l'inflazione per procurarsi nuovi vantaggi. Si può dunque dedurne, senza timore di sbagliare troppo, che durante il prossimo ciclo la politica economica sarà orientata verso un controllo severo dell'inflazione. EUROPA — Quali sono, presso di voi, i migliori e più immediati mezzi di lotta contro l'inflazione? GALBRAITH — Bisogna innanzitutto occuparsi degli Stati Uniti distinguendoli dagli altri Paesi. Gli Stati Uniti sono così importanti nell'economia mondiale che è molto difficile per altri Paesi mantenere prezzi stabili se essi subiscono una forte inflazione. D'altronde le possibilità americane di controllo sono assai migliori che negli altri Paesi in quanto sono decisamente meno condizionate da fattori esterni. Occorre rendersi conto che gli Stati Uniti sono, per così dire, il primo dei Paesi del Terzo Mondo. I Paesi sviluppati sono considerati consumatori di materie prime, mentre i Paesi del Terzo Mondo sono i fornitori di queste materie. Gli Stati Uniti sono tra i più grandi fornitori di prodotti alimentari, di tessili, di carbone, eccetera... del mondo, anche se non sono autosufticienti per quanto riguarda il petrolio. Durante questi ultimi anni, abbiamo avuto un governo debole, per non dire che non abbiamo avuto un governo, poiché l'equipe di Nixon era più preoccupata della propria sopravvivenza che non della situazione economica. Ci si è così adagiati pericolosamente su uno solo degli strumenti di. controllo dell'inflazione, e cioè la politica monetaria. Che non ha mai funzionato, ma è il tipo di metodo che piace, perché essa può venire orientata da una mezza dozzina di signori comodamente seduti attorno a un tavolo senza incontrare troppe contestazioni. Ciò di cui noi avremmo bisogno negli Stati Uniti, sarebbe una politica anti-inflazionistica diversificata, capace di utilizzare tutti gli strumenti disponibili. Attualmente consisterebbe nel riconoscere, in primo luogo, che la politica monetaria dev'essere allentataJny.. . ragione degli effetti discriminatori che rac- ' chiude, e in seguito nel fare un.più largo uso di strumenti quali, in particolare, la fiscalità. Bisognerebbe aumentare le imposte sui redditi individuali che superano i 15.000 o 20.000 dollari l'anno e innescare una politica dei redditi con i sindacati e le grandi imprese. Sarebbe anche necessaria una migliore strategìa in materia di occupazione che non quella che è in vigore attualmente. Consisterebbe nel mettere in atto meccanismi per. affrontare la disoccupazione non globalmente, ma specificatamente in certe città, in certi settori, eccetera... Allora se le misure generali dì controllo dell'economia provocassero cali nell'occupazione, si potrebbero assumere certi disoccupati affinché lavorino per la municipalità o per la scuola, in modo da non sovraccaricare il « budget » dello Stato con misure d'insieme che rischierebbero di fargli perdere l'equilibrio. Bisogna poter affrontare caso- per caso. EUROPA — Lei si è pronunciato a favore di una politica di lotta contro l'inflazione, anche se dovesse pesare sull'occupazione... GALBRAITH — Io mi sono scontrato, recentemente, con i miei colleghi economisti di sinistra. Loro passano il tempo a combattere la disoccupazione. Tutte le volte che si domanda loro che cosa bisogna fare contro l'inflazione, rispondono che occorre soprattutto badare a combattere contro hr recessione e la disoccupazione che non mancheranno di instaurarsi dopo. Io penso che se è l'inflazione che ci affligge è di quella che bisogna occuparsi. Dopo bisognerà rapidamente frenare la disoccupazione e la recessione. E se io desidero misure specifiche per i disoccupati, è perché non voglio far pagare loro il prezzo della lotta contro l'inflazione. EUROPA — L'affare Watergate ha veramente pesato sulla politica economica americana nel momento in1 cui uomini indipendenti come Arthur Burns se ne sono trovati responsabili? GALBRAITH — I punti di vista di Arthur Burns sulla politica economica erano di poco differenti dai miei. Lui era favorevole a un accrescimento della fiscalità e a una politica dei redditi. Ma la debolezza del governo Nixon l'ha frenato. Si è così trovato nella scomoda posizione di doversi assumere la responsabilità di una politica — quasi esclusivamente monetaria — destinata al fallimento. EUROPA — Lei pensa che i democratici possano avere una politica diversa da quella dei repubblicani? GALBRAITH — Diciamo che le politiche risultano più dalle circostanze che dalle ideologie. Il problema del governo americano, in questi ultimi anni, è stat'o di scegliere tra una politica economica forte e una debole, tra l'intervento e il lasciar fare... In realtà è una scelta che non esiste. Tutto è in funzione dell'alto livello della vita moderna. Se il governo non gioca un ruolo sufficiente, il male, che ne risulta è così grande che è obbligato a cambiare, presto o tardi... Le sole persone che possono continuare a preconizzare il « lasciar fare » sono i professori che insegnano ai giovanissimi e non sono per nulla coerenti. Negli anni che verranno, un'amministrazione, sia repubblicana che democratica, dovrà affrontare il desiderio della popolazione che l'inflazione sia controllata. L'economia sarebbe ben più interessante se lasciasse un più largo spazio Un profilo tagliata con l'accetta, quello che i fotografi hanno ripreso più volentieri come primo piano per fissare un ricordo delle riunioni organizzate dal presidente degli Stati Uniti, Gerald Ford, per tentare di raccapezzarsi nel labirinto dell'inflazione. Dai suoi due metri di altezza, con un fisico alla Giacomelli e l'andatura disinvolta d'un grande figlio di scozzese smarrito nella società dei consumi, il professor (olin Kenneth Galbraith, vecchio ambasciatore in India del presidente John Kennedy, è destinato a non . guardare il mondo come tutti. Spirito paradossale, professore all'università di Harvard per molti decenni, vi dice a un tratto: «Non amo insegnare». Meraviglioso narratore, ha scritto con - la stessa fortuna L'era dell'abbon¬ danza (1955), // nuovo Stato industriale (1967), La pittura indiana (1969) e i ricordi della sua infanzia, comparso sotto il titolo americano di Scoi, e che egli ammette francamente d'avere scritto ora qui, ora là, scribacchiando per distrarsi durante le numerose conferenze alle quali partecipa... e dove si annoia. L'evocare il suo rude villaggio natale canadese chiarisce certe stranezze della sua personalità. D'una impressionante austerità, è maneggiando con virtuosismo idee sorprendentemente semplici che brilla come celebre economista. Ci ha dato qui le sue osservazioni sul tempo che passa e le difficoltà che restano. Ci ha anche detto, a 68 anni, perché ha resistito alla tentazione della politica e scelto la libertà. all'invenzione e all'immaginazione. Ma non è così.. . EUROPA — Fino a dove può spingersi una crisi della liquidità? GALBRAITH — E' una questione importante, perché racchiude una delle conseguenze dell'attuale politica monetaria. Fino a dove può spingersi? Non ne so nulla. 11 grande mistero della politica monetaria è che nessuno — nemmeno gli economisti — conosce i suoi effetti. Le decisioni della banca di Riserva federale, della Banca d'Inghilterra o della Banca di Francia sono prese in gran segreto Ha persone che non sanno quali saranno' F risultati.!'"Se il puoTOco avesse un'idea della pòca conoscenza clie i banchieri' centrali hanno del loro lavoro, proverebbe una grossa' disillusione. In fondo è mèglio che sia mantenuto il segreto... Le ricordo, per esempio, che John Connally diventando segretario di Stato al Tesoro si è trasformato in esperto monetario. . EUROPA — Nel suo ultimo libro lei è decisamente interventista. Ma non ha troppo analizzato come lo Stato si danneggia quando agisce correttamente. GALBRAITH — Non può che agire male. E' inevitabile. Ma poiché noi non abbiamo